sabato 9 gennaio 2010 - Doriana Goracci

Rosarno e la Rognetta degli schiavi africani in rivolta

"Hanno ammazzato un negro di merda", questo era il titolo che provocatoriamente dava la notizia dell’omicidio di Ibrahim M’Bodi, da 8 anni in Italia, a Biella, a firma di Marco Sansoè: “Ibrahim era nella tipica condizione di chi cerca lavoro e cambia lavori che restano precari. Da qualche mese lavorava per un artigiano edile, affittava, per vivere, uno spazio di proprietà dell’imprenditore. Uno di quei padroni che gli osservatori economici considerano la spina dorsale del nostro apparato produttivo! Quelli che assumono in nero e sempre a termine, quelli nelle cui imprese lavorano prevalentemente migranti, quelli nelle cui imprese accadono molti incidenti sul lavoro, quelli che evadono sempre le tasse, uno di quelli che spesso non rispetta i patti. Una di quelle figure economiche dell’Italia dell’oggi e del domani ha ucciso Ibrahim con nove coltellate e l’ha gettato in un fosso nelle risaie vercellesi, per nasconderlo e per dimenticarlo. L’ha ucciso perché chiedeva di essere pagato. A lavoro terminato, non lo pagava da mesi, chiedeva ciò che gli spettava. Ma il padrone è padrone e ha messo fine alle richieste insistenti del migrante senegalese. Chissà se uccidendolo gli gridava “negro di merda!”…”
 
Questo accadeva e accade al Nord e al Sud. A maggio venivano arrestati 3 imprenditori agricoli per associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, induzione della prostituzione ed estorsione, a Rosarno: “Li destinavano al lavoro di braccianti agricoli in condizioni disumane con ogni condizione climatica per nove-dieci ore di seguito al giorno senza alcun dispositivo di protezione, li percuotevano in caso di rallentamento nel ritmo di raccolta degli agrumi e li obbligavano ad accettare un salario giornaliero pari a 23,00 euro, cifra di molto inferiore rispetto alla normale retribuzione giornaliera spettante ai braccianti”.
 

 
La cronaca riporta quella calabrese, oggi, di Rosarno… io l’ho letta su Indymedia Calabria: “Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e rovesciati sull’asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. E’ il bilancio di un pomeriggio di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la protesta di alcune centinaia di extracomunitari, lavoratori dell’agricoltura, accampati in condizioni disumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un’altra struttura abbandonata. Risale a maggio dello scorso anno l’arresto di tre imprenditori, sempre a Rosarno, per “riduzione in schiavitù” di alcuni immigrati. A dicembre del 2008, invece, un episodio simile a quello di oggi: due giovani a bordo di un’auto spararono alcuni colpi di pistola contro due ragazzi africani di ritorno dai campi. Anche in qual caso gli extracomunitari reagirono con una violenta protesta.
 
A fare scoppiare la rivolta è stato il ferimento con un’arma ad aria compressa, da parte di un gruppo di sconosciuti, di alcuni cittadini extracomunitari. I feriti – tra i quali c’è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno – non destano particolari preoccupazioni, ma la volontà di reagire che covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura in condizioni ai limiti del sopportabile (e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell’Ex Opera Sila) non ci ha messo molto ad esplodere. Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari in larga parte provenienti dall’Africa hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali: dalle auto – in qualche caso anche con persone a bordo – alle abitazioni, ai cassonetti dell’immondizia. A nulla è valso l’intervento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, schierati di fronte ai più agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo. In serata sono arrivati i rinforzi e si è tentata una trattativa per far rientrare la protesta. Anche la popolazione ha reagito e, in queste ore, alcuni giovani di Rosarno, circa un centinaio, stanno seguendo l’evolversi della situazione ad alcuni metri dalle forze dell’ordine. Sul posto tutti i dirigenti dei commissariati di Pubblica sicurezza e delle compagnie di carabinieri della Piana. Tra Rosarno, l’ex fabbrica in disuso, e Gioia Tauro, sono circa 1.500 gli extracomunitari che lavorano come manodopera nell’agricoltura”.
 
