mercoledì 3 settembre 2014 - Riccardo Noury - Amnesty International

​Lo Stato islamico nell’Iraq del Nord: “Pulizia etnica di dimensioni storiche”

Terreni agricoli trasformati in campi della morte trasudanti sangue, villaggi razziati e abitanti rastrellati, caricati sui camion e fucilatiDonne e bambine rapiteCentinaia di persone di cui non si sa più nulla.

È la campagna di pulizia etnica che va avanti da giugno nell’Iraq del nord, quando lo Stato islamico (ex Isis) conquistò Mosul, una campagna destinata a spazzare via ogni traccia di abitanti non arabi e non sunniti: assiri cristiani, sciiti turcomanni, sciiti shabak, yazidi, kakai e sabeani mandeani, tutti vittime di uccisioni e rapimenti di massa. E per gli arabi e i sunniti che si oppongono, c’è la stessa fine.

Un rapporto reso pubblico ieri da Amnesty International, basato sulle ricerche fatte nel nord dell’Iraq e da agghiaccianti testimonianze fornite dai sopravvissuti, definisce quella dello Stato islamico una “pulizia etnica di dimensioni storiche”.

Ad agosto, nella regione di Sinjar, lo Stato islamico ha compiuto almeno due orribili massacri, nei villaggi di Qiniyeh e Kocho, rispettivamente il 3 e il 15 del mese. Centinaia di persone sono state uccise solo in questi due villaggi: gruppi di uomini e ragazzi, anche di soli 12 anni di età, sono stati rastrellati, portati via e assassinati.

“Non c’è stato alcun ordine, sono arrivati e hanno riempito i loro veicoli di gente” – ha dichiarato ad Amnesty International uno dei sopravvissuti del massacro di Kocho.

Le uccisioni e i rapimenti di massa hanno gettato nel terrore l’intera popolazione del nord dell’Iraq costringendo centinaia di migliaia di persone alla fuga.

La sorte della maggior parte degli yazidi rapiti negli ultimi tre mesi e tenuti in prigionia dallo Stato islamico rimane sconosciuta. Molte persone sono state stuprate e costrette a convertirsi all’Islam. In alcuni casi, sono stati rapiti interi gruppi familiari.

L’avvocato Mizre Ezdin ha fornito ad Amnesty International la lista di 45 donne e bambini della sua famiglia rapiti dallo Stato islamico:

“Siamo riusciti a sapere qualcosa da alcuni di loro ma gli altri sono scomparsi e non sappiamo se siano vivi o morti né cosa sia accaduto loro”.

Poi ha mostrato alla ricercatrice di Amnesty International una fotografia delle sue nipotine conservata sul telefono cellulare:

“Alina ha appena tre anni, l’hanno rapita con sua madre e con la sorellina di nove mesi. Rosalinda ha cinque anni, l’hanno portata via con sua madre e i tre fratellini di età tra otto e 12 anni. Puoi immaginare queste creature nelle mani di quei criminali?”

Già. Riusciamo a immaginarlo?

 



1 réactions


  • Persio Flacco (---.---.---.176) 5 settembre 2014 10:18

    Naturalmente condivido la sua condanna contro l’ISIS: criminali contro l’umanità nel pieno senso del termine.

    Tuttavia le faccio notare che questa immonda organizzazione di criminali non nasce dal nulla, non è diventata tale passando dalla Siria all’Iraq.

    Questa organizzazione di criminali imperversa in Siria da quasi tre anni, sicuramente facendo in quel Paese le stesse cose che ora fa in Iraq. 
    La differenza è che in Siria l’ISIS ha goduto della profondità strategica e di molti altri supporti forniti dall’occidente e dai suoi più stretti alleati perché combatteva contro quello che l’occidente stesso ha eletto come suo nemico: Bashar al-Assad.

    Esistono denunce di Amnesty International contro quelli che hanno di fatto allevato l’ISIS? Io non lo so, ma se sono state fatte non hanno avuto grande evidenza.

    Ora che l’ISIS va combattuto (a quanto pare con calma, senza troppa fretta. Anche un po’ svogliatamente) la denuncia di Amnesty acquista rilievo, perché evidentemente concorda con le nuove strategie occidentali contro quella organizzazione.

    Ora consideri questa eventualità: dopo tre anni di guerra e nonostanti gli sforzi profusi il regime siriano non è crollato.
    E’ questo è comprensibile: come dar torto ai siriani se preferiscono rimanere nelle mani di Assad piuttosto che finire in quelle dell’ISIS?
    Vista l’impossibilità di rovesciare Assad con i mezzi che ha avuto finora a disposizione l’ISIS va in Iraq a fare provviste di armi pesanti e di disertori dell’esercito irakeno. Di passaggio: armi fornite dall’occidente e militari addestrati dallo stesso occidente.

    Fatto provvista l’ISIS ripiegherà in Siria:
    - formalmente perché costretto dalle misurate bombardatine americane e dai peshmerga curdi, riforniti di vecchie armi da anni in deposito;
    - sostanzialmente perché ora dispone dei mezzi necessari per dare la spallata finale al regime siriano.

    E’ solo una ipotesi ma, a mio parere, è una ipotesi realistica. Peraltro la lentezza e la riluttanza dimostrata dall’occidente nell’avviare una vera campagna contro l’ISIS sembra dargli una certa credibilità.

    Se questo è vero il macello che l’ISIS sta facendo in Iraq sarebbe nulla rispetto a quello che avverrebbe in Siria. 

    In tal caso, se Amnesty e le altre organizzazioni umanitarie non avessero denunciato a tempo debito e con tutta la forza e la determinazione necessarie chi in occidente ha allevato il mostro ISIS per i suoi scopi diventerebbero oggettivamente suoi complici, e corresponsabile di ciò che l’ISIS farà in Siria.

    Come vede una organizzazione umanitaria non può limitarsi alla fase finale di un processo di violazione dei diritti umani, astenendosi dal denunciarne la genesi fin dalle origini, se non vuole diventarne una parte funzionale.


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