martedì 7 maggio 2013 - Riccardo Noury - Amnesty International

Sri Lanka, chi critica il governo è un traditore

Chi mi critica è un traditore. Così la pensa, con gravi conseguenze per i diritti umani, il presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa.

Dopo che nel maggio 2009 una sanguinosa offensiva militare pose fine al decennale conflitto con le Tigri per la liberazione della patria Tamil (Ltte), nell’isola a sud-est dell’India la repressione del dissenso è andata di pari passo col consolidamento del potere politico del presidente Rajapaksa.

Un rapporto pubblicato a fine aprile da Amnesty International fornisce un quadro sconcertante di minacce, aggressioni, arresti, condanne e anche omicididi chiunque – giornalisti, giudici, attivisti per i diritti umani, oppositori politici, sindacalisti – osi criticare pubblicamente il governo. Nello Sri Lanka regna ancora la paura.

La repressione del dopoguerra si è sviluppata in quattro fasi.

Dopo la fine del conflitto la Legge per la prevenzione del terrorismo del 1979 è stata usata estensivamente, con l’ampliamento dei già straordinari e arbitrari poteri d’arresto delle forze di sicurezza.

Nel settembre 2010, l’entrata in vigore del XVIII emendamento costituzionale ha portato sotto il diretto controllo del presidente tutte le istituzioni di governo.

Allo stesso tempo, i mezzi d’informazione controllati dal governo hanno preso a usare regolarmente il termine “traditore”. Ne è derivata un’ondata di attacchi, aggressioni e uccisioni contro i giornalisti.

Quel poco che, da quattro anni a questa parte, è rimasto del giornalismo indipendente rischia di sparire del tutto. La sua duplice colpa è di aver messo in discussione la condotta delle forze armate nella primavera del 2009, quando l’offensiva finale contro le Tigri Tamil causò migliaia di morti tra la popolazione civile, e di ostinarsi ancora a seguire le riunioni degli organismi internazionali nelle quali si stigmatizza l’operato del governo.

Un filo rosso di sangue collega l’omicidio ancora irrisolto di Lasantha Wickramatunge, direttore del Sunday Leader, ucciso nel 2009, al tentato omicidio di un giornalista dello stesso quotidiano, Faraz Shauketaly, colpito alle spalle da uno sconosciuto quest’anno a febbraio.

Non va meglio alla stampa online, tra attacchi informatici e fisici, irruzioni nelle redazioni e misteriosi attentati, blocchi e ritiro delle licenze.

Poi è stata la volta della magistratura. Giudici che avevano emesso sentenze in favore di vittime di violazioni dei diritti umani sono stati apertamente intimiditi. Nel gennaio di quest’anno il governo ha avviato una procedura d’impeachment nei confronti del capo della magistratura, la giudice Shirani Bandaranayake, nonostante il parere contrario della Corte suprema.

A novembre nella capitale Colombo si svolgerà il congresso dei capi di governo del Commonwealth. Lo Sri Lanka assumerà la presidenza dell’organismo per due anni.

Amnesty International ha chiesto che il congresso del Commonwealth non si tenga nello Sri Lanka, a meno che il governo non fermi la repressione in corso e apra indagini su tutte le violazioni dei diritti umani commesse negli ultimi quattro anni.



1 réactions


  • (---.---.---.249) 7 maggio 2013 10:43

    Lei è a dir poco ostinato. Poco fa son dovuto intervenire sulla presunta libertà dei giornalisti. Adesso ne leggo un’altra. Ma lei, dove vive? Riesce a orientarsi senza i paraocchi? Certo, li succede questo. E qui da noi? Qui chi si esprime contro il regime, non viene forse schedato? Certo, qui l’intento ha l’apparenza più ammorbidita. Ma fra non molto anche da noi cambierà la musica. Si convinca di una cosa: tutto il modo è paese. La repressione esiste ovunque! E non si lasci ingannare dalle sue multiformi apparenze, perché esse sono modulate in funzione delle singole contingenze. Perché non prova a fare pulizia in casa sua, prima di ficcarsi in quella degli altri, magari deformandone il contesto?


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