giovedì 15 marzo 2012 - Riccardo Noury - Amnesty International

In Siria si tortura come 40 anni fa

A “Karim”, 18 anni, uno studente di al-Taybeh nella provincia di Dera’a gli hanno strappato via la pelle con le tenaglie durante gli interrogatori: dicembre 2011, sede dei servizi segreti dell’Aeronautica di Dera’a.

“Khalid” lo hanno sodomizzato in piedi, contro il muro: luglio 2011, sede dei servizi segreti militari di Kafr Sousseh, a Damasco.

“Emad” è stato fatto inginocchiare, lo hanno legato mani e piedi e imbavagliato. Poi hanno portato dentro suo padre e lo hanno torturato coi bastoni e la corrente elettrica di fronte al figlio per tre quarti d’ora: luglio 2011, sede dei servizi segreti militari di Kafr Sousseh, Damasco. A febbraio, quando è stata scattata la foto in alto, erano ancora visibili i segni sui polsi.

In Siria si tortura come non si vedeva da anni e per la quantità di casi e le modalità pare essere tornati nel periodo nero degli anni Settanta e Ottanta.

Nel corso di una missione svolta in Giordania un mese fa, Amnesty International ha intervistato decine di siriani scappati dalla violenza, tra cui 25 persone che hanno denunciato di essere state sottoposte a torture e maltrattamenti.

Il rapporto diffuso oggi dall’organizzazione per i diritti umani comprende 19 di queste testimonianze. Oltre la metà dei casi riguarda la provincia di Dera’a, dove vennero uccisi i primi manifestanti nel marzo 2011. Gli altri casi sono relativi alle provincie di Damasco, Rif Dimashq, Hama, Homs, Latakia, al-Suwayda e Tartus.

I metodi di tortura descritti arrivano a 31. In un rapporto sulla Siria del 1987, ne venivano elencati 38.

Nel dulab (“pneumatico”) il detenuto è infilato dentro a uno pneumatico da camion, spesso sospeso da terra, e viene picchiato, anche con cavi e bastoni.

Nell’al-kursi al-almani (“sedia tedesca”), il detenuto viene bloccato su una sedia di metallo, braccia e gambe legate, e lo schienale viene abbassato fino a spezzare la spina dorsale.

Nel bisat al rih (“tappeto volante”), il detenuto viene fatto sdraiare su un tavolo di legno pieghevole, i cui due lati vengono simultaneamente tirati su, fino a quando testa e piedi non si toccano.

Nello shabeh (“impiccato”), il detenuto è appeso a un gancio o ad altro attrezzo in modo che i piedi fluttuino nel vuoto o le loro dita tocchino a malapena il pavimento; spesso, in questa posizione, viene picchiato.

È passato un anno dall’inizio delle proteste popolari in Siria. Il numero dei morti in carcere a seguito della tortura è salito ad almeno 276. In passato, la media era di cinque casi all’anno.

Chi ha studiato e analizzato l’uso e i metodi di tortura di 30-40 anni fa, sotto la presidenza di Hafez al-Assad, rimaneva impressionato non solo dalla brutalità ma dall’estrema meticolosità e precisione delle procedure da seguire.

Decenni dopo, sotto la presidenza di Bashar al-Assad, le torture continuano a seguire quello che oggi chiameremmo un “formato”.

Molte vittime hanno dichiarato di essere state picchiate al momento dell’arresto. Il pestaggio è proseguito con l’haflet al-istiqbal (“festa di benvenuto”), all’arrivo nel centro di detenzione, con pugni e percosse con bastoni, calci dei fucili, fruste e cavi di corda intrecciata. I nuovi arrivati vengono solitamente lasciati in mutande e talvolta tenuti all’aperto anche per 24 ore.

Il momento di maggior pericolo è tuttavia quello dell’interrogatorio. È qui che il sistema della tortura, elaborato per denigrare, umiliare e terrorizzare il “nemico”, rivela la sua potenza infernale e mortale.

Alle classiche bastonate sulle piante dei piedi (il metodo della falaqa, diffuso in tutto il Medio Oriente) e alle altre tecniche dai nomi creativi descritte sopra, si aggiunge la corrente elettrica Vittime di tortura hanno descritto ad Amnesty International tre metodi: la vittima o il pavimento della cella vengono bagnati d’acqua e poi viene sprigionata l’elettricità; la “sedia elettrica”, con gli elettrodi applicati alle parti del corpo e l’uso di pungoli elettrici.

Quando il detenuto viene trascinato di fronte a un poster del presidente Bashar al-Assad e costretto a inginocchiarsi in segno di deferenza e preghiera, non sa che secondo il “formato” la sessione di tortura è giunta al termine.

Per Amnesty International, le testimonianze dei sopravvissuti alla tortura costituiscono un’ulteriore prova dei crimini contro l’umanità commessi in Siria.

Non sostengo un intervento armato in Siria. Secondo voi, c’è un modo per porre fine a queste violazioni dei diritti umani senza provocarne altre?

Una possibilità passa per Mosca: da qui un appello di Amnesty International affinché la Russia collabori a porre fine allo spargimento di sangue in Siria.



2 réactions


  • (---.---.---.24) 15 marzo 2012 11:25

    per smettere il bagno di sangue in siria basta che francia, gb, usa, e resto della nato smettano le loro ingerenze e azioni belliche.
    come i 18 francesi catturati a bab amro: erano militari e servizi segreti.

    amnesty......
    e che dice amnesty dell’arabia saudita?
    o del baharein?

    e voi giornalisti tendenziosi che spolpate l’osso di turno.

    oggi tocca a siria e iran, e chi sará l’uomo nero domani?
    di nuovo la russia?

    e poi che ipocrisia, parlare di torture, gli atlantisti la stanno facendo fuori dal vasetto e voi trovate le giustificazioni.

    provate a leggere "un paese pericoloso , storia non romanzata degli stati uniti d’america".
    basta digitarlo nei motori di ricerca e lo potrete scaricare gratis in pdf.


  • pint74 pint74 (---.---.---.178) 15 marzo 2012 18:36

    Nella nuova "democratica "Libia ora si fà anche peggio rispetto al precendete regime...
    Anche nel nuovo "democratico" Iraq e in Afghanistan,solo che i media tendono a non dare risalto alla cosa...
    Magari non vogliono insinuare il dubbio che queste missioni di "pace" non sono poi una gran cosa per la popolazione,anzi...
    Siamo riusciti a distruggere 3 Stati ed a riportarli indietro di un secolo distruggendone le infrastrutture primarie ed il tessuto sociale ed ancora si crede alle notizie che filtrano dalla Siria?
    Dopo il terrorismo,le inesistenti armi di distruzione di massa irachene le prove discutibili dei massacri del colonnello libico ora è il turno della Siria e poi lo sarà dell’Iran...
    Chissà quali mirabolanti storie di fantasia verranno inventate per giustificare l’invasione...


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