giovedì 5 giugno 2014 - SiriaLibano

Elezioni in Siria: storia di una percentuale "bulgara"

Bashar al Asad rimane formalmente presidente della Repubblica araba di Siria fino ad almeno il 2021, ottenendo l’88,7% dei voti alle “elezioni” svoltesi il 3 giugno 2014. L’affluenza alle urne è stata del 73%.

Secondo i conteggi ufficiali non verificabili in maniera indipendente, sono undici milioni i siriani che hanno votato. Lo stesso numero di siriani aveva detto “sì” nel 2007 al referendum confermativo per la rielezione di Asad.

Per la prima volta dopo decenni, non è più un nove la prima cifra delle decine della percentuale della vittoria di un Asad ai vertici del regime.

L’altra novità di queste “elezioni” è stata rappresentata dalla presenza di altri candidati: Maher Hajjar (4,3%) e Hasan Nuri (3,2%) si sono prestati a interpretare il ruolo di “sfidanti” per assicurare quel pizzico di “pluralismo” alle consultazioni.

Andando a ritroso nella storia delle “vittorie elettorali” degli Asad, al potere dal novembre del 1970, si scopre che fino a oggi la percentuale più bassa si era registrata sette anni fa: per Asad c’erano stati "solo" il 97,6% dei “sì”.

Nel 2000, il novantanove-virgola-sette-per-cento. Quella era però la “prima” di Asad figlio dopo la morte del padre Hafez (foto qui sopra), il “duce immortale”. Difficile pensare a una percentuale più bassa.

Ma Hafez era stato confermato presidente solo un anno prima, nel 1999, con la cifra tonda del 100%. Così andò anche nel 1991 e nel 1985. Mai sotto il cento-per-cento dal 1985 al 1999: non male.

Per registrare una leggera inflessione bisogna tornare al 1978: 99%. Un altro "imperfetto" 99% si registrò nel marzo del 1971, quando Asad padre si presentò per la prima volta al “popolo” per chiedere la conferma della decisione del Baath e del parlamento. Era solo l’inizio.

 


8 réactions


  • (---.---.---.187) 5 giugno 2014 12:46

    È del tutto inutile, oltreché farsesco, cercare di nascondersi dietro un dito: il sconfitto alle elezioni presidenziali in Siria è Barack Obama.
    Con tutte le centinaia di milioni di dollari profusi a favore dei Contras, non è riuscito nemmeno a bicottare - non dicasi bloccare - le elezioni organizzate sotto la presidenza Assad. Nonostante la minaccia armata sul campo, nulla hanno potuto, dato lo scarsissimo seguito che hanno nel Paese.
    Una sconfitta ignominiosa.
    Mentre i media ci forniscono le immagini - persino scontate - del Presidente Assad che, sorridente, esercita il proprio diritto elettorale assieme alla moglie, ci vengono tenute nascoste le immagini di Obama che piange di rabbia impotente assieme alla Michelle in lacrime. Impossibilitato a parlare in pubblico in tali condizioni, manda avanti il diversamente intelligente Kerry ad intrattenere il pubblico con uno dei suoi ormai abituali sproloqui.


  • (---.---.---.138) 5 giugno 2014 19:12

    Ci risiamo,ecco il solito sistema dei due pesi e delle due misure!
    Quindi x i soliti noti giornalistucoli,Italioti,le elezioni Siriane sarebbero una farsa anti-democratica,in quanto si sono tenute in un paese preda di una sanguinosa guerra civile,il che é vero.
    Allora,mi spiegate perché invece le elezioni presidenziali Ucraine sono a detta di tutti i leaders ed i media Occidentali un corretto esempio di"legalità e democrazia"ma come,anche in questo sfortunato paese non c’é ormai una guerra civile in piena regola?
    Qualcuno vuole darmi una spiegazione almeno plausibile?
    un saluto
    Alexfaro


    • Persio Flacco (---.---.---.137) 5 giugno 2014 23:28

      <<Qualcuno vuole darmi una spiegazione almeno plausibile?>>

      Non si aspetti spiegazioni plausibili da SiriaLibano, caro Alexfaro. L’unica spegazione plausibile che potrebbe darle sarebbe una autodenuncia per diffusione di falsità smaccate. E non credo sia disponibile ad autodenunciarsi.