Un commento, proveniente da Terre Libere, racconta anche questo: ”Dormono in tubi di metallo, vivono in ex fabbriche abbandonate, sono diventati l’occasione per progetti fumosi e strampalati, lavorano per pochi soldi in condizioni durissime. E soprattutto non ne possono più di sopportare la violenza gratuita di mafiosi e balordi. La polizia ha effettuato alcuni arresti. Ci sarebbero feriti italiani, oltre ai due ragazzi stranieri colpiti con fucili ad aria compressa. In contrada Spartimento, nei pressi dell`ex Opera Sila di Gioia Tauro che ospita centinaia di raccoglitori di arance, due africani sono stati feriti con un fucile ad aria compressa nel pomeriggio. Uno di loro è un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno. Le condizioni delle persone ferite portate nell’ospedale di Gioia Tauro non sarebbero gravi. A seguito dell’episodio alcune centinaia di africani hanno iniziato a protestare bruciando dei copertoni. Stessa reazione, appena si è diffusa la notizia dei ferimenti, c’è stata nell’ex fabbrica Rognetta di Rosarno. Più tardi, in serata, sono state danneggiate diverse auto nella cittadina della Piana. Dopo l’arrivo dei rinforzi di polizia e carabinieri, si è cercata una mediazione. La trattativa si è svolta in un clima di grande tensione. Gli abitanti di Rosarno avevano inveito contro gli immigrati mentre questi, nel loro tragitto, danneggiavano tutto ciò che incontravano sulla loro strada. Tra Rosarno e Gioia Tauro ci sono almeno 1.500 immigrati che lavorano nella raccolta delle arance. Gli africani vivono in due strutture abbandonate, la Rognetta nel centro di Rosarno e l’ex Opera Sila nei pressi di Gioia Tauro. Sono l’ultimo anello di un sistema malato, segnato da sfruttamento e leggi razziste. Una filiera mafiosa che penalizza i lavoratori, un sistema di regole che impedisce loro di vivere in maniera dignitosa. Nel corso degli anni sono sempre stati vittime di atti di violenza. L’anno scorso hanno detto basta, dopo il ferimento di due di loro. Sembrava fosse chiara la determinazione della comunità africana a non accettare ulteriori atti di violenza nei loro confronti. Ed invece, è accaduto ancora una volta”.
 

 
Nel passaggio tra la fine e l’inizio del nuovo anno, scrivevo che mi mancavano gli auguri scomodi di Tonino Bello, di come se la passano quegli africani, regolari, che sono sistemati al Ferrhotel di Bari, di certe cene in solidarietà per fargli avere acqua e luce… roba da carità cristiana…?
 
Rosarno passa alla cronaca per ben altro oggi e campeggia tragicamente su Wikipedia il brano di Ferdinando Nunziante introduttivo: «Dalla terrazza di Largo Bellavista, ove sorge il Monumento ai Caduti, si gode uno splendido panorama: “lo sguardo abbraccia tutta la conca circoscritta dal capo Vaticano ad Aspromonte ed al Monte Sant’Elia. Olivi, vigne, profumati aranceti verdeggiano sino alla bianca fascia della spiaggia in mezzo alla quale si scorge S. Ferdinando, lambito dal mare. E all’estremo orizzonte, magnifico sfondo al mirabile quadro, le isole Eolie raggruppate intorno a Stromboli e la Sicilia con l’Etna che non abbandona d’inverno il suo candido manto di neve. Pochi paesaggi, specialmente la sera verso il tramonto, quando il sole va a nascondersi dietro alle isole ed il cielo arrossa di bagliori di porpora e d’oro, son più belli e suggestivi!»
 
