venerdì 6 novembre 2020 - Osservatorio Globalizzazione

Viaggio al termine della democrazia – Intervista con il Professore Nikos Marantzidis

Nikos Marantzidis è docente presso l’Università della Macedonia (PAMAK) a Salonicco nel dipartimento di studi Balcanici, Orientali e Slavi. E’ uno scienziato politico specializzato in storia europea contemporanea. In seguito alla dissoluzione del partito neo-nazista “Alba Dorata” (Χρυσή Αυγή) ci ha concesso un’intervista per parlare della situazione politica ellenica e lo stato della sua democrazia.

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Il processo ad Alba Dorata è durato cinque anni. In seguito alla condanna del leader Nikos Michaloliakos e i suoi affiliati, il partito neo nazista è dissolto poiché opera come un’organizzazione criminale. Come è arrivata la Grecia ad avere neo-nazisti nel Parlamento Ellenico?

La crisi del 2009, il memorandum che ne è seguito, la recessione che l’ha accompagnato e la sensazione in gran parte della società greca che il paese fosse governato da una élite politica corrotta, incompetente e asservita ai creditori, hanno portato al crollo del bipartitismo che aveva dominato la scena politica greca per circa 30 anni. Nelle elezioni del maggio 2012 tutto è sprofondato. Il sistema partitico consolidato è stato scavalcato dai neo nati partiti anti-sistema o anti-establishment

Alba Dorata (AD) si è mossa in queste nuove acque. Ha intercettato voti da elettori di estrema destra emancipati nel frattempo dal centrodestra tradizionale. Il partito neo-nazista ha raggiunto la percentuale più alta (9,39%) alle elezioni europee del 2014, cioè quando Pavlos Fyssas era già stato assassinato, l’identità criminale del partito era ormai nota persino al più ignorante dei cittadini. 536mila persone votarono per Alba Dorata in quelle elezioni. Si può stimare che questo rappresenti più o meno il numero complessivo di coloro che vi hanno aderito alle elezioni nazionali dal 2012 al 2019. Nelle elezioni nazionali il numero massimo di voti ricevuti è stato di 440mila (6,97%) nel maggio 2012.

La base elettorale di Alba Dorata era inizialmente costituita da nostalgici della monarchia e attivisti dalla tradizionale estrema destra. A questi si aggiunsero cittadini ridotti in povertà delle zone popolari di Atene, Pireo e Salonicco. La crisi del 2009, la povertà, la disoccupazione e l’immigrazione hanno portato l’estrema destra alle urne con un profilo che ricorda molto quello dell’elettorato dell’estrema destra europea. È il caso del voto ad Alba Dorata nella circoscrizione B del Pireo (12,25% nel 2014) o nel degradato centro di Atene (10,38% in tutta la circoscrizione A di Atene, con un picco molto più alto nei quartieri popolari come Kypseli, eccetera).

Nel 2013 Mr. Babis Papadimitriou, corrispondente per SKAI TV e il quotidiano Kathimerini, chiese ad un candidato di Syriza: “Se il Vostro partito cerca un voto di fiducia dal partito comunista, perché la Nuova Democrazia di Samaras non dovrebbe cercare il supporto di Alba Dorata?”..

 

Mentre nel dibattito pubblico dei media Europei i movimenti di estrema destra sono stigmatizzati, in Grecia sono stati spesso trattati come un partito politico convenzionale, nonostante le loro procedure anti-democratiche. La Grecia ha vissuto una recente Guerra Civile e successivamente una giunta militare. E’ possibile che una buona parte del popolo Greco nutra sentimenti di nostalgia verso regimi autoritari?

La richiesta di autoritarismo e di una forte leadership in Grecia è effettivamente aumentata durante gli anni della crisi. In una fetta della società greca, si è consolidata la sensazione che il parlamento fosse incompetente o, addirittura, luogo di corruzione. Questa percezione ha dato vita a due tendenze: una autoritaria (“abbiamo bisogno di un leader forte che non abbia paura degli europei e del FMI) e una di democrazia diretta (“il popolo dovrebbe prendere le proprie decisioni“).

In verità la stragrande maggioranza della società greca mai ha diffidato radicalmente né del parlamento né della democrazia rappresentativa in generale. I risultati di AD, nonostante il rumore e lo shock che hanno causato, erano caratterizzati dalle abituali percentuali dell’estrema destra in Grecia, ovvero circa il 6-7%.

Il giornalista Greco Dimitris Deliolanes ha dichiarato al canale nazionale Rai2 che il problema più grave della Grecia fu che “La Guerra Civile diede vita a quella che probabilmente rappresenta la peggiore borghesia d’Europa, composta di ex collaborazionisti dei Nazisti, banditi, speculatori. Queste persone grazie al sentimento di anticomunismo sono state rivalutate e hanno sostituito la vecchia borghesia Costantinopolitana, la classe dirigente che c’era prima della Seconda Guerra Mondiale. Loro sono la maledizione di questo paese e coloro i quali attualmente governano la Grecia”. Lei condivide questa analisi? Può spiegarci come la Guerra Civile ha influenzato lo sviluppo della Grecia come paese Occidentale?