      Come avrà notato, la quasi totalità dei mezzi di informazione occidentali spacciano una descrizione falsa e distorta delle crisi al centro dell’attenzione: Ucraina e Siria, usando quasi esattamente le stesse parole. Come se tutti diffondessero la stessa velina.

      E’ una di quelle campagne di disinformazione che avrebbe suscitato l’invidia di Goebbels: il ministro della Propaganda nazista, tanto è vasta, capillare, insistente, coerente.

      Il blog di Lorenzo Trombetta, SIriaLibano, è una di quelle fonti del sistema mediatico destinate a raggiungere il target degli internauti: forse il gruppo più renitente all’omologazione, spacciandosi per un sito amatoriale, cercando di assumere le loro sembianze caratteriali per catturarne la fiducia.


    • (---.---.---.84) 16 giugno 2014 01:38

      Questi parlano di elezioni bulgare e criticano Assad, nel frattempo guarda cosa stanno scatenando i fondamentalisti in Irak...ma chi li finanzia quelli? Denunciare loro invece di Assad no?

      Francesco DaRos


  • (---.---.---.109) 6 giugno 2014 08:52

    questi commenti sono deliranti.


    Quanto all’ultimo commento: lei accusa un blog, che io non conoscevo, ma tant’è, di essere al soldo del "sistema"? 

    Almeno avesse degli argomenti che vanno oltre al "nazismo"... E quindi cosa mi dimostra? 

    Invece di delirare perché non porta argomenti al suo ragionamento e ci illumina sulla democrazia in Siria? Così tutti ne usciamo più informati e lei fa una bella figura. 

    • Persio Flacco (---.---.---.137) 6 giugno 2014 23:40

      Se lei definisce "deliranti" i commenti di un certo genere significa che è talmente convinto della giustezza della versione presentata da SiriaLibano e dalla quasi totalità delle fonti informative da giudicare folle qualunque altra versione. Questo non mi induce ad essere pessimista circa la sua disponibilità a valutare con attenzione e neutralità quello che potrei scriverle. Tuttavia voglio provarci.

      Partiamo dal principio: dalle motivazioni di fondo che dovrebbero muovere chi osserva e giudica gli avvenimenti tragici che riguardano la Siria.

      Direi che la prima di queste motivazioni è la determinazione di preservare il più possibile l’incolumità e il benessere della popolazione civile.
      Non si tratta di una generica posizione umanitaria e/o pacifista, che si può condividere o meno, questo è ciò che il Diritto Internazionale, e l’ONU che ne è il custode, pone come principio guida che gli Stati debbono seguire affinché le loro azioni siano giudicate legittime.
      Come lei saprà, l’orrore prodotto dalla scoperta delle atrocità naziste ha spinto la quasi totalità dei Paesi del Mondo a statuire la limitazione del diritto di sovranità, prima intangibile. In sintesi: con una serie di accordi e convenzioni il diritto di sovranità è stato limitato, non autorizza più le autorità di governo di uno Stato sovrano a perpetrare gravi violazioni dei diritti umani della popolazione. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU può legittimamente deliberare una azione militare per far cessare tali violazioni. In genere questo nuovo principio viene chiamato "diritto di ingerenza umanitaria".
      Un corollario necessario di questo principio, spesso strumentalmente ignorato per mascherare ingerenze motivate da altri interessi, è che l’intervento militare non deve causare maggiori sofferenze di quelle che dovrebbe evitare. Questo è ovvio, e non merita ulteriori precisazioni.

      La seconda motivazione in ordine di importanza dovrebbe essere la salvaguardia dei diritti e delle libertà civili della popolazione. 
      Questo indica anche il metodo di elezione da seguire per la risoluzione dei conflitti interni ad uno Stato: il metodo democratico. 
      La Comunità Internazionale riconosce il diritto della popolazione ad autodeterminarsi democraticamente, diritto che comprende ovviamente la tutela della minoranza, come metodo principe, anche se non esclusivo, per dirimere le questioni relative ai conflitti interni.
      Dico che non si tratta di un metodo esclusivo

      Dunque, prima la protezione della vita e poi la difesa delle libertà individuali e collettive di un popolo. Non credo di avere espresso nessuna opinione farneticante finora, vero?

      E ora consideriamo la situazione siriana alla luce di quanto detto.

      La Siria attuale è il risultato di un travagliato processo di transizione dalla dominazione ottomana, a quella coloniale europea, all’indipendenza. Il Paese è diviso tra componenti religiose: sunniti (64%), drusi e alawiti (sciiti) (26%), cristiani (10%), ed etniche: arabi e curdi principalmente.

      Tenuto conto della storica animosità nei rapporti tra correnti islamiche e della presenza di una corposa minoranza cristiana, la Siria è uno di quei Paesi che chi abbia a cuore la popolazione civile dovrebbe trattare con le molle. Come in altri Paesi del Medio Oriente infatti le sue divisioni interne lo espongono ad un costante rischio di destabilizzazione e di esplosione di conflitti sanguinosi, con le conseguenze che è facile immaginare sulla popolazione.

      Invece nel 2005-2006 l’amministrazione statunitense di J.W. Bush ha avviato un programma di destabilizzazione del regime siriano finanziando e sostenendo i gruppi di opposizione al regime:
      http://www.washingtonpost.com/world...

      Ma anche Francia (ex potenza mandataria) e UK hanno contribuito a creare le basi del presente conflitto per insidiare il potere di Assad, visto come ostacolo al dispiegarsi della loro politica estera.

      Ora entriamo nel campo delle supposizioni. E’ difficile, se non impossibile, determinare con certezza se le prime manifestazioni pacifiche in Siria, avvenute sull’onda della cosiddetta Primavera Araba, siano degenerate per colpa del regime o a causa dell’infiltrazione di agenti provocatori che hanno attaccato le forze di sicurezza (e forse gli stessi manifestanti) per suscitarne la reazione armata. Si tratta di segreti molto ben custoditi, difficili da penetrare. Personalmente ritengo assai probabile che quelli che si erano prefissi di rovesciare il regime non si siano fatti scappare l’occasione di trasformare una dimostrazione civile in scontro armato.

      Del resto questa ipotesi è coerente con le successive prese di posizione di USA e Paesi europei, che non hanno minimamente tentato di svolgere un ruolo neutrale di mediazione per una composizione pacifica del conflitto. Al contrario: hanno immediatamente preso posizione contro il regime e a favore degli insorti, sostenendoli in tutti i modi. Il tentativo di ottenere il mandato dal Consiglio di Sicurezza ONU per un intervento "umanitario" in stile libico: intervento che probabilmente avrebbe raggiunto lo scopo di rovesciare il regime, si è arenato di fronte al veto posto da Cina e Russia.

      Riguardo al fronte opposto, si può pensare tutto il male possibile del regime siriano, ma non che fosse suo interesse destabilizzare il Paese. Al netto di iniziative dissennate sul campo di singoli funzionari dell’apparato di sicurezza, giudico altamente improbabile che la situazione sia degenerata per sua volontà.

      Ho citato la Libia: attualmente ridotta ad uno stato fallito, spaccato in due, teatro dello scontro tra fazioni di ogni genere, abbandonato all’anarchia, nel quale la popolazione civile è condannata all’incertezza del futuro e all’arbitrio di milizie fuori da ogni controllo, per porre alla sua attenzione le impressionanti analogie con quanto avviene in Siria. In Libia il rovesciamento di Gheddafi per motivi "umanitari" è costato, secondo alcune fonti, 50.000 morti. E nessuno ha chiesto ai cittadini libici se volevano essere salvati, come nessuno intende chiedere ai cittadini siriani se vogliono essere salvati da Assad.

      Ma lasciamo pure in sospeso il giudizio sull’origine del conflitto e le analogie, innegabili, con il cambio di regime in Libia. Sta di fatto che il regime siriano ha offerto una via pacifica e democratica per la risoluzione del conflitto: svolgere elezioni, lasciare ai siriani la parola, far decidere a loro da chi vogliono essere governati.

      I cosiddetti "democratici" e "umanitari" questa soluzione l’hanno rifiutata. E anche questo è un fatto.

