sabato 17 agosto 2013 - Marco Barone

Di nazione e nazionalismi: il caso di Trieste

La Repubblica italiana è stata caratterizzata, e lo è ancora oggi, da diversi nazionalismi, siano essi riconducibili all'Italia unita, siano essi specificatamente territoriali.
 
Lo Stato si è armato per difendere la sua unità territoriale, come normata dall'articolo 5 della Costituzione, con diverse leggi repressive. La più rilevante è certamente quella definita dall'articolo 241 del Codice Penale che nella nuova formulazione, scritta ad hoc per salvare la Lega Nord (da processi che vedevano imputati alcuni suoi militanti in seguito all'iniziativa della Procura della Repubblica di Verona del 18 settembre 1996) ed afferma che salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
 
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche. Questo articolo è stato così sostituito dall'art. 1 L. 24.02.2006, n. 85, con decorrenza dal 28.03.2006.
 
Dunque le iniziative politiche che vogliono l'indipendenza, e non l'autonomia di diverse zone territoriali, sono state diverse ed essenzialmente di destra. Nazionalismi minori, che sfruttano l'idea dell'identità territoriale, per altri fini. E questi fini sono e non possono essere che di carattere economico. D'altronde le famigerate crociate e guerre di religione ben hanno insegnato come la religione sia stata un buon strumento di persuasione per conseguire obiettivi chiari: conquista di terre ricche di risorse, colonizzare ed imporre il proprio dominio con la violenza dell'occupazione militare mascherata dallo scudo della religione.
 
La Lega nord ha vissuto un grande declino. E' passata dalla nazione padana alla macroregione proponendo anche la modifica della Costituzione vigente. Dalla macroregioni poi si passa ai microterritori.
 
Ed ovviamente l'attenzione cade sul Territorio Libero di Trieste.
 
E' importante evidenziare che tra i sostenitori del territorio libero di Trieste vi sia anche Alba Dorata italiana, nota forza di estrema destra, la quale in un post nel suo sito scrive, riportando come foto la carta d'identità del territorio libero di Trieste, che “il TLT( territorio libero di Trieste) è la base e l'esempio del nuovo stato confederale dei popoli italiani. Il TLT fu nel 1976 cancellato da un accordo bilaterale tra i comunisti di Tito ed i massoni democristiani italiani col beneplacito della comunità internazionale pervasa dallo spettro della guerra fredda. Gli Stati nati dalla disgregazione della Yugoslavia hanno reiterato il trattato in maniera illegittima sempre con i massoni italiani. Alba Dorata rinnega il trattato di Osimo e pretende la ricostituzione del T.L.T. come Cantone della nuova Repubblica confederale italiana (...)”.

 

Ma anche la Lega Nord sosteneva la necessità di realizzare il Territorio Libero di Trieste. Per esempio nel maggio del 1996 si diffidava l'autorità portuale di Trieste chiedendo alla stessa di "riconoscersi non legittimata" e di "mettere a disposizione del costituendo porto franco internazionale di Trieste quanto abusivamente detiene in opere e arredi portuali", ovviamente il tutto richiamando il Trattato di Parigi del 1947. Iniziative similari verranno intraprese poi dal Movimento Trieste Libera che dal 2011 è cresciuto in modo esponenziale in città.

Tra legittimisti che rivendicano il credo Monarchico Tradizionalista e Cattolico, tramite la protezione del sacro cuore di Gesù per conseguire la Restaurazione Sociale e Politica, tra indipendentisti, tra leghisti che si sono riciclati in movimenti microterritoriali, tra forze di estrema destra che difendono l'italianità sia in larga misura che in minor misura, tra l'evitare di affrontare tematiche che riguardano diritti civili ed etici che ovviamente definiranno i distinguo, in tempo di crisi queste realtà, apparentemente trasversali, non possono che ottenere consenso da parte di una popolazione sempre più ai ferri corti con il sistema Italia ed Europa.

