giovedì 17 dicembre 2009 - Doriana Goracci

Gli operai ancora in piazza

Sono storie? Storie sbagliate? Storie in direzione ostinata e contraria, statene certi.

 
 

 

 

Per anni sono finite le manifestazioni a Piazza Venezia, per anni abbiamo fatto presidi a Largo Chigi, dove ci hanno contati e chiesto quale numero era stato previsto nella richiesta alla questura, lì confinati in un angolo come pecore dietro un recinto, per anni siamo andati in scarse decine sotto il Senato in un budello che portava a Piazza Navona, dove altri cortei sono finiti. Passeggiate pacifiche e non violente,sia mai, che non toccavano via del Corso, lo struscìo.

Il video arrivato in Rete, porta un’ altra manifestazione. Manganellate al corteo Alcoa: UNA VERGOGNA! con questo commento: 2 Roma. Corteo dei lavoratori sardi caricato dalla polizia. Blocco del traffico in via del Corso dove avviene il primo contatto con la polizia fino all’ angolo con la Rinascente. Qui manganellate violente e una testata da parte dei poliziotti. Tutti poi di nuovo in corteo verso il ministero del lavoro; a rischio infatti 2000 posti di lavoro per un debito dell’ Alcoa nei confronti dello stato di circa 400 milioni di euro”.

Intanto “i dipendenti sardi del colosso multinazionale dell’alluminio Alcoa hanno occupato lo stabilimento di Portovesme in Sardegna dopo l’annuncio della sospensione delle attività di fusione. Tolto il blocco ai cancelli dello stabilimento, ma alcuni operai decidono di trascorrere la notte in fabbrica. Tre di loro che si trovano da giorni in cima ai serbatoi dell’acqua, ad una altezza di 60 metri, continuano la loro protesta. Alcoa, secondo quanto riferito dal sindacato, avrebbe deciso la chiusura degli stabilimenti italiani come reazione alla decisione della Ue che ha chiesto la restituzione di aiuti di stato indebitamente ricevuti per 270 milioni di euro.

Un’assemblea carica di tensione, quella che prosegue per tutta la giornata, mentre altri operai, fuori turno in quel momento, giungono alla spicciolata per partecipare alla protesta. “Siamo disperati – spiega un operaio – non e’ giusto che i primi a pagare il prezzo della crisi siano sempre gli operai. Dopo la chiusura dell’Eurallumina, che ha fatto perdere 1.500 posti di lavoro, ora sono a rischio altri 2.000 posti, tra i 1.000 di questa fabbrica e i 1.000 dei servizi dell’indotto, il che significherebbe mettere in ginocchio l’intera economia del nostro territorio, costringendo alla fame migliaia di famiglie”. In serata una prima schiarita. Direzione dell’Alcoa e sindacati firmano un documento con il quale l’azienda è vincolata per due settimane a non mettere in campo alcuna azione che comprometta l’attività dell’impianto”.

Da CagliariAbbiamo occupato lo stabilimento con tutti i dirigenti all’interno; la dichiarazione di chiusura dell’Alcoa prevista per il primo dicembre va eliminata altrimenti non rilasceremo i dirigenti e non sbloccheremo l’occupazione”. Queste le affermazioni nell’mms inviato a c6.tv dagli operai del colosso Usa dell’alluminio in seguito alla chiusura degli impianti italiani. A rischio ci sono duemila posti di lavoro. I lavoratori di Portovesme decidono così di bloccare l’azienda”.

Ci si sposta a Pregnano Milanese per una giornata in solidarietà con i lavoratori di Agile (ex Eutelia).

SOS Fornace partecipa alla giornata di solidarietà e mobilitazione a fianco dei lavoratori in lotta di Agile (ex-Eutelia), che la scorsa settimana hanno occupato lo stabilimento di Pregnana per protestare contro gli oltre 200 esuberi annunciati (su 400 occupati). Intanto a Roma una squadraccia di vigilantes privati capitanata dal sedicente imprenditore Samuele Landi, ex amministratore delegato di Eutelia e attuale proprietario, ha fatto irruzione nella sede occupata dai lavoratori per stroncare la vertenza.

Di fronte a questa gravissima provocazione di stampo chiaramente fascista ai danni dei lavoratori, riteniamo urgente una mobilitazione in difesa dei beni comuni contro gli speculatori a banchetto sul nostro territorio.”

Le ultime notizie sono queste: “Procedura di Cassa Integrazione Ordinaria, finalizzata al riequilibrio momentaneo del numero degli addetti”. Lo ha comunicato Eutelia, precisando che la decisione tiene anche conto “dell’occupazione di alcune sedi aziendali da parte di dipendenti in agitazione di società del Gruppo Omega”.

Mentre si balla sulla Crisi e la Ripresa, le morti suicidio-omicidio transmutate in Fatti e privatizzazioni della notizia, la stampa europea dice che è un accordo di basso profilo quello che riguarda due sconosciuti che dirigeranno la nuova Ue.

