sabato 28 settembre 2013 - Sergio Giacalone

Presidenzialismo.... Ma perché?

È sempre più frequente oggi, in un’Italia sfatta, delusa, prostrata da anni di scandali, di ruberie, di crimine organizzato, di connivenze fra politica e malaffare, sentir parlare di presidenzialismo. Lo si invoca come potesse essere una panacea, la medicina che guarisce tutti i nostri mali. La cosa che più mi fa specie non è tanto l’invocazione di uno solo al comando, idea che può agevolmente sedurre le masse: molti anni fa questa stessa voglia, impetuosamente diffusasi fra gli italiani, venne pure accontentata, se non ricordo male…

Dunque non è tanto la vox populi che mi stupisce, quanto piuttosto la vox parlamentaris che mi fa gridare allo scandalo.

A dire il vero ci sarebbe da gridare allo scandalo comunque, al cospetto di capre e mufloni che si aggirano indisturbati fra gli scranni di Montecitorio; tuttavia ascoltare politici per caso (o per diritto di deretano) riempirsi la bocca di presidenzialismo, magari dopo avere virtualmente sparato in bocca all’attuale Presidente, entrato in azione al di là delle ridicole mansioni offertegli dalla Costituzione repubblicana, mi fa andare letteralmente in bestia. Il problema non è tanto o solo l’ignoranza, quanto l’incapacità. Incapacità a guardarsi intorno e riflettere su di noi, il popolo italiano.

Che, se lo facessero, si renderebbero conto che presidenzialismo significa attribuzione di un potere smisurato ad un solo uomo, garantito solo dalla supervisione di un’assemblea (che in genere da noi meriterebbe di essere a sua volta supervisionata dai Carabinieri) e dalla brevità di un mandato comunque rinnovabile.

Ora, noi italiani non siamo notoriamente abili ad eleggere nemmeno il miglior capo condomino; vuoi che troviamo improvvisamente la lucidità, la maturità è il senso civico utili ad eleggere un capo dello Stato che sia anche capo del potere esecutivo e che potenzialmente accumuli nelle proprie mani un potere immenso? Può un paese capace di perdersi per mesi dietro la vicende di un qualunque Berlusconi, avere la capacità di farsi improvvisamente saggio al punto da sapersi affidare ad un uomo solo? Quali garanzie di tradizione, di coscienza politica compiuta e di dedizione al bene collettivo possono avanzare i politici di questo nostro disgraziato Paese per essere giudicati pronti ad una prova tanto ardua ed insidiosa?

Nessuna, è un dato di fatto.

Il problema è che questa voglia di presidenzialismo tradisce decenni di censure e distorsioni o negazioni di verità sacrosante; esprime il senso di una cultura costretta a seguire percorsi obbligati, di una politica gestita dall’alto e da fuori confine; di un paese che si crede democratico, ma che certamente non è libero. Perché se così non fosse non guarderemmo ad esperienze politico-istituzionali lontane da noi più di Urano e Plutone. Ci basterebbe voltarci indietro ed osservare, senza le remore e i pregiudizi che ci hanno resi schiavi, come e perché è nato il nostro paese; basterebbe una serena riflessione su quale forma di stato fu scelta affinché il coacervo genetico di culture, di lingue, di propensioni e attitudini racchiuso fra le Alpi e il Mediterraneo e definito Nazione Italica, potesse assurgere alla dignità di Stato.

Se nel 1861 l’Italia nasce Monarchica un motivo ci sarà.... E nasce Monarchia costituzionale perché è quella la forma ideale di Stato capace di conciliare Popolo e Politica, fra i quali il Re si pone come reciproco tramite e massimo garante. Purtroppo nel sentire comune (italiano e indotto, va specificato!) invocare un Re vuol dire vivere fuori dal mondo, nutrirsi di ridicole nostalgie, esaltare il comando di gente irresponsabile e traditrice; per molti (ancora!) Re è sinonimo di dittatura. Ci sarebbe da ululare di piacere il giorno in cui uno dei tanti nostri intellettuali trovasse il coraggio di ri-spiegare alla nostra Nazione che Monarchia, nel suo senso più squisitamente letterale, non vuol dire comando di un solo uomo da posizione privilegiata e discriminante: vuol dire Unico Principio, vuol dire potere super partes che, in forza dell’ereditarietà del titolo, può infondere legittimità a tutti gli altri poteri dello stato, ciascuno con la consapevolezza di dover rispondere esclusivamente a quel principio superiore legittimante, capace di garantire la libertà di azione al pari dell’autonomia e dell’indipendenza della funzione; capace dunque di evitare le commistioni, le intromissioni e i conflitti fra i poteri dello stato che sono il pane quotidiano di questa insulsa repubblica e che fanno dell’Italia come già ai tempi di Dante, nave senza nocchiero, in balia di ogni corrente.

Mi corre un obbligo di citazione, richiamando umilmente alla memoria un uomo immenso: ho fatto un sogno. Ho sognato che i giovani imparassero la storia senza censure. Ho sognato che la cultura dominante recuperasse il ruolo che la monarchia italiana ha avuto nel dare in questo paese voce agli operai e agli ultimi, nel farne un paese laico e aperto a tutte le confessioni religiose. Vorrei che gli eredi della Sinistra Italiana, che fu e non è più, mostrassero riconoscenza a chi ha dato dignità politica alle loro istanze e si chiedessero perché uno dei più grandi leader comunisti riferendosi all’ultimo Re d’Italia non smise mai di chiamarlo Sua Maestà, anche in epoca di conclamata (e mal digerita) Repubblica. Perché l’essenza della monarchia non si concentra in quei maledetti vent’anni che, mentre ne prosciugavano la linfa, ne decretarono la fine. Troppe bugie si raccontano, troppe cose sono state nascoste, troppa ipocrisia ha imbiancato sepolcri su cui hanno vegliato prefiche democristiane sorrette da generali del Pentagono.

Io sogno che tutto questo finisca e che invece di vaneggiare di assurdi presidenzialismi ci si concentri tutti, da destra a sinistra, a lottare per il recupero delle nostre radici storiche e si possano così riannodare, per il bene di noi tutti, i lembi di quel nastro azzurro su cui corre la nostra storia, reciso da mano in malafede il 2 giugno del 1946.

Foto: wikimedia



1 réactions


  • (---.---.---.134) 20 dicembre 2013 16:38

    Assolutamente contrario ad una svolta presidenzialista. Casomai si dovranno rivedere alcuni meccanismi che regolano il funzionamento di QUESTA repubblica parlamentare. Si potrebbe creare la figura di un Primo Ministro che scelga e nomini direttamente i suoi collaboratori (ministri,sottosegretari) e magari sollevarli dall’incarico per gravi motivi (negligenza,reati, condanne definitive, incapacità...) su richiesta del parlamento.
    Ridurre anche gli anni di Presidenza della Repubblica da 7 a 5 o anche a 4, abolire la facoltà di concedere Grazie e abolire il comando per il PdR delle forze armate.

    Come si vede ci sono modifiche da effettuare pur restando un Repubblica parlamentare, una sola cosa non condivido, il fatto di trasformare l’ordinamento istituzionale in una monarchia che è l’esatto contrario della meritocrazia in quanto, in quest’ultimo ordinamento, il capo dello stato non è eletto per bravura o meriti, ma si succede automaticamente senza che il figlio del re abbia maturato esperienze e meriti indiscussi, insomma una baronia al vertice dello stato.

    L’Italia nacque Monarchica perchè i savoia avevano finanziato e guidato il processo risorgimentale che portò al coronamento di un vecchio sogno sabaudo: la conquista del regno delle Due Sicilie e tra l’altro c’è da ricordare come V.E.II non cambiò il suo nome e il numerale dato che nessun monarca in Italia aveva mai portato un nome uguale. V.E.II rimase col suo nome di re di sardegna mentre sarebbe stato opportuno modificarlo in "Eugenio" o "Tommaso" al momento della sua ascesa a re d’Italia e anche lo Statuto rimase tale e quale dimostrando che più di una unificazione si trattò di una vera e propria piemontesizzazione.

    I savoia non sono stati una grande dinastia, una carta costituzionale all’avanguardia era quella della Repubblica Romana del 1849 promulgata da Saffi e Mazzini, democratica e repubblicana, lo Statuto divenne carta straccia dopo le leggi fascistissime di Mussolini e il re "sciaboletta" ridotto (!) a semplice firma-leggi tra cui le leggi ebraiche del 1938. Vade retro, savoia!


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