Chiudersi in un recinto più piccolo è comodo e si facilita un maggior controllo, si conferisce maggiore sicurezza e senso di protezione: ma ciò sarà solo una grande illusione. Il punto è proprio questo, l'Italia e l'Europa necessitano non di una riforma, ma di una trasformazione radicale e sociale nel nome dell'uguaglianza della solidarietà sociale e per l'integrazione e per l'abbattimento di ogni confine.

Deve essere annotato che comunque, come accaduto per il Movimento Cinque Stelle, in queste realtà spesso aderiscono soggettività ed individualità di sinistra per diversi motivi, alcuni li possiamo definire strategici, ovvero per evitare che il tutto cada inesorabilmente nel più beffardo nazionalismo destroide.
 
Tale impresa è degna del miglior Ercole; oppure perché traditi dai propri storici punti politici di riferimento, perché ripartire da zero alletta, perché alla fine non vi è nulla da perdere, perché il populismo identitario, con le sue parole d'ordine che accontentano tutti - lavoro, meno tasse e protezione sociale - che ben possono essere sia di destra che di sinistra, corrisponde al minimo comune denominatore del benessere individuale. I diritti civili, i temi etici, non sono una priorità, per questi vi è sempre tempo, ed infatti se nel 2013 in Italia esistono persone che vengono istigate al suicidio perché omosessuali è proprio per tali ragionamenti, perché la priorità è lo sfruttamento consapevole per sopravvivere.
 
In tutto ciò qualcuno ci cova.

Da un lato hai una parte del capitalismo italiano che non aspetta altro che speculare sulla città, dall'altro una parte del capitalismo austriaco o tedesco. Per esempio od alcune multinazionali che hanno interesse a trasformare Trieste in una colonia da sfruttare o semplicemente in un protettorato.
 
Non che le cose oggi siano positive per Trieste, anzi l'immobilismo sussiste, trasformandola in una perenne bella addormentata da svegliare bruscamente, legittima la voglia di andare oltre anche rispolverando trattati e burocrazia superata dalla storia vigente e dall'acquiescenza della situazione esistente, e ciò non deve creare stupore.
 
Però si chiede 100 per conseguire 51 e questo 51 è una disciplina del porto franco di Trieste che sia funzionale a determinate logiche.
 
Il porto vecchio di Trieste è oggetto di grandi battaglie, tra chi lo vuole parte integrante della città per edificare e chi vuole semplicemente il porto ma sotto il controllo indiretto dell'Onu.
 
Magari tra i due estremi si troverà la via della concordia, una soluzione conciliante tra le parti ed ognuno rivendicherà vittoria, ma sarà da capire se sarà vittoria anche per Trieste. Ad oggi non lo è, ed il porto vecchio è semplicemente un grande contenitore di illusioni e tristezze degrado.
 
Però è anche vero che qualche realtà opera con successo al Punto Franco. E' il caso di segnalare che l'Autorità Portuale di Trieste ha reso noto che nei primi sei mesi del 2013 gli approdi al Punto Franco oli minerali hanno registrato un record con l'attracco di 244 navi ai pontili della S.I.O.T. (Società Italiana Oleodotto Transalpino), l'azienda del gruppo TAL che gestisce il terminal marittimo e il tratto italiano dell'oleodotto transalpino, rispetto a 171 approdi nel primo semestre dello scorso anno, con un incremento del +42,6%.
 
Il greggio sbarcato nella prima metà del 2013 è stato pari a 20.003.665 tonnellate contro le 15.030.136 tonnellate del primo semestre del 2012 (+33% ). Il Gruppo TAL gestisce l’Oleodotto Transalpino che collega il Porto di Trieste con il centro Europa, trasportando in modo sostenibile il petrolio greggio alle raffinerie di Austria, Germania e Repubblica Ceca al fine di provvedere al fabbisogno energetico di questi paesi.
 
