martedì 30 gennaio 2018 - Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica

Amore, dipendenza e meccanismi celebrali

Dell’amore, come si sa, si è sempre parlato più di ogni altra emozione. Esso è l’argomento prediletto di romanzi e poesie, di filosofi e mistici. Chiunque ne abbia parlato lo ha descritto associandolo a stati d’animo che possono variare da emozioni come gioia e felicità, a rabbia o tristezza. 

L’amore, infatti, per la sua vastità di sfaccettature può essere percepito in vari modi come ad esempio: desiderio, passione, affetto, dolore e questo dipende in gran misura dal vissuto soggettivo, motivo per cui è difficile definirlo in maniera univoca. Possiamo citare alcuni degli autori che si sono interessati maggiormente a comprendere e definire l’amore, Maslow e Sternberg.

Maslow (1954), nella sua teoria “La piramide dei bisogni”, inserisce l’amore nel sistema motivazionale che sta alla base dell’azione umana, collocandola all’interno della categoria dei bisogni di appartenenza sociale, il bisogno di sentirsi parte di un contesto e di avere una vita affettiva che si concretizza nella volontà di amare e di sentirsi amato. Sternberg (1986), invece, elabora un modello che individua diverse tipologie di relazioni di coppia. La sua teoria triangolare dell’amore prevede sette modalità di espressione amorosa, risultanti dagli incroci tra intimità e confidenza, condivisione e affinità; la passione, invece, riguarda gli aspetti più impulsivi come l’attrazione fisica; la decisione e impegno implicano la responsabilità e la volontà di mantenere a lungo termine il rapporto.

Tuttavia le due emozioni che per eccellenza hanno rappresentato maggiormente l’oggetto di studio sono felicità e tristezza, non solo perché appartengono entrambe alla vita quotidiana di ogni persona ma anche perché rappresentano degli opposti dove l’una si basa sul ricevere, sull’ottenere, sull’attaccamento, mentre l’altra si basa sulla perdita di un attaccamento importante. Alla base di questo sentimento così complesso risiede l’interazione di tre sistemi comportamentali quali: l’attaccamento, l’accudimento e l’accoppiamento sessuale. Indubbiamente, quindi, il desiderio di amare e di essere amati rappresenta innanzitutto un bisogno sano e fondamentale, ragion per cui è associato ad emozioni positive e al benessere psicofisico.

Non di rado però capita che le relazioni affettive possano essere fonte di malessere al punto da diventare una vera e propria droga ed avere delle conseguenze devastanti: quando ciò si verifica possiamo parlare di Dipendenza Affettiva. Facendo riferimento alla teoria di Sternberg possiamo prendere in considerazione ciò che lui definisce come “amore romantico” che può essere paragonato a ciò che più comunemente viene descritto come “il colpo di fulmine”. Il colpo di fulmine suscita un alto impatto emotivo nell’individuo per cui l’attrazione fisica sfocia in intimità e passione. 

Successivamente durante l’innamoramento questo mix di ingredienti tende a crescere notevolmente nella fase iniziale per poi decrescere gradatamente e sfociare in intimità e impegno che resteranno più stabili nel tempo. Quando tutto questo non succede allora la relazione probabilmente sarà disturbata. Quali sono le cause? Tutto ha inizio all’interno di meccanismi cerebrali che si attivano durante le fasi sopracitate in due aree differenti del cervello ma estremamente vicine, l’insula e il corpo striato. Quando il desiderio si trasforma in amore avviene un elaborazione in una parte diversa del corpo striato che è la stessa porzione dello striato associato alla dipendenza, come fosse una droga, e il sentimento può creare dipendenza. Quando due persone si innamorano stabiliscono un legame d’attaccamento ed è il suo mantenimento dona una fonte di sicurezza. Tutto ciò conduce il soggetto a dare e ricevere cure, sotto l’influenza degli ormoni e di altri fattori prettamente soggettivi elicitanti. Jim Pfaus, psicologo canadese della Concordia University e i suoi colleghi statunitensi e svizzeri hanno analizzato i dati di 20 diversi studi sul tema.

Esaminando l’attività cerebrale di persone alle quali venivano mostrati video erotici o fotografie di partner, l’èquipe è stata in grado di localizzare le zone collegate all’amore e al desiderio. I due stimoli attivano aree specifiche del cervello correlate l’una all’altra. Lo striato (una parte sottocorticale) è il testimone del processo che trasforma il desiderio in amore ma gli stimoli vengono registrati in due diverse zone. Il desiderio sessuale attiva la stessa area del “piacere” che viene stimolata dal cibo e dal sesso. L’amore invece colpisce la zona del “condizionamento”, dove acquistano valore quelle cose o persone associate alla ricompensa o al piacere. “Il desiderio sessuale si pone un obiettivo concreto, mentre l’amore è qualcosa di molto più astratto e complesso, indipendente dalla presenza fisica della persona amata”. L’amore agisce sulla stessa area che crea la dipendenza e ha quindi lo stesso effetto di una sostanza stupefacente. “L’amore è, di fatto, una dipendenza che nasce dal desiderio sessuale ricompensata”(Cacioppo e coll.2012). L’attività cerebrale coinvolta è quella delle cellule chiamate ApEn: queste cellule producono dopamina, uno stimolante naturale (questa sostanza viene liberata nel nostro cervello ogni volta che facciamo qualcosa di piacevole come per es. mangiare, fare sesso, accudire la prole ecc.) che viene distribuito in molte regioni cerebrali che sono parte del sistema di ricompensa del cervello.