Enrico Piovesana, qualche informazione l’ha raccolta, e la raccolgo anche io: ”Il Bilderberg Club dietro la nomina di Van Rompuy a presidente Ue. Designato a una cena segreta del gruppo tenutasi il 12 novembre nel Castello di Hertoginnedal, alle porte di Bruxelles. La decisione di nominare presidente permanete della nuova Unione europea disegnata dal Trattato di Lisbona il premier belga Herman Van Rompuy – membro del partito dei Cristiani UnioDemocratici Fiamminghi e appassionato di poesia giapponese – è stata presa la sera del 12 novembre in una cena a porte chiuse nel Castello di Hertoginnedal, alle porte di Bruxelles.

A organizzare la cena, cui ha parteciapto lo stesso Van Rompuy, il famoso Bilderberg Club: il piu potente, riservato e discusso organo decisionale privato del mondo che dal 1954 riunisce i vertici politici, finanziari, industriali, militari e mediatici dei paesi occidentali. Secondo la indiscrezioni apparse sulla stampa belga, in particolare sul quotidiano De Tijd (poi riprese anche dal Times di Londra), durante la cena il futuro presidente europeo ha dichiarato che una volta in carica si sarebbe fatto promotore di una tassa europea.

Proprio nel Castello di Hertoginnedal, di proprieta della famiglia reale belga e in passato sede di un antico priorato religioso femminile, nel 1956 si tennero i primi negoziati per la creazione della Cee e dell’Euratom, embrioni dell’odierna Unione europea. Van Rompuy, nonostante il suo apparente basso profilo, è da tempo un
frequentatore sia del Bilderberg Club che della Commissione Trilaterale, altro potente organismo sovranazionale fondato e presieduto da David Rockefeller”.

Nel calcio Ue non va meglio: “Quindici persone sono state arrestate in quattro paesi europei nell’ambito di un’inchiesta su un giro di scommesse illegali legato a una serie di partire di calcio in Europa, che sarebbero state truccate. Lo ha reso noto la Procura di Bochum nel corso di una conferenza stampa. I paesi in cui sono stati eseguiti gli arresti sono la Germania, l’Austria, la Svizzera e la Gran Bretagna. Le autorità sospettano che circa 200 partite sono state truccate in nove paesi Ue (oltre 30 solo in Germania). Ci sarebbero anche tre incontri di Champions League“.

Sono storie? Storie sbagliate? Storie in direzione ostinata e contraria, statene certi.

 

 

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Agostino Iacurci

 


1 réactions


  • Renzo Riva Renzo Riva (---.---.---.223) 18 dicembre 2009 19:46
    Comunicato inviato ieri al Messaggero Veneto

    Fame d’energia
    La vicenda della multinazionale dell’alluminio Alcoa che due mesi fa aveva inviato lettere per la sospensione della produzione negli stabilimenti di Portovesme - Cagliari e di Fusine a Marghera-VE - un totale di 1000 lavoratori addetti - ha riportato al dibattito pubblico la fragilità del sistema elettrico nazionale che ha ingabbiato da più di vent’anni l’edizione di un PEN (Piano Energetico Nazionale) che doveva dare risposte ai bisogni delle imprese e delle famiglie italiane che pagano quasi il doppio le bollette dei consumi elettrici.
    Oggi s’aggiunge a livello locale la voce del capitano d’industria del Gruppo Pittini, il Cav. Andrea, con le sue dichiarazioni rese domenica scorsa in serata durante una trasmissione televisiva locale.
    L’autorità europea ha bollato l’accordo Governo (Scajola)-Alcoa-Enel, che prevedeva forniture d’energia elettrica a 30 Euri al MWh in luogo di 68 Euri al MWh che era l’ultimo prezzo pagato in terra italiana nel mese d’Ottobre 2009, per violazione delle norme per la concorrenza.
    Il Cav. Pittini dal canto suo lamenta, dopo 9 anni di farraginosi piani di carte affastellate, di essere ancora al palo nella sua richiesta di costruzione dell’elettrodotto che gli consentirebbe di acquistare l’energia elettrica da paesi comunitari a prezzi concorrenziali; paventava altresì che l’unica risposta a questo stato di cose è una chiusura dell’attività in tempi ravvicinati.
    Il sottoscritto responsabile Energia e Ambiente del Nuovo PSI del F-VG da troppi anni voce solitaria nel denunciare i danni conseguenti del caro energia: mancata competitività, delocalizzazioni, conseguente disoccupazione dichiara che non si può più continuare nelle forme surretizie di aiuti impropri alle aziende che in luogo di produrre ricchezza invece la depauperano.
    Pertanto auspica decisioni rapide per il ritorno al nucleare civile (la Svezia si è rimangiata l’uscita dal nucleare (11 reattori) entro il 2010 con una decisione del parlamento) anche in Italia e nelle more degli incomprimibili tempi del suo ritorno una politica delle interconnessioni che possano permettere l’importazione a prezzi che il "mercato dirigistico" italiano non riesce a praticare.
    Ultima considerazione sull’auspicabile accettazione da parte delle autorità preposte del progetto "pompaggio" di Edipower per la centrale di Somplago di cui si tratterà a parte in una prossima comunicazione.
    Renzo Riva
    Nuovo PSI F-VG
    Energia e Ambiente
     