      Ora giudichi lei, sempre che sia capace di esprimere un giudizio imparziale, se il mio punto di vista è farneticante come dice.


  • (---.---.---.109) 12 giugno 2014 21:37

    (di Alberto Savioli/1)


    Mi ero tenuto alla larga dalla tentazione di commentare, ma ora vedo che i toni precedenti si sono stemperati e nonostante la distanza delle nostre posizioni penso che un confronto pacifico (anche se non costruttivo) possa essere possibile.


    Premetto che non sono il difensore di SiriaLibano, ma essendo parte della redazione le critiche al sito riguardano anche me. Lei accusa il sito di “diffusione di falsità smaccate” ma poi propone di valutare quanto lei scrive con attenzione e neutralità.

    Quindi lei chiede agli altri neutralità di giudizio quando è lei per primo ad avere idee preconcette.


    Non so da dove derivi la sua conoscenza della Siria e quale siano le sue fonti, anche se alcune cose che scrive potrebbero suggerirlo. In tre anni di rivoluzione/rivolta/guerra civile (comunque la voglia chiamare) ho visto proliferare esperti di Siria e Medio Oriente, persone che mai ci hanno messo piede ma che disquisiscono con una sicurezza e certezza spiegando agli stessi siriani la realtà dei fatti.


    Lei ha citato SiriaLibano, un sito di informazione che certamente “fa capo” al giornalista Ansa Trombetta, ma che vede impegnati a vario livello persone di diversa estrazione e provenienza. Vi sono siriani, ma anche italiani che hanno studiato e vissuto in Siria e in Medio Oriente. La mia piccola esperienza in Siria durata “solo” 15 anni mi ha portato a confrontarmi con realtà sociali, politiche ed economiche totalmente ignorate dagli antimperialisti e dai sostenitori della teoria del complotto, che però vengono a spiegare a me o ad altri siriani che in quelle manifestazioni erano presenti, come “in realtà” sia andata…


    Non si capisce per quale motivo persone come me che nella vita si occupavano di altro, non di informazione, dovrebbero raccontare “falsità smaccate” perdendo il loro tempo, se quelle che lei definisce falsità non siano invece verità.


    Le prime considerazioni che lei fa sono ineccepibili e per nulla farneticanti, a mio parere però il difetto sta nella sua analisi della realtà siriana.

    I sostenitori delle teorie complottiste pongono su un unico piano l’attacco alla Libia, alla Siria e ora all’Ucraina, stessa mente e stesso disegno. Quando però parlano di “primavera araba” relativamente alla Siria lo fanno scorporandola dalle altre “primavere arabe”.


    Nessuno di “noi” in Siria pensava che la rivolta potesse scoppiare, troppo forti i servizi segreti siriani e il controllo sulla popolazione, troppo alto il rischio dovuto alla varietà etnica e religiosa. È innegabile l’influenza che hanno avuto i social network nella diffusione mediatica dell’ondata rivoluzionaria che ha avuto vari registri, quello dei giovani studenti e intellettuali, quello del “piccolo” siriano delle campagne impoverito da anni di crisi agricola e dalla corruzione del sistema e, è innegabile dirlo, quella di fanatici il cui scopo non era la caduta di una dittatura ma l’instaurazione di una dittatura di diversa forma.


    Io penso che in Siria, con tempi e modi diversi, sia avvenuta una situazione analoga a quella creatasi durante la rivoluzione iraniana. Lo shah corrotto che aveva risucchiato la ricchezza del paese venne cacciato a forza di proteste di massa, a cui parteciparono studenti e intellettuali di città ma anche le masse contadine povere e analfabete. Il tempo “di una notte” e di quella rivoluzione laica e contro il tiranno non rimase più nulla, il potere venne preso dalla teocrazia komeinista.


    Vedo che lei stesso non nega che siano avvenute le prime manifestazioni pacifiche di piazza, semplicemente considera difficile valutare per colpa di chi siano degenerate (repressione del regime o agenti provocatori infiltrati). Lei considera difficile questa valutazione perché non era presente, perché si rifiuta evidentemente di vedere le centinaia di documenti video che lo dimostrano, ma non è per nulla difficile sapere come sia andata, salvo che chi lo dice è da lei tacciato di “diffondere falsità smaccate”.


    Le voglio linkare una serie di video paradigmatici, nel primo la popolazione di Homs del tutto pacifica e seduta a terra protestava, non armata, è stata fatta oggetto di fuoco incrociato dagli apparati di sicurezza del regime.

     

    https://www.youtube.com/watch?v=033dKTwqb1A

    http://www.youtube.com/watch?v=M_GasS8FLKg

    http://www.youtube.com/watch?v=oAhZauA_N2U

    http://www.youtube.com/watch?v=Ag4JRIpPFEE

    http://www.youtube.com/watch?v=N-cP3SRB2ZE

    http://www.youtube.com/watch?v=901FujZRsT0

    http://www.youtube.com/watch?v=XPmw0nvjI5Y

    http://www.youtube.com/watch?v=Ni9Y3-hV-RE

    https://www.youtube.com/watch?v=9r6WIMq8MfA

    https://www.youtube.com/watch?v=LuddHp99w_E

     

    Per lei che ha la sua verità preconcetta questi non saranno fatti ma “falsità smaccate” di SiriaLibano.


    Ho letto che ha parlato di pace e diritti umani, vada a vedere quali altri siti hanno dato così ampio risalto alla società civile siriana, arrestata, torturata o ammazzata dal regime prima ma dagli stessi fondamentalisti poi. SiriaLibano ha denunciato le violazioni del regime ed è stata tra i primi a denunciare le violazioni dell’Isis a Raqqa, forse l’unica vera colpa che gli si può attribuire è di avere dato soprattutto voce a quella società civile che si stava ribellando a una dittatura senza voler finire nelle mani di un’altra dittatura.


    In quei primi mesi di proteste pacifiche represse violentemente dal regime ebbi modo di parlare con elementi del sistema politico siriano, critici verso la risposta di Bashar e degli apparati di sicurezza, ma non sostenitori dell’ondata di protesta.

    Sostenevano che non era possibile chiedere in quel modo le riforme, che il regime non avrebbe ceduto, e che il “pentolone” siriano sarebbe esploso, dicevano “noi sappiamo che il regime non cederà e questo ci porterà a una guerra civile”, ma nello stesso tempo speravano in risposte concrete dai discorsi del Presidente, speravano che criticasse la mano dura usata dal governatore di Daraa e dagli apparati di sicurezza di Homs, speravano in una pulizia delle “mele marce” per far finta di cambiare mantenendo tutto quasi inalterato.


    I discorsi del Presidente furono vuoti, e la repressione fu sempre più forte.

    All’interno dei circoli alawiti del baath molti lo dicevano “O Assad o bruciamo il paese”. È un dato di fatto che possiamo interpretare in vario modo, ma nelle prime amnistie del giugno 2011 vennero liberati dal carcere di Sednaya, Zarhan Alloush, Hassan Abboud e Abu Mohammad al Jolani (Jabhata al Nusra) mentre venivano arrestati studenti, pacifisti e oppositori che ancora dopo tre anni sono detenuti (o morti) in quelle carceri.

    Possiamo definirlo un errore di strategia o una strategia voluta (ad ognuno le sue analisi, ma i fatti sono questi): “O Assad o bruciamo il paese”; in questo caso mi sento di aggiungere, una strategia riuscita, chi non sta pensando adesso anche nel fronte occidentale che Assad sia il male minore di fronte all’avanzata dell’Isis?


    Ma l’Isis e l’avanzata dell’estremismo in Siria è una conseguenza del vaso di Pandora fatto scoppiare dalla violenta repressione del regime prima e poi dal sostegno dei paesi del Golfo all’elemento più estremo ed estraneo alla società civile siriana.


    La propaganda diffusa in Italia dai sostenitori del regime, raccontano la Siria pre 2011 come un paese paragonabile alla Svizzera, dove c’era cibo per tutti e dove tutti amavano il loro Presidente. Nessuno dei siti che legge le verrà a raccontare che dal 2007 le carestie abbattutesi sul paese e le sconsiderate politiche economiche della cricca al potere avevano messo in ginocchio la maggioranza della popolazione contadina, povera, emarginata, che non accedeva a quelle risorse della "bella" Siria di facciata che il turista poteva assaporare.

    Quelle masse di contadini abbandonati i loro campi vivevano nelle periferie delle città, altri avevano cercato fortuna in Arabia Saudita, molti di loro erano quelli che si radunavano nella moschea il venerdì per poi andare a protestare, altri sono quelli arruolati tra le file dell’Isis con i soldi sauditi.


    È facile per chi non conosce la realtà descrivere la Siria come un bianco (prima) e un nero (dopo), solo chi ha la presunzione di sapere può parlare di elezioni senza mai aver visto con i propri occhi cosa sono le elezioni in Siria. Sei un dipendente pubblico, un insegnante... ti vengono a prendere in ufficio e si va a votare, ma nella cabina non sei da solo oppure la scheda la devi consegnare aperta. Chi non ha il dito con il segno dell’inchiostro (dopo la votazione) rischia di perdere il lavoro.


    Quando nel 2005 vennero applicate le sanzioni contro la Siria da parte degli Stati Uniti vennero organizzate manifestazioni “spontanee” a Damasco, anche io venni prelevato amichevolmente dal mio ufficio, mi venne data una bandiera con la faccia del Presidente e venni portato assieme ad altri alla manifestazione. Queste sono le manifestazioni di popolo e spontanee dei siriani verso il rais… c’ero anche io, naturalmente spontaneamente!



  • (---.---.---.109) 12 giugno 2014 21:48

    (di Alberto Savioli/2)


    Lei parla a proposito delle recenti elezioni siriane di metodo democratico, diritto di autodeterminazione dei popoli, ma come fa a tacere del fatto che 6 milioni e mezzo di sfollati non han potuto votare. Lle metto dei numeri di seguito, i conti li può fare anche lei in quanto la matematica non è un’opinione:

    la SANA disse che c’erano 15.845.575 di possibili votanti alle elezioni. La popolazione totale del paese è di 22.538.256, se sottraiamo i minori di 18 anni (9.123.700) fa 13.414.556. Volendo essere onesti andrebbero sottratti anche i votanti tra i 6.500.000 di sfollati che non avranno possibilità di votare, circa 3.000.000 di persone... si arriva a 10.414.556. Si aggiungano anche i siriani all’estero che han potuto votare, la cifra della SANA eccede di 5.000.000…

     

    Lei sostiene, penso, che la Siria sia preda di un attacco imperialista da parte di Francia e Stati Uniti, per sostituire il laico Assad con al qaeda? Ma lo sa quante aziende compartecipate francesi e americane c’erano in Siria prima del 2011? Lo sa che nell’estrazione e nella raffinazione del petrolio siriano e del gas ci eravamo dentro tutti, americani, francesi, canadesi, croati (oltrechè cinesi, russi e iraniani), a che pro far cadere questi business in cambio di nulla?

    Da una parte gli americani condannavano Assad posto nell’asse del male, ma sottobanco ci facevano affari.


    E la stessa cosa faceva il “laico” Assad. È assodato il fatto che nel periodo precedente al 2011, il regime di Asad era esperto nel manipolare e dirigere le energie dei jihadisti sunniti per il proprio scopo, in particolare tra il 2004 e il 2007 in chiave anti americana in Iraq. Lo stesso ex ambasciatore siriano in Iraq ha ammesso il fatto.

    Il regime di Asad ha anche creato un gruppo islamico fantoccio in Libano, Fath al Islam, per promuovere il suo obiettivo di destabilizzare il Paese dopo che le truppe siriane erano state espulse nel 2005.


    Sulla posizione di USA e paesi europei possiamo essere entrambi critici ma per motivi diversi, lei dice che non si sono adoperati per una mediazione pacifica del conflitto, forse lo pensa invece della Russia che ha riempito di armi il regime di Assad e aveva fatto avanzare una nave da guerra al largo delle coste siriane, o dell’Iran che con il generale Suleimani e i suoi basej ha risollevato le sorti del regime, o dei “pacifisti di Hezbollah”. 


    Naturalmente solo lei vede del laicismo nel regime degli ayatollah iraniani e di Hezbollah e nella loro ingerenza negli affari siriani, non vede un attacco imperialista. Ma non era lei a parlare di autodeterminazione dei popoli?


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