lunedì 11 novembre 2013 - clemente sparaco

Terra di lavoro e terra di morte. A proposito dei rifiuti tossici in Campania

È del 31 ottobre la notizia che sono state desecretate le dichiarazioni del pentito di camorra Schiavone rese il 7 ottobre 1997 alla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Secondo tali dichiarazioni, un vero e proprio business ha coinvolto diverse organizzazioni criminali - come mafia, 'ndrangheta e Sacra Corona Unita - nel traffico di rifiuti provenienti dal Nord Italia e dall'Estero e ha interessato quasi tutto il Sud Italia. In particolare lungo il litorale Domizio sono stati interrati, 20, 30, 40 metri sotto, non solo rifiuti tossici, ma anche scorie radioattive.

Entro venti anni – ebbe a dichiarare allora Schiavone - gli abitanti di numerosi comuni del Casertano rischiano di morire tutti di cancro”. E questa appare oggi un’agghiacciante predizione, perché negli ultimi 15 anni si sta configurando un vero e proprio genocidio della popolazione del casertano e del napoletano. Uomini e donne, vecchi e bambini sono morti di cancro fra indicibili sofferenze lasciando ferite non riemarginabili nelle persone che li hanno conosciuti ed amati. Una rete purulenta di intrecci fra politica, imprenditoria e criminalità organizzata ha coperto tutto. D’altro canto, sulle dichiarazioni del pentito è stato messo il segreto da parte dei vertici dello Stato in un modo che appare per lo meno discutibile.

Già nel 2009 indagini epidemiologiche dell’Istituto Superiore di Sanità, che attingevano a ricerche eseguite dall’ospedale Monaldi e dall’Enea, avevano rivelato che l’incremento di tumori nella popolazione del Casertano era riconducibile a fenomeni di smaltimento illecito di rifiuti. Inoltre, lo studio dell’Oms, istituto superiore di sanità e Cnr di Pisa, eseguito fra Napoli e Caserta, aveva riscontrato nelle popolazioni a ridosso delle discariche abusive gestite dalla camorra eccessi di mortalità per tumori al polmone, fegato e stomaco e il rischio per alcune malformazioni alla nascita superiore dell’80% rispetto alla media regionale.

Nel 2012 poi uno studio realizzato dall’Istituto Pascale ha evidenziato che dal 1998 al 2008 i casi di morte per malattie oncologiche sono aumentati nel napoletano fino al 47% e nel casertano di oltre il 30% (fonti dati ISTAT). Dall’analisi emerge, in particolare, che negli anni 1988-1990 il tasso di mortalità in Italia per tutti i tumori nei maschi era di 316.1, nelle donne 210.9. In quel periodo si attestava a Napoli e provincia a 235.1 e 136.2; per Caserta e provincia 225.7 e 116.7. Nel 2003-2008 il dato si era ribaltato. Il tasso in Italia era di 328 per gli uomini, 231.5 per le donne, mentre in provincia di Napoli raggiungeva 345.9 negli uomini e 191.1 nelle donne, a Caserta e provincia 289.8 e 154.9 rispettivamente. L’aumento riscontrato è drammatico per alcune forme di tumori (tumori di fegato, laringe, trachea-bronchi e polmone, prostata, vescica negli uomini, solo del fegato, della laringe e della vescica nelle donne). 

Il cancro che ammala le persone viene dalla terra. È il cancro di una terra violata, saccheggiata negli anni '60 e '70 dai costruttori e dagli appaltatori e poi stuprata da chi dalla fine degli anni '80, o forse anche da prima, vi ha intombato rifiuti velenosi, in modo da inquinarne le viscere (la falda acquifera). Ma il cancro della terra è più in profondità cancro delle coscienze, in cui la ricerca di un finto benessere ha fatto perdere di vista l’essenziale.

I rifiuti evidenziano, allora, un più profondo e radicato disordine. Esso è quello di una società in cui non solo le contraddizioni esplodono, ma anche i rapporti umani si incrinano. Non c’è solo, infatti, una gestione viziosa della cosa pubblica, in quanto si mira, e si è mirato, a perseguire il vantaggio proprio o del proprio gruppo, a scapito di quello della collettività. Non c’è solo una mentalità che eleva la furbizia a virtù, in luogo dell’intelligenza, e che porta a perseguire un tornaconto facile e immediato, in deroga ad ogni rispetto e scrupolo. C’è più in profondità un individualismo irretito nel proprio cupo egoismo. E tanti individualismi non fanno un popolo.

La nostra è, quindi, una società sfrangiata, dove non c’è più ombra di bene comune. Manca il senso della condivisione, manca la solidarietà. Siamo condannati dalla mancanza di prospettive, vinti dal nichilismo dei nostri beni andate a male, delle nostre speranze accumulate come rifiuti nella terra oltraggiata.

E il cancro delle coscienze non è solo quello dei figli di questa terra che hanno tradito la propria terra e la propria gente né è solo di chi ha alimentato questo traffico di morte dall’alto del suo perbenismo né è solo dei politici che avevano responsabilità e hanno fatto finta di non vedere, di non capire e di non sapere. Esso è anche il nostro, qualora non riuscissimo, almeno adesso, a vincere l'indifferenza e a superare la solitudine in cui ci ha ricacciato il nostro personale egoismo. 

 

Foto: Marco Casino/Flickr



2 réactions


  • (---.---.---.94) 22 novembre 2013 01:54

    Clemente, riesci a metterti in contatto con me (ivan Pozzoni: [email protected])


  • (---.---.---.225) 18 gennaio 2014 13:15

    La terra di lavoro era il fiore all’occhiello dell’agricultura mondiale! Subtil dopo l’Italia Unita questo luogo fu distrutto e la sua memoria fu cancellata. Per il nuovo governo Italiano, Napoli e la Campania dovevano diventare il mondezzaio d’Europa. 


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