martedì 9 marzo 2021 - Osservatorio Globalizzazione

Yemen, si riaccende la guerra dimenticata del Medio Oriente

Nelle ultime settimane nello Yemen abbiamo assistito ad una forte offensiva delle forze ribelli Houthi. 

Le forze antigovernative stanno marciando senza sosta verso il governatorato di Marib, provincia ricca di gas e petrolio con l’obiettivo di soggiogare l’intero territorio e poter occupare l’omonima capitale. Secondo quanto dichiarato da Arab News le forze houthi che hanno circondato la capitale sono ormai a circa 10 km dalla periferia della capitale Marib.

L’esito dei primi scontri a fuoco tra i ribelli e le forze governative dell’Irg (internationally-recognized government) sta arridendo alle forze di Ansar Allah, le quali dopo aver posto in stato di assedio la prigione di Marib si sono assicurati la liberazione dei ribelli incarcerati. Come riporta il centro studi Jamestown la provincia del Marib è considerata strategica per gli interessi di tutte le forze in gioco in terra yemenita. L’eventuale occupazione di Marib sarebbe un duro colpo per il Presidente Abdrabbuh Mansur Hadi alfiere delle mire egemoniche ed imperialiste dell’Arabia Saudita, nonché unico interlocutore ufficiale per la comunità internazionale.

Nonostante le pesanti diffamazioni di Hadi sugli houthi accusati di terrorismo e codardia, gli eventi recenti ci mostrano come la presa di Marib possa causare nel futuro prossimo uno stravolgimento degli equilibri e dei ruoli nel piccolo paese della penisola arabica. E anche oltreoceano dopo l’insediamento dell’amministrazione Biden sia l’Irg che l’Arabia Saudita godono di scarso consenso. Le posizioni bellicose di Riyad, nei confronti degli houthi per voce del ministro degli esteri saudita da lui definiti disprezzanti per i luoghi di culto e i soli responsabili dello spargimento di sangue in Yemen, non trova supporto a Washington. La politica Usa in Medio Oriente con Biden è cambiata.

I legami storici di amicizia e cooperazione tra la Casa Bianca e l’Arabia Saudita dopo la pubblicazione dell’intelligence del dossier MBS-Khashoggi ha forse portato le relazioni tra i due paesi ai livelli antecedenti alla II guerra mondiale. Di fatti, solo nel giorno di San Valentino del 1945 a bordo del cruiser USS Quincy l’allora Presidente americano Franklin D. Roosevelt pattuì un accordo poi diventato provvidenziale nei rapporti geostrategici americani in Medio Oriente con il capostipite della dinastia Saud, Abd al-Aziz. L’accordo tra Roosevelt e Saud prevedeva la protezione americana dei sauditi in cambio di una corsia preferenziale per l’accesso alle immense ricchezze petrolifere del paese arabo. A distanza di 76 anni con la fermezza di Biden rispetto al suo predecessore Trump la musica sembra cambiata. La dimostrazione del ribaltamento della storica alleanza la troviamo nella dichiarazione ufficiale rilasciata alla stampa dal neopresidente il 4 febbraio con cui lasciava intendere che Washington avrebbe ridimensionato il proprio sostegno a Riyad nello Yemen, insistendo piuttosto per una soluzione politica da realizzare nei più brevi tempi possibili.

L’amministrazione Biden ha anche annullato la designazione all’ultimo minuto degli Houthi come organizzazione terroristica straniera (FTO) da parte dell’amministrazione Trump (Arab News, 13 febbraio). Ergo, queste misure assieme all’obiettivo dell’amministrazione Biden di riavviare i negoziati con l’Iran sul suo programma nucleare, hanno incoraggiato la politica militare degli Houthi supportati nella regione da Teheran. Tuttavia, la conquista di Marib è lungi dall’essere compiuta a causa del forte squilibrio tra le parti in conflitto. Se è vero che gli houthi muovendosi in piccoli blocchi risultano per l’Irg e l’Arabia Saudita dei bersagli difficili da colpire, l’impiego della Royal Saudi Air Force (RSAF) ha finora impedito ai ribelli l’accelerata verso Marib costringendoli a spostarsi quasi a mo’ di trincea. Anche la geografia del territorio non aiuta, poiché la distesa pianeggiante del Marib rende più vulnerabile il tracciamento delle forze ribelli ai radar dell’RSAF al punto che le perdite subite dagli eredi dell’ideologo del movimento d’insorgenza antigovernativa Husayn Badr al.Din al.Huthi cominciano ad essere pesanti. Alla scarsità di militari esperti sostituiti negli ultimi tempi da giovani privi di un addestramento efficiente per affrontare i più preparati e meglio attrezzati sauditi si accompagna una crisi economica che ha svuotato le casse houthi. Le prossime settimane saranno cruciali per lo Yemen e il destino della sua popolazione vittima delle ingerenze esterne di despoti e uomini di potere.

Foto: Felton Davis/Flickr




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