Particolarmente interessata è una piccola zona di quella parte del cervello chiamata cervello rettiliano che si trova molto al di sotto del processo cognitivo del pensiero – associato con la volontà, con la motivazione, con la concentrazione e con il desiderio – ed è di fatto la stessa regione cerebrale che si attiva anche quando si acuisce il bisogno di una sostanza stupefacente. L’amore romantico può portare a un’ossessione e ad perdita della percezione di se stessi. Esattamente come avviene nella dipendenza da sostanze anche nella Dipendenza Affettiva con il passare del tempo tutto inesorabilmente ruota intorno al partner e spesso l’isolamento è il mezzo utilizzato per evitare gli altri nel tentativo di proteggersi dalle critiche o dal temuto abbandono. Interessi ed hobbies vengono progressivamente abbandonati, il fulcro dell’esistenza diventa il partner.

Cercare di mantenere attiva la relazione diventa l’unica occupazione della mente dove la ruminazione dei pensieri ruota attorno ai problemi sentimentali nel tentativo di trovare soluzioni per risolverli. Generalmente, chi vive una Dipendenza Affettiva può essere consapevole degli effetti devastanti che il partner ha nella sua vita, ma esattamente come i tossicodipendenti, non riesce ad astenersi dalla relazione. Analogamente a una droga si vive il rapporto con intensa euforia, manifestando il craving: un desiderio spasmodico e irrefrenabile del partner. Quando la relazione finisce le persone con una dipendenza affettiva hanno dei sintomi d’astinenza che sono simili a quelli che si riscontrano nella sindrome d’astinenza dei tossicodipendenti (depressione, ansia, insonnia o ipersonnia, irritabilità, perdita dell’appetito o abbuffate) che possono portare alla continua ricerca del partner anche se violento o infedele. E’ il rifiuto che per assurdo crea e alimenta la Dipendenza Affettiva: più il partner è sfuggente, freddo, distante, più la persona dipendente si sacrifica fino ad annullarsi e a colpevolizzarsi, si mette in discussione e lo rincorre esattamente come fanno i giocatori d’azzardo che ”rincorrono la perdita” e non riescono a smettere di giocare (Liebowitz, 1983; Hatfield & Sprecher, 1986; Meloy & Fisher, 2005).

Le analogie tra innamoramento e tossicodipendenza sono confermate anche dagli studi di neuroimaging (che visualizzano l’attività cerebrale in vivo). Questi studi dimostrano che l’innamoramento attiva alcune regioni cerebrali che, come abbiamo detto, hanno un’alta concentrazione di dopamina. Il piacere che proviamo ha la funzione di motivarci a ripetere questi comportamenti, le regioni che si attivano sono le stesse regioni che vengono attivate sia nella dipendenza da sostanze (Fisher et al. 2010; Acevedo et al. 2011; Xu et al. 2011) che nelle dipendenze comportamentali come lo shopping compulsivo (Knutson et al. 2007) e il gambling (Breiter et al. 2001).

 

Tirocinante: D’aprano Loredana

Tutor: Davide Silvestri

 

Bibliografia

Cacioppo S., Bianchi-Demicheli F., Frum C., Pfaus J.G., Lewis, J.W. (2012), The common neural bases between sexual desire and love: a multilevel kernel density fMRI analysis. J Sex Med, 9 (4): 1048-54.

Breiter H.C. et al. (2001), Functional imaging of neural responses to expectancy and experience of monetary gains and losses. Neuron 30 619-639 

Liebowitz M. R. (1983), The Chemistry of Love. Boston: Little Brown. Trad. it: La chimica dell’amore. Milano:Rizzoli, 1984

Maslow A. H. (1954), The instinctoid Nature of Basic Needs. Journal of Personality, 22 (3), 326-347

PFisher H. (2008), The brain in love. TED.com

Sternberg R. J. (1986), A triangular theory of love. Psychological Review, 93 (2), 119-135

Knutson et al. (2007), Natural predictors of purchases. Neuron 53 147-156

Xu et al (2011), Reward and motivation systems: a brain mapping study of early-stage intense romantic love in Chinese partecipants. Hum. Brain Mapp. 32 49-57

Foto: f_barca@instagram

 


1 réactions


  • Truman Burbank Truman Burbank (---.---.---.242) 2 febbraio 2018 10:18

    Io ricordavo la parola latina "cerebrum" (grosso modo indica il cervello) da cui l’aggettivo "cerebrale" che fa riferimento al cervello. Lo strano neologismo "celebrali" mi lascia un po’ confuso. Ma forse sono rimasto indietro con gli ultimi sviluppi della "scienza".


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