venerdì 4 luglio - Osservatorio Repressione

La giustizia minorile è in crisi. Abolire il decreto Caivano

La giustizia minorile italiana sta vivendo una fase di regressione drammatica. Un sistema un tempo all’avanguardia in Europa sta oggi rinnegando i suoi stessi principi fondativi, virando verso una logica esclusivamente punitiva e abbandonando il suo approccio educativo.

L’Associazione Antigone, Defence for Children Italia e Libera, hanno lanciato un appello urgente per fermare la deriva repressiva e riaffermare il ruolo della giustizia minorile come spazio di accompagnamento, reinserimento e tutela.

La richiesta delle associazioni è chiara: quello strumento deve tornare ad essere uno spazio di accompagnamento, reinserimento e tutela dei giovani. A parlare dell’urgenza di un cambio di rotta immediato sono le cifre: dal 2022 ad oggi, il numero di ragazzi detenuti negli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) è cresciuto del 55%, passando da 392 a 611 presenze.

Non sono tuttavia i reati ad essere aumentati: le segnalazioni a carico di minorenni, nel 2023, sono addirittura diminuite del 4,15%. A cambiare, semmai, è stata la risposta dello Stato, che si è fatta appunto più dura, punitiva e meno capace di ascolto. L’impennata di presenze si spiega infatti anche con l’entrata in vigore, a settembre 2023, del Decreto Caivano, che ha esteso l’uso della custodia cautelare per i minori riducendo drasticamente la possibilità di accedere a misure alternative al carcere. E che ha avuto pure un altro effetto: facilitare il trasferimento anticipato dei giovani nelle carceri per adulti. Senza contare le condizioni degli Ipm, più critiche che mai: oggi 9 su 17 soffrono di sovraffollamento.

Basti pensare al caso dell’Ipm di Treviso – dove si sfiora il doppio delle presenze rispetto ai posti disponibili – o a quelli di Milano e di Cagliari, il cui tasso di affollamento tocca il 150%. E sovraffollamento per i ragazzi significa dormire su materassi gettati a terra, non poter partecipare a percorsi educativi, restare in cella per ore a fare nulla. E le “toppe” pensate per ovviare al problema sono spesso peggio del buco: è il caso del carcere bolognese per adulti della Dozza, dove una sezione è stata trasformata in Ipm con buona pace del principio internazionalmente riconosciuto della netta distinzione – che sempre deve esserci – tra la risposta penale destinata agli adulti e quella destinata ai ragazzi.

Da qui, le varie richieste dei promotori: tra le altre, l’abolizione del Decreto Caivano, l’assunzione di educatori formati sui diritti dell’infanzia, la chiusura della sezione minorile del carcere della Dozza, la creazione di sezioni a custodia attenuata, fino alla presenza costante in Ipm di competenze e risorse per la mediazione culturale. E ancora: il divieto assoluto di isolamento penitenziario per i minorenni, percorsi educativi individualizzati, il potenziamento della formazione professionale (spinto anche dalle Regioni), l’applicazione piena della sentenza della Consulta sull’affettività in carcere e, in ultimo, un monitoraggio indipendente costante di tutti i luoghi di detenzione minorile.

“Le carceri minorili si stanno trasformando in luoghi di abbandono – scrivono i promotori dell’appello – la risposta dello Stato è la punizione, la repressione, l’isolamento, ma così si viola la Costituzione, si tradiscono gli impegni internazionali e si spezzano vite in crescita”. E concludono: “È tempo di tornare a una giustizia che accompagna, non che punisce, una giustizia che crede nei ragazzi, nelle loro possibilità, nel loro futuro”.

Foto Wikimedia



1 réactions


  • Attilio Runello (---.---.---.17) 4 luglio 09:28

    La situazione delle carceri italiane è infelice dalla nascita della Repubblica. Prima era anche peggio. A favore dei detenuti ci sono le innumerevoli possibilità di fronte a buona condotta, che viene posta sempre sotto esame, di consistenti riduzioni di pena, di permessi premio, di poter lavorare in strutture esterne e rientrare la sera. Per il resto c’è il sovraffollamento, poche carceri offrono la possibilità di imparare un mestiere e gli spazi a disposizione sono pochi. Si può solo migliorare. Nessuno però ha mai detto che il carcere è un premio. Le persone oneste, non violente di qualsiasi eta hanno il diritto di poter vivere serenamente la propria vita. Il decreto Caivano nasce dallo stupro di gruppo nei confronti di due bambine di dodici anni


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