mercoledì 14 dicembre 2011 - Stampacadabra

Basta “maschi alfa dalle diottrie basse”, più donne e gay: il Wired generalista di Carlo Antonelli

A distanza di quattro mesi dall’insediamento ufficiale alla guida di Wired Italia, sostituendone il fondatore Riccardo Luna, il neodirettore Carlo Antonelli traccia un bilancio del suo percorso in un’intervista rilasciata ad Italia Oggi. La missione “normalizzatrice” del mensile sembra essersi ormai conclusa, perfettamente negli intenti dell’ex numero uno di Rolling Stone: da una rivista “per signori brufolosi con occhiali spessi, per nerd” ad un magazine per “donne e le componenti gay della società. Ma Antonelli va pure oltre, sfidando “il monopolio dei maschi alfa dalle diottrie basse” attraverso un progetto editoriale deliberatamente generalista. I numerosi detrattori, che dal principio hanno maldigerito la sua nomina al comando di Wired, avranno sicuramente nuovo materiale per farcire il proprio malcontento.

Ma che cos’è effettivamente diventato Wired a partire dal numero di agosto? E’ cambiata, in meglio, la grafica, ora più ordinata ed elegante, merito del tocco di David Moretti che ha ulteriormente aumentato la leggibilità rispetto al progetto originario da lui concepito. E i contenuti? Non c’è stata alcuna pesante virata verso il frivolo, di certo la missione innovatrice timbrata da Riccardo Luna è stata ridimensionata ma sfogliando gli ultimi numeri di Wired, rispetto all’esordio agostano, si sente molto del vecchio progetto, al quale si è lentamente tornati dopo una variopinta sperimentazione che ha portato un po’ di cazzeggio e pure i cruciverba di Bartezzaghi. Spiega Antonelli:

“Lentamente, in maniera non brutale, abbiamo rivoluzionato molte cose. Non si può intervenire pesantemente e di colpo su un mensile che ha 100 mila lettori, il 70% di abbonati e il 30% dall’edicola. E non era mio compito quello di disintegrare questo amore verso la rivista, dovevo ridisegnarne il percorso o meglio, sperimentare perché potesse essere meno prevedibile”.

Le differenze maggiori si riscontrano a livello pubblicitario: il Wired antonellino è straricco di pagine vendute alle aziende, tanto che per leggere l’argomento principale arriviamo a metà giornale. L’obiettivo commerciale in Condè Nast sembra raggiunto (anche grazie all’apporto del sito che genera il 30/40% della raccolta), mentre bisognerà fare ancora qualcosa per allargare il bacino dei lettori. In edicola Wired veleggia sulle 17mila copie vendute (dati ADS ad agosto 2011) in un totale di 85mila copie diffuse: in edicola perde qualcosa ma rimane stabile in diffusione, perché sono gli abbonati ad aver salvato il mensile. E la decisione di Condé Nast “di mutare il percorso di questo prodotto era precedente il mio arrivo” aggiunge Antonelli, sottintendendo come la formula di Luna avesse raggiunto la saturazione del target di riferimento: bisognava allargarsi. Stando al nuovo direttore, in edicola per Wired va meglio, “il numero di ottobre, quello con Steve Jobs in copertina, ha registrato un tutto esaurito, quello di dicembre con il presidente Napolitano uomo Wired dell’anno, sta procedendo molto bene”, nonostante la scelta discussa della copertina di dicembre, che incorona un politico ottuagenario: ecco, dei vari malumori che qua e là si raccolgono nella pagina Facebook della rivista ed in Rete (benché siano in diminuzione) non si fa alcun accenno. In compenso affiorano applausi continui al sito Internet, ridisegnato l’anno scorso e supportato da “600mila accessi unici al mese, che si fermano per 12/15 minuti”. Il presidio web per Wired è importantissimo, perché il punto di partenza da cui poi nasce la rivista su carta, “una sorta di Readers’ Digest di tutto ciò che è apparso sul sito, un riassunto mensile luxury di quello che propone il sito, ma è anche un allargamento della lettura. Gli impallinati della tecnologia non aspettano il mensile, vedono i nuovi prodotti sul web, il mensile serve per aggiungere il resto”.

Prima il web con la sua fugacità, poi la rivista che materializza ed esplora i trend emersi in Rete con un lento approfondimento: una visione editoriale non certo comune a molti periodici che annaspano in crisi di identità e di futuro. “Riallineare il racconto al presente” rimane per Antonelli una strada da seguire, insieme all’estetica contemporanea, che va dall’ecologia al consumo responsabile. E siccome Wired guarda più all’oggi che al domani, nasce la sezione Money, un’ulteriore spazio dedicato all’economia, già aperto dalla penna di Oscar Giannino. L’intenzione rimane quella di virare verso un maschile a tutto tondo, che guardi al consumo e alla moda (gadget ed ispirazioni fashion non mancano) ma che non si riduca ai soliti stereotipi che stanno mettendo in difficoltà testate blasonate. Se questa impostazione ci era sembrata inizialmente un po’ troppo audace e a rischio snaturamento del dna editoriale, la realizzazione, benché viziata dall’ampiamento di target, non tradisce troppo la vecchia formula. Il problema sarà forse immaginarsi quello che verrà. Antonelli conclude così: “Wired vuole coprire un punto finora inesistente del mercato, fra i giornali teorici puri, quelli di architettura, di tecnologia, economia. Un po’ più simile a Myself o Vanity Fair”.

Un desiderio che fa i conti con i gusti, gli interessi e le passioni di chi leggerà Wired: per quanto sarà appetibile a donne e gay, il mensile resterà forzatamente vicino all’intuito maschile. Se Antonelli riuscirà nell’impresa di catturare gli uomini ormai assuefatti da donne nude, bicipiti da palestra e belle automobili, piuttosto che la marginalità femminile, avrà tutta la mia stima. Ma forse in quel momento non avremmo più quel buon vecchio Wired a cui eravamo abituati prima.



1 réactions


  • (---.---.---.78) 15 dicembre 2011 13:15

    hahahaha, che ridere. Ha trasformato Wired in un clone cinese dei poveri di Focus. E fa pure il bello smiley


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