venerdì 4 gennaio 2019 - Marco Barone

Egitto: perché l’Italia deve interrompere i rapporti

I numeri più o meno li sappiamo tutti, tutti quelli che da qualche anno si interessano dei rapporti tra Italia ed Egitto. Perchè da quando il nostro Giulio è stato ammazzato dal sistema di potere che sorregge l'Egitto, su quel Paese i fari dei media sono stati accesi da tre anni oramai, con fasi alterne, ora ben puntati, ora timidamente puntati, ma pur sempre lì puntati.

Non ci sono state inchieste giornalistiche degne di tal nome in quel Paese, nessuno si è scomodato più di tanto, ha osato più di tanto, chiedere, indagare, dalla parte occidentale. E' difficile muoversi in quel Paese, la paura di non ritornare c'è, è comprensibile, Egitto che ha creato l'equilibrio per mantenere il proprio status di potere semplicemente considerando tutto ciò che può minarne le fondamenta come terrorista. Terrorista è l'opposizione, terroristi sono i difensori dei diritti umani, terroristi sono coloro che fanno troppe domande. E chi subisce queste accuse non fa una bella fine.Sparisce, viene interrogato nei modi ben noti, rinchiuso in galera per settimane senza aver formalizzata alcuna accusa, oppure ammazzato. Questo è l'Egitto che è nato dopo il 30 giugno del 2013. Come le cose fossero prima ci interessa relativamente. Quello che ci interessa è come le cose oggi sono. 

Le proteste del 30 giugno furono inizialmente popolari, il popolo voleva più democrazia, più diritti, più libertà. Pane, libertà e giustizia sociale, questi erano i principi guida delle rivolte del 30 giugno. Solo che poi l'esercito, quell'esercito egiziano, il più potente, oggi, d'Africa, tra i più potenti del mondo, ha cavalcato le proteste, ha fatto un colpo di stato, che porterà al potere, mettendo al bando i fratelli Musulmani e chi per loro, Al Sisi, ex comandante in capo delle Forze armate e ministro della Difesa dal Presidente Mohamed Morsi.
Da quel momento, con la scusante della lotta al terrorismo, l'Egitto è precipitato in uno stato di limitazione di diritti umani ancora più pesante rispetto al passato.

Diverse le risoluzioni del Parlamento Europeo contro questo Egitto, per arrivare all'ultima di fine 2018, veramente dura e che ha fatto imbestialire l'Egitto del dopo 30 giugno 2013. Spacciando come menzogne le accuse mosse dal Parlamento europeo. Certo.

Giulio Regeni, non è stato mica torturato. Ucciso. E abbandonato in mezzo alla strada. Non ci sono stati depistaggi. No. E' tutta una invenzione, frutto dell'immaginazione di chi vuole il male dell'Egitto,vero? Qui,l'unico che vuole il male dell'Egitto è proprio chi nega processi di verità e giustizia, chi compromette diritti e libertà e non chi si batte per conseguire ciò.

E' accaduto di tutto in questi anni e comunque l'Egitto rivendica che i rapporti con l'Italia sono buoni. Sono ben 1.052 le società italiane che operano in Egitto ed il volume di affari è di circa 1.675 miliardi di dollari, di cui 359 nel settore dei servizi, 310 nel settore industriale e 13 nel settore ICT. Gli investimenti italiani in Egitto sono distribuiti in diversi settori, di cui circa $ 1,5 miliardi per oltre 900 aziende nei settori dell'industria, dei servizi, della finanza, dell'information technology, degli appalti e dell'agricoltura. A questi si aggiungono gli investimenti nei giacimenti di gas, portando gli investimenti complessivi a circa $ 9 miliardi. Cifre da capogiro. Senza dimenticare la voce turismo. Egitto che stringe sempre rapporti più importanti con la Russia, guarda alla Cina ed all'Arabia Saudita sempre con maggior interesse.

L'Egitto rivendica che "Dopo il 30 giugno, ci furono importanti sviluppi nelle relazioni italo-egiziane. Questo lo si è visto nei rapporti politici; visite ufficiali e sostegno del governo italiano alla roadmap egiziana dopo il 30 giugno.Il governo italiano sostiene l'Egitto nella sua guerra contro il terrorismo che è stata diffusa in molti paesi limitrofi,in particolare in Libia".
E l'aver ricevuto il presidente egiziano a Palermo a fine 2018 è una conferma di ciò. D'altronde, quando loro parlano della questione riguardante il richiamo dell'ambasciatore italiano dall'Egitto, rilevano che questo non poteva che essere rispedito in Egitto visti i rapporti tra i due Paesi.

"L'Italia ha restituito il suo ambasciatore in Egitto dopo che le prove hanno dimostrato la buona reputazione dell'Egitto. Infine, in considerazione delle profonde relazioni tra i due paesi, in particolare sul piano economico, era normale che Roma restituisse il proprio ambasciatore al Cairo. Inoltre, l'ambasciatore Hisham Badr ha presentato le sue credenziali al presidente italiano Sergio Mattarella per assumere la carica di ambasciatore dell'Egitto a Roma, quasi una settimana dopo il ritorno dell'ambasciatore italiano Giampaolo Cantini."
I riferimenti sono al richiamo dell'ambasciatore italiano in relazione alla vicenda di Giulio. Sarebbe stato rispedito in Egitto in virtù di fantomatici progressi in materia di collaborazione giudiziaria.

Questi non ci sono stati come è noto, a livello di collaborazione, anzi. Insomma, pare evidente, che fino a quando il sistema Italia continuerà a sostenere l'Egitto nato dopo il 30 giugno le cose non potranno che continuare ad assumere una certa piega, non sicuramente costruttiva in materia di difesa dei diritti umani, certamente fino a quando da parte dell'Egitto continueranno ad essere eretti muri e barricate in tal senso.

Marco Barone 



2 réactions


  • Persio Flacco (---.---.---.235) 7 gennaio 2019 11:48

    E se il regime di al-Sisi non sapesse davvero nulla dell’omicidio di Regeni? Cosa potrebbe rivelare in tal caso? Soprattutto, per quale motivo il regime avrebbe dovuto far uccidere il ricercatore italiano, inviato al Cairo dalla università di Oxford a raccogliere notizie sul sindacato degli ambulanti: organizzazione notoriamente all’opposizione del regime, e a prendere contatti con alcuni suoi esponenti? Non avrebbe potuto semplicemente espellere Regeni, visti anche i buoni rapporti con L’ENI che aveva appena scoperto un enorme giacimento di gas da sfruttare, per guastare quei buoni e promettenti rapporti?

    Io indirizzerei gli sforzi di conoscenza verso l’ambiente di Oxford, che ha inviato un suo ricercatore a svolgere una indagine ad altissimo rischio nel ventre del Cairo, nel complesso e pericoloso mondo nel quale si svolge lo scontro sotterraneo tra il regime e le opposizioni messe fuorilegge. Più che ad al-Sisi chiederei allo MI6.


  • DM (---.---.---.117) 7 gennaio 2019 16:24

    Io sono pienamente d’accordo con Persio Flacco. L’unica cosa certa è che Regeni è stato ucciso in Egitto. Anche il momento del ritrovamento è a favore della intromissione violenta, brutale e vile di stampo anglosassone. Se fosse stato veramente uno del governo egiziano il corpo di Regeni sarebbe sparito per sempre o per molto tempo.


Lasciare un commento