Rosarno dichiara 15.885 abitanti e da un rapporto di Medici Senza Frontiere “ospita più di 5000 immigrati, 23 diverse nazionalità, tra extra-comunitari e comunitari, che ne fanno la terza zona d’Italia ad alta densità di stranieri in rapporto alla popolazione residente, dopo Napoli e Foggia”. Nel 2004 il Presidente della Repubblica la eleva al titolo di Città su proposta del Ministro dell’Interno: “Il suo territorio (di cui 120 ettari sono parte del Piano Regolatore predisposto dall’ASI – Area Sviluppo Industriale – per gli insediamenti industriali) è la porta di ingresso terrestre (ferroviaria ed autostradale) al porto di Gioia Tauro ed alle aree destinate agli insediamenti produttivi”.
 
Questa mattina un’ascoltatrice di Prima Pagina, si chiedeva se saranno loro, gli schiavi clandestini, a liberarci dalla Mafia, che se volete gli date un’altra connotazione campanilistica alla parola, che non ci manca l’Offerta di ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra corona unita raccontata dal Cantastorie.
 
Talvolta gli schiavi si ribellano, l’Apartheid come quello israeliano e il molto più noto afro americano, combina a volte anche di questi scherzi, rendendo incivile la rivolta, la città, gli abitanti. La Produzione combina anche di questi incidenti di percorso, una vera e propria Rognetta, era sugli schermi a dicembre del 2008.
 
Diamo da mangiare agrumi ai nostri figli, contengono tante vitamine che proteggono da certe malattie spaventose… e magari a ritmo di una tarantella che fa colore in tanto buio come La bampa di lu focu cantata da Otello Profazio, a Rosarno.
 

 

«Ci furono tempi felici in cui si poteva scegliere liberamente: meglio morti che schiavi, meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. E ci furono tempi infami in cui intellettuali rincretiniti hanno dichiarato che la vita è il sommo dei beni. Oggi sono arrivati i tempi terribili in cui ogni giorno si dimostra che la morte dà inizio al suo governo del terrore esattamente quando la vita è diventata il sommo bene; che chi preferisce vivere in ginocchio, muore in ginocchio; che nessuno può essere ucciso più facilmente di uno schiavo. Noi viventi dobbiamo imparare che non si può nemmeno vivere in ginocchio, che non si diventa immortali se si corre dietro alla vita, e che, se non si vuole più morire per nulla, si muore nonostante non si sia fatto nulla».
 
 

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1 réactions


  • Doriana Goracci Doriana Goracci (---.---.---.24) 9 gennaio 2020 08:12

    a distanza di 10 anni: Una vasta operazione dei carabinieri di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura di Palmi, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di numerose persone ritenute responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. L’inchiesta ha colpito una rete di caporali, composta da cittadini extracomunitari di origine centrafricana all’epoca dei fatti domiciliati nella baraccopoli di San Ferdinando e a Rosarno, i quali, in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative del settore della raccolta e della vendita di agrumi nella Piana di Gioia Tauro, erano dediti alle attività di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di braccianti agricoli extracomunitari, a anche al favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di donne africane.
    Erano costretti a lavorare 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza alcuna protezione individuale, a 2-3 euro l’ora i braccianti extracomunitari sfruttati dalla rete di caporali, anch’essi extracomunitari, con la complicità di imprenditori agricoli operanti nel settore della raccolta e vendita di agrumi nella piana di Gioia Tauro, sgominata stamani dai carabinieri con il coordinamento della Procura di Palmi. Un’operazione che,
    per la prima volta, è scaturita dalla denuncia di un migrante che ha trovato la forza di denunciare i suoi sfruttatori. Complessivamente i carabinieri, in esecuzione di un’ordinanza del gip, hanno arrestato venti persone - 13 in carcere e 7 ai domiciliari - e notificato 9 tra obblighi di dimora, divieti di dimora e obbligo di presentazione alla pg. Tra gli arrestati figurano 13 caporali 7 imprenditori agricoli ai domiciliari, oltre ad altri 2 con obbligo di dimora, 1 con divieto di dimora e 1 con obbligo di presentazione alla pg.Ansa http://www.ansa.it/calabria/notizie/2020/01/08/migranti-sfruttamento-lavoro-nero-e-prostituzione-arresti_b2afc6d3-bffb-4176-ab27-666a75a564e5.html


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