I suoi azionisti sono alcune delle majors del settore petrolifero a livello mondiale: OMV, Shell, Ruhr Oel, ENI, C-BLUE LIMITED (Gunvor), BP, Exxon Mobil, Mero, Phillips 66/Jet Tankstellen e Total. Il ruolo che da quarantacinque anni il Gruppo TAL svolge nell’approvvigionamento energetico è di primaria importanza per l’economia europea: il petrolio che viene trasportato nell’oleodotto ricopre infatti il 40% del fabbisogno petrolifero della Germania (il 100% della Baviera edel Baden-Württemberg), il 90% dell’Austria e oltre il 30% della Repubblica Ceca.
 
Dunque si sfrutta il porto di Trieste ed il suo territorio per rifornire di energia paesi terzi. Normale processo di globalizzazione economica. Peccato che il paesaggio ha subito evidenti violenze per realizzare ciò che è stato realizzato. 
 
 
Il problema però non è chi edifica, ma chi autorizza certe edificazioni: ovviamente ognuno esercita il proprio mestiere. Dunque il capitalismo dell'Austria, per esempio o le multinazionali anche lì operanti, avrebbero una infinità di interessi per intervenire sul porto di Trieste. Ma, prevalentemente per l'esercizio dell'attività portuale, così come quello italiano ma per fini non portuali, magari invocando in via nostalgica il passato, oppure invocando ciò che è stato semplicemente superato dalla storia, come scudo e maschera per conseguire semplicemente profitto ai danni di Trieste e magari sostenere anche economicamente certe realtà politiche e sociali. 
 
Ed allora ecco che lo scudo dell'italianità si scontra con quello dell'essere territorio libero.
Trieste è una città che merita rispetto e dignità, lavoro, ambiente, diritti ed etica e democrazia partecipata devono correre in armonia, senza concorrere, tutti sulla stessa strada, nel nome del buon senso. E buon senso vuole la trasformazione dell'esistente e non la realizzazione di protettorati a vantaggio di pochi ed a danno della collettività, e la fine di ogni speculazione.
Ma nel capitalismo quanto è possibile il buon senso? 

Foto: ho visto nina volare/Flickr



3 réactions


  • (---.---.---.231) 18 agosto 2013 13:17

    mi piacerebbe sapere dove, nel trattato bilaterale di Osimo, si parla della sovranità italiana sulla zona A del TLT. Comunque solamente l’art. 7 fa riferimento a qualcosa e cioè che, tra Italia e Jugoslavia cessa l’uso del Memorandum di Londra del 1954 e , quindi, verso tutti gli altri stati compreso il TLT continua ad esistere!!!



  • (---.---.---.131) 18 agosto 2013 13:51

    Dal Trattato di Pace dipendono sia la fine della guerra, sia la costituzione della Repubblica Italiana. Affermare che non abbia più validità significherebbe negare anche la legge 3054/52, tuttora in vigore:
    http://www.normattiva.it/uri-res/N2...
    Il TLT esiste, la sovranità italiana sulla Zona A del TLT è stata persa nel 1947 e non è mai stata recuperata, da nessun accordo successivo (nemmeno quello bilaterale di Osimo, che comunque non può alterare il Trattato di Pace).

    Quindi che lo Stato Italiano torni in guerra col resto del mondo, se crede che il Trattato di Pace sia carta straccia. :)

  • (---.---.---.108) 22 agosto 2013 09:47

    Il Trattato di pace non puo essere cancellato, ma probabilmente non tutti sanno bene la storia di Trieste. L’Italia ha l’amministrazione provvisoria sul territorio di Trieste, ma non la sovranità. Tutte le tasse a livello nazionale i cittadini del territorio libero di Trieste non hanno il diritto di pagarle.
    Le decisioni su questo territorio vanno discusse a livello internazione e non politico nazionale.
    Ora chiediamo un governatore del TLT!


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