mercoledì 14 gennaio 2015 - Riccardo Noury - Amnesty International

Raymond, sopravvissuto ai campi nazisti, perseguitato oggi in Francia

Il 27 novembre 1940, Raymond Gûreme (nella foto di Ludovic Versace) venne arrestato insieme ai genitori e a sei fratelli e portato nel campo di detenzione di Linas-Mothléry, nella periferia sud di Parigi. Le forze di occupazione naziste avevano dichiarato che tutti gli “zingari” che vivevano in Francia dovevano essere arrestati e trasferiti nei campi di detenzione. Raymond aveva 15 anni.

“In quel posto abbiamo vissuto miseramente, è stato orribile. Nelle baracche c’erano solo letti di legno, non c’era elettricità, non c’erano lampade, coperte o riscaldamento. L’unico cibo disponibile era una brodaglia con dentro alcune verdure” – ricorda.

La storia di Raymond, un sinto manouche, è piena di fughe e peripezie, raccontate in un libro recentemente pubblicato in Italia.

Nel 1941, dopo essere “evaso” da Linas-Mothléry, venne successivamente arrestato e deportato in un campo di lavoro forzato in Germania. Tre anni più tardi, un ferroviere che militava nella Resistenza lo aiutò a fuggire di nuovo nascondendolo su un treno in viaggio da Francoforte a Parigi. Tornato in Francia, Raymond si unì subito alla Resistenza. Ci sarebbero voluti altri sei anni per ricongiungersi coi genitori e i fratelli, che nel frattempo erano riusciti a fuggire in Belgio.

Nel 1968 decise di acquistare un pezzo di terra vicino a dove sorgeva il campo di Linas-Mothléry.

“Ho guardato la collina dove c’era il campo. Quello era il luogo del crimine perpetrato contro la nostra libertà e la nostra umanità. Ho sentito il bisogno di rimanere lì, in una sorta di faccia a faccia silenzioso con il campo” – spiega.

Oltre 74 anni dopo, un 89enne Raymond parla della sua vita con la passione e con l’amarezza di chi non ha mai provato il vero significato della giustizia:

“Le autorità francesi hanno chiuso la persecuzione del nostro popolo nelle segrete della memoria collettiva. Non c’è spazio per il mio dolore”.

Raramente ricorda un momento nella sua vita in cui non abbia dovuto affrontare violenza e discriminazione nel suo paese di nascita.

Il 23 settembre, una quarantina di agenti della polizia francese sono entrati nel terreno in cui Raymond vive con la sua famiglia e altre 150 persone.

“Stavo riposando nella mia roulotte quando ho sentito un rumore. Improvvisamente la porta si è aperta ed è entrato un poliziotto. Ho chiesto se avesse un mandato e ha risposto che mica eravamo in America. Quando ho detto ai poliziotti di uscire, uno di loro ha iniziato a spingermi e a colpirmi con il manganello. Mi ha spinto fuori dalla roulotte e poi mi ha colpito di nuovo”.

Gli agenti di polizia hanno agito con estrema violenza, sparando lacrimogeni ad altezza d’uomo e ferendo lo stesso Raymond.

“In Francia è meglio non mostrare chi siamo, perché c’è molta discriminazione. In passato, prima della guerra, era davvero diverso. Venivamo ben accolti quando arrivavamo con la nostra carovana. La gente era felice perché gli portavamo le notizie visto che non avevano la tv e non leggevano i giornali. Oggi, invece, la gente quando vede una carovana ha paura” – commenta amaramente Raymond.

In Francia ci sono 350.000 manouche. L’esperienza di Raymond è tutt’altro che unica. Ma l’idea che un uomo sopravvissuto al Porrajmos debba affrontare ancora oggi, a quasi 90 anni, la violenza delle istituzioni è davvero difficile da accettare.

 

 



2 réactions


  • (---.---.---.15) 15 gennaio 2015 15:10

    Scusi, ma una parola sulle motivazioni di questa irruzione? Questo signore era solo, oppure ci sono altri conviventi, vero obiettivo degli agenti?

    Non le sembra leggermente esagerato un numero di 40 agenti, in assetto antisommossa, per un vecchietto 90enne, manco fosse Bin Laden redivivo? 
    E contro chi sparavano lacrimogeni? E perchè?
    Altre fonti giornalistiche riportano che gli agenti sono intervenuti per sloggiare un numero imprecisato di persone (c’è chi dice 150) che vivevano dentro il terreno del sig. Raymond Gûreme. A che titolo? 
    Questa storia fa acqua da tutte le parti.
    Sig. Noury, non è la prima volta che leggendo un suo intervento, mi salta agli occhi che Lei riporta le notizie "a modo suo", nascondendo o amplificando, secondo i casi, alcuni "particolari" delle vicende raccontate.
    Non so in che considerazione Lei sia tenuto nell’Organizzazione che Lei rappresenta: per parte mia, penso che spesso con i suoi modo interventi Lei danneggi Amnesty International più di quanto la sostenga.
    Roberto Basile

  • (---.---.---.139) 15 gennaio 2015 21:16

    Penso sia normale, succede pure in Italia.


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