mercoledì 10 ottobre 2012 - Riccardo Noury - Amnesty International

La giornata contro la pena di morte: il boia fa gli straordinari in 21 paesi

Oggi in tutto il mondo, organizzata dalla Coalizione omonima, si celebra la decima Giornata mondiale contro la pena di morte.

Non è, quello in corso, un anno che abbia destato grande ottimismo nei movimenti che si battono per l’abolizione della pena di morte.

In Gambia, dopo 27 anni, sono riprese le esecuzioni. Lo stesso in Giappone, dopo che tutto il 2011 era trascorso senza impiccagioni. Idem in Botswana.

Dalla Cina continuano a non pervenire dati ufficiali, anche se tutto lascia presumere che anche quest’anno il totale delle esecuzioni sarà a quattro cifre. Un clima di segretezza persino più impenetrabile circonda l’uso della pena di morte in Corea del Nord. A tre cifre è il totale dell’Iran (intorno alle 300) e dell’Iraq, dove è stato raggiunto il record di 119 esecuzioni. In Arabia Saudita sono già 65, negli Stati Uniti d’America 30.

Esecuzioni sono avvenute anche in altri paesi, tra cui BielorussiaSud Sudan,Yemen e nella Striscia di Gaza. I sistemi di “giustizia” dei gruppi armati hanno a loro volta sparso sangue in Afghanistan, Mali e Somalia.

Questi dati sconfortanti non devono però far dimenticare che, mezzo secolo fa, il numero dei paesi abolizionisti era grosso modo uguale a quello dei paesi che usano oggi la pena capitale, cioè 21. Meno della metà di quelli che, sulla carta, prevedono ancora la pena di morte, cioè 58. Un progresso che è stato possibile mettendo la pena di morte fuori dalla coscienza, dal novero delle punizioni immaginabili, ancora prima che dalle leggi.

Ciò, a differenza di quanto a volte ingiustamente rimproverano i lettori del nostro blog alle organizzazioni che si battono contro la pena di morte, non significa solidarizzare con chi compie crimini, anche efferati, e dimenticare il dolore dei sopravvissuti al crimine o dei familiari delle vittime. Significa piuttosto condividere un principio etico e giuridico per cui la pena per omicidio non può essere identica al crimine da punire, accettato ormai da oltre il 70 per cento dei paesi del mondo; significa, anche, lottare contro quei sistemi di giustizia arbitrari che mettono a morte innocenti, adultere, “stregoni”, omosessuali, oppositori politici e appartenenti a minoranze etniche e religiose.

C’è comunque bisogno di un rilancio della campagna abolizionista. L’occasione è prossima: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove verrà presentata una nuova risoluzione in favore di una moratoria sulle esecuzioni. Le tre precedenti risoluzioni (2007, 2008 e 2010) sono state approvate con maggioranze robuste, ma quest’anno si proverà a far salire ulteriormente il numero dei favorevoli.

Come sempre, ogni iniziativa di Amnesty International sulla pena di morte prevede azioni per salvare la vita di persone a rischio di esecuzione. Quelle della Giornata mondiale di quest’anno sono due.

Il primo caso è quello di Chiou Ho-shun, il prigioniero detenuto da più tempo in quello che è il più lungo procedimento giudiziario della storia di Taiwan. Condannato a morte per omicidio nel 1989, è in carcere da 23 anni. Il suo caso, riesaminato per 11 volte, è stato definito dai suoi avvocati “una macchia nella storia penale del paese”.

Chiou Ho-shun continua a sostenere di aver reso una falsa confessione sotto tortura. L’Alta corte di Taiwan ha riconosciuto che il detenuto ha subito violenza ma si è limitata a non considerare come prova la registrazione audio delle confessioni in cui si potevano distintamente udire le urla del prigioniero. Dopo continui rimpalli tra l’Alta corte e la Corte suprema, Chiou Ho-shun ha perso l’ultimo appello presso la Corte suprema nel luglio 2011 e potrebbe essere messo a morte in qualsiasi momento. L’appello per salvargli la vita è qui.

L’altro caso riguarda Reginald Clemons, un afroamericano del Missouri (Usa). Nel 1991 è stato condannato a morte per l’omicidio di due ragazze, Julie e Robin Kerry, decedute dopo essere state spinte da un ponte del fiume Mississippi. Per lo stesso reato sono stati condannati a morte altri due uomini e una delle due condanne è stata eseguita nel 2005. Clemons si è sempre dichiarato innocente. La sua storia e l’appello per la commutazione della condanna sono qui.

Chi volesse prendere parte alle numerose iniziative organizzate dalle attiviste e dagli attivisti di Amnesty International Italia in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, potrà trovare qui l’elenco città per città.



2 réactions


  • (---.---.---.96) 10 ottobre 2012 15:48


    Mica male se fossero impiccati tanti delinquenti politici e criminali economici!
    Renzo Riva
    Buja - UD


  • (---.---.---.144) 10 ottobre 2012 18:22

    Quanta ipocrisia sulla pena di morte. Sopportiamo le migliaia di morti creati dalla corruzione, dalla distruzione del welfare , dall’ inquinamento, dalla violenza degli stati e delle loro polizie, pero’ ci indignamo per le condanne a morte.


Lasciare un commento