martedì 11 maggio 2021 - clemente sparaco

La vera storia di Biancaneve e del bacio del principe

C’è stato un bel discutere sul caso del principe che ha baciato la “bellissima” Biancaneve addormentata nell’urna di cristallo. Molti si sono precipitati a commentare in modo improprio e alcuni hanno prospettato un reato di molestia, se non di violenza sessuale.

I difensori retrogradi della tradizione invece hanno inorridito e si sono sdegnati, ma non sono entrati nel merito della questione. Per farlo, infatti, occorre innanzitutto sapere chi erano veramente i protagonisti, penetrando la coltre di mistificazione che la favola vi ha steso su.

Innanzitutto, partiamo dalla protagonista: Biancaneve.

Beh, non era per niente bianca come la neve, quanto piuttosto il suo colorito pallido era dovuto ad una dieta squilibrata per via di una (dobbiamo usare un termine difficile) parassitosi delirante, nota anche come sindrome di Ekbom, un disturbo per cui la più non tanto piccola Biancaneve (aveva ormai superato i 37) credeva di essere infestata da parassiti o insetti.

La sindrome si era acuita con il Covid e ormai rifiutava non solo i cibi non testati e certificati medicalmente, ma anche qualsiasi contatto. Per questo si era rifugiata nel bosco. E non era neanche vera la storia della matrigna che avrebbe incaricato il cacciatore di ucciderla e di portarle il fegato e i polmoni. La matrigna era molto avanti negli anni e il cacciatore era abbondantemente pensionato. Fegato e polmoni avevano piuttosto a che fare con le continue analisi cui si sottoponeva a causa della sua sindrome, per cui, semmai, la povera vecchia le avrà semplicemente chiesto di visionare quelle analisi. E poi la matrigna aveva un unico vezzo: leggere la sua rivista glamour lo “Specchio magico”.

Spero che non vi scandalizzerete a scoprire che amava il gossip!

E poi non è vera neanche la storia dei sette nani, che semmai avevano il difetto di non rispondere ai desiderata di Biancaneve in fatto di statura. Li aveva perciò rifiutati tutti giudicandoli non all’altezza.

Quanto, infine, all’urna di cristallo essa era venuta nella fase acuta della sua malattia mentale, quando dopo aver appena addentato un pezzo di mela, sapendo che proveniva dal mercato, anziché da una confezione cellofanata, aveva dato in escandescenze chiamando strega la povera vecchia matrigna e sollevando un putiferio per cui tutt’e sette i suoi pretendenti si erano precipitati da lei chiedendo un permesso orario al lavoro. 

Infine, il suo stato di morte apparente, aveva coinciso con la fase depressiva della crisi. 

Passiamo poi a parlare dell’altro protagonista etero: il “principe”.

Questi non era per nulla un giovanotto, come viene immaginato nella favola. Era piuttosto un quarantenne timido che aveva passato lunghi anni fra gli studi e aveva dalla sua anche un master in comunicazione. Ma ciò non era servito a scuoterlo dalla sua riservatezza e a vincere il suo impaccio con l’altro sesso.

Lo giudicavano tutti un po’ imbranato, perché se ne stava là a guardare Biancaneve come se fosse in una bara di cristallo. Non aveva servitore né castello e non era neanche principe (lo chiamavano così per quella sua aria da principino). Quanto poi ai suoi servitori, essi erano i suoi amici, che un po’ lo spronavano e un po’ lo deridevano. Il castello era, poi, la casa in cui viveva ritirato per la sua introversione. E arrivando al bacio non era stato stato nemmeno un bacio, quanto piuttosto un tentativo maldestro di avvicinarsi a Biancaneve oltre il limite del metro di distanza prescritto per il Covid, cui lei aveva reagito in modo scomposto vomitando un pezzettino di mela e risvegliandosi subitamente dal suo stato isterico di torpore.

Figuratevi allora se Biancaneve avrebbe mai gradito il bacio di quell’imbranato che le si era avvicinato senza mascherina! Se ci fosse stato veramente, la favola avrebbe avuto certamente una fine diversa con tanto di carte bollate e di contenzioso portato in tribunale.

Foto di Aline Dassel da Pixabay 



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