 

Non so se fosse la peggiore classe borghese d’Europa, e dubito che qualcuno possa saperlo. Dopo tutto, cosa vuole dire migliore o peggiore per una categoria analitica come la classe sociale? Attribuire caratteristiche antropomorfiche a tali categorie sociali è un modo infelice per analizzare la realtà.

La guerra civile ha influenzato lo sviluppo del Paese su molti livelli. Ha configurato istituzioni politiche deboli, ha legittimato l’intervento dell’esercito e del trono nella vita politica, ha indebolito il parlamento, ha marginalizzato una parte della società greca (comunisti e sinistra in generale) con un meccanismo tipico dell’apartheid.

Ma per quanto accaduto tra gli anni 2009-2019, la guerra civile ha un valore limitato. Questo può essere facilmente compreso se si considera che tra gli anni 2012-2019, partiti che erano schierati agli antipodi durante la guerra civile, hanno governato in coalizioni (PASOK, ND e LAOS nel 2011-2012), (PASOK-ND-DIMAR 2012-2015), (SYRIZA-ANEL 2015-2019). Quindi la guerra civile come categoria analitica di interpretazione degli sviluppi attuali ha un impatto limitato.

Nel 2011 Valéry Giscard d’Estaing dichiarò in un’intervista al giornale francese Le Monde: “Quando colonnelli persero il potere, misi subito a disposizione di Konstantinos Caramanlis un aereo diretto in Grecia per presidere il nuovo governo. La decisione di includere la Grecia nella Comunità Economica Europea (CEE) era un segnale politico. Dovevamo aiutare il Paese in seguito alla dittatura (…) molti dei miei colleghi erano dubbiosi: il paese era disorganizzato, la sua democrazia fragile e non condivideva alcuna frontiera con altri Stati Membri”. Entrare nella CEE è stata la decisione giusta in seguito ad un periodo storico instabile? Come ha influenzato la credibilità politica della Grecia?

Non solo è stata la decisione giusta, ma si può dire sia stata la decisione più giusta presa da un governo greco dalla caduta della giunta militare in poi. Grazie all’entrata nell’UE, la Grecia ha rafforzato la sua democrazia, migliorato il funzionamento delle istituzioni, sviluppato le infrastrutture e in larga misura raggiunto una grande crescita economica fino al 2009 e oltre.

La parziale europeizzazione della vita politica greca e delle istituzioni politiche del Paese, ha permesso alla democrazia di resistere anche alle condizioni più difficili che indubbiamente furono quelle degli anni 2009-2015. In poche parole, la Grecia senza l’Unione europea oggi sarebbe in una situazione molto peggiore. Isolata e più povera, con infrastrutture peggiori e disoccupazione più alta.

Nel 2012 sempre Giscard in un’intervista con Helmut Schmidt dichiarò (https://www.spiegel.de/international/europe/spiegel-interview-with-helmut-schmidt-and-valery-giscard-d-estaing-a-855127.html) al giornale Tedesco Der Spiegel: “Per essere completamente sinceri, fu un errore accettare la Grecia la quale semplicemente non era pronta. La Grecia è fondamentalmente un paese Orientale”. C’è una verità in questa dichiarazione su come la Grecia è percepita dagli altri Stati Europei?

Non vi è dubbio che la Grecia fosse notevolmente indietro nella sua economia, così come nelle sue infrastrutture e nel proprio quadro istituzionale. La decisione di aderire alla CEE alla fine degli anni ’70 fu una decisione politica così come molti anni dopo la decisione di adesione della Grecia all’euro.

Ma non erano forse la nascita stessa della CEE e dell’unione monetaria decisioni politiche? Questo si è visto soprattutto nelle fragilità strutturali dell’euro quando l’UE ha dovuto affrontare la crisi del 2008 ei problemi in paesi come Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo e Italia. Non esistono decisioni totalmente tecnocratiche in politica. Non prendiamoci in giro quindi, la Grecia è parte integrante dell’identità e del patrimonio europeo. L’adesione all’UE e all’euro erano le uniche opzioni che il paese aveva per garantire il funzionamento delle istituzioni democratiche, stabilità e prosperità.

Nel 2015 il popolo Greco è stato chiamato alle urne per esprimersi sul Referendum Consultivo in cui l’OXI (NO) al 61.32% respingeva fermamente le misure economiche proposte dalla Trojka. Il giorno successivo tuttavia Alexis Tsipras dovette accettare le famigerate misure. Questo “Trauma Democratico” come ha influenzato la fiducia dei cittadini nella democrazia rappresentativa e nella politica?

La Waterloo dell’opinione pubblica è stata sicuramente il terzo Memorandum. La sconfitta è stata assordante. Mai dalla caduta del regime dittatoriale in poi l’opinione pubblica ha sentito così rapidamente una tale discrepanza tra aspettative e risultato. Questa sconfitta ha provocato la ricomparsa di sentimenti come rabