mercoledì 4 novembre 2009 - Doriana Goracci

Tristi saluti dall’Italia caro Claude Levi-Strauss

Era morto tra sabato e domenica, come conviene a chi sceglie la giornata per concludere la vita e forse sorridendo, lievemente. Bastava far passare ancora una trentina di giorni e avremmo dovuto scrivere 101, questi gli anni che avrebbe compiuto il 28 novembre, se non avesse deciso diversamente, il signor Claude Levi-Strauss. Sono certa che l’ha voluta lui la fine, era ancora troppo lucido e giovane, per non sapere che poteva, poteva tutto, anche chiudere o aprire un nuovo giorno. Avevamo odiato e amato certe morti nel fine settimana, prima di quelle rituali del 2 novembre 2009 all’italiana, con la riscoperta post mortem della sana Alda Merini per la poesia e la folle Diana Blefari per la rivendicazione brigatista-rivoluzionaria, ma di questo Signore dei tristi tropici, affabulatore dolcissimo di storie vere e primitive, centenario su terraferma e isole non famose, se ne è avuta notizia dalla Francia solo poche ore fa.

Cominciò la sua ricerca nel campo a San Paolo del Brasile, nel 1935, l’indagine sull’altro da sé. Ma tra un armistizio, una guerra e una persecuzione, inventa con altri suoi pari amici ricercatori, una sorta di università-in-esilio, École Libre des Hautes Études, oggi Ecole des hautes etudes en sciences sociales , che ha deciso di dirci a posteriori di questo addio e bene ha fatto.

Tristi Tropici inizia così: “Odio i viaggi e gli esploratori”… Poi più in là: “viaggi, scrigni magici pieni di promesse fantastiche, non offrirete più intatti i vostri tesori” e poco dopo “ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità”. E per finire…: “ed ecco davanti a me il cerchio chiuso: meno le culture umane erano in grado di comunicare fra loro, e quindi di corrompersi a vicenda, meno i loro rispettivi emissari potevano accorgersi della ricchezza e del significato di quelle differenze. In fin dei conti, sono prigioniero di un’alternativa: o viaggiatore antico, messo di fronte a un prodigioso spettacolo di cui quasi tutto gli sfuggiva – peggio ancora, gli ispirava scherno e disgusto – o viaggiatore moderno, in cerca di vestigia di una realtà scomparsa. Nell’un caso e nell’altro, sono sempre in perdita, e più che non sembri: poiché, io che mi rammarico di trovarmi davanti a delle ombre, potrei forse comprendere il vero spettacolo che prende forma in quell’istante, o il mio grado di umanità manca ancora della sensibilità necessaria? Fra qualche secolo, in questo stesso luogo, un altro esploratore altrettanto disperato, piangerà la sparizione di ciò che avrei potuto vedere e che mi è sfuggito. Vittima di una doppia incapacità, tutto quel che vedo mi ferisce, e senza tregua mi rimprovero di non guardare abbastanza“.

Mai mi sembrarono così tristi e così non lontani i tropici che non ho guardato abbastanza, al punto da non vedere dove mettevo i piedi e rimanevo a vedere, sparire ed è sfuggita, la carezza tra “fragili e falliti”, famigliare, tra parenti. Grazie per avercelo ricordato, come conviene a chi non viaggia ma vive,per sempre.

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