     
     
     
    Da LIBERO mercoledì 2 dicembre 2009 pagina 31
    Gli operai di Alcoa salvi con le nostre bollette
    di Sandro Iacometti
    Col posto di lavoro non si scherza. Quando poi in ballo ce ne sono 2mila, come nel caso dello stabilimento Alcoa di Portovesme, la faccenda diventa ancora più complicata. Bene dunque ha fatto il governo, di fronte alla decisione del colosso Usa di avviare la procedura per la cassa integrazione, a scendere in campo e a prendere in mano la trattativa.
    Detto questo, qualcuno dovrebbe spiegare con esattezza quale sia la vera posta in gioco. E quali siano i costi sociali di una possibile soluzione della vertenza. Perché se è importante garantire i posti di lavoro, lo è altrettanto sapere chi paga. A maggior ragione in questo caso, dove la crisi non c’entra e il rischio è che a sborsare i quattrini siano direttamente tutti gli italiani, attraverso la bolletta della luce.
    Ma andiamo con ordine. La lavorazione dell’alluminio richiede una grande quantità di energia. Per questo l’Alcoa nel 1995 aveva concluso un contatto con l’Enel che gli permetteva di usufruire di elettricità a tariffe fisse per i successivi dieci anni. Alla scadenza del contratto, però, l’azienda ha continuato lo stesso a beneficiare di tariffe privilegiate. Solo che invece dell’azienda elettrica i costi sono finiti sulle spalle degli utenti. Gli sconti sulle forniture di energia sono infatti finanziati da un meccanismo di incentivi pubblici studiati appositamente per le cosiddette aziende “energivore”.
    Chi paga? Noi. Il peso degli incentivi viene infatti scaricato in bolletta sotto la voce misteriosa che risponde al nome di “oneri di sistema” e che è la principale responsabile dell’aumento continuo del prezzo dell’elettricità, anche quando il petrolio scende.
    Nel dettaglio, quando andate alla Posta a pagare il bollettino, solo il 65,8% è il costo della fornitura in senso stretto. Per il resto, il 13,2% riguarda i costi di trasporto, distribuzione e misure, il 13,7% sono imposte e il 7,3% sono i famigerati oneri generali di sistema. All’interno dell’ultima componente, oltre alle spese per la manutenzione della rete, per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, per i cosiddetti Cip6 (incentivi a chi utilizza fonti rinnovabili, ma ancora distribuiti a pioggia anche ad imprese che utilizzano solo il greggio), per lo smantellamento delle centrali nucleari (anche ora che stiamo riandando verso l’atomo), ci sono anche i soldi che finiscono alle industrie che consumano molta energia come l’Alcoa. La multinazionale americana non è l’unica, intendiamoci. Nel calderone ci sono circa 140 aziende energivore (con consumi pari al 13% del totale) tra cui grandi nomi come Thyssen, Riva, Lucchini. Ma l’Alcoa fa la parte del leone, con una quota di incentivi del 30% circa sul totale. Per essere più precisi, nel 2007 le agevolazioni concesse a queste società hanno pesato sulle nostre bollette per 570 milioni. Poco più di 200 sono finiti in tasca all’Alcoa. Considerato che lo stesso, euro più euro meno, accade ogni anno, è facile calcolare che dal 2006 al 2009 gli italiani hanno regalato alla multinazionale dell’alluminio qualcosa come 8-900 milioni di euro. E la cifra potrebbe essere ancora più alta, visto che la stessa Alcoa dichiara che senza incentivi pubblici perde circa 8 milioni di euro al mese.
    È su questi soldi e non su altro che si è innescata la vertenza in Sardegna e in Veneto (stabilimento di Fusina). La Commissione europea, oltre a chiedere una restituzione parziale degli incentivi (circa 270 milioni), ha infatti detto basta al sistema delle agevolazioni. Di qui la minaccia dell’Alcoa di chiudere tutto, sostenendo che il prezzo dell’elettricità in Italia è troppo alto. Verissimo. Tutti sanno che a causa della scelta dissennata sul no al nucleare e alla conseguente dipendenza dall’estero per le fonti, l’energia in Italia costa più che in Europa.
    Questo non significa che per adeguare i prezzi alla media Ue si debbano gonfiare le bollette degli utenti. Così come non si spiega perché mai l’Alcoa da noi voglia pagare 28 euro a megawattora mentre in Spagna ne paga 39. Ma la cosa importante da capire è cosa succederà in futuro. Il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola avrebbe individuato due strade. Una riguarda la possibilità per l’Alcoa di acquistare energia anche all’estero a prezzi più competitivi (interconnector), l’altra è una rimodulazione degli sconti ai cosiddetti interrompibili (aziende che accettano di essere scollegate dalla rete quando il sistema lo richiede). Difficile dire come si chiuderà la partita, ma la sensazione è che le mani finiranno di nuovo nelle nostre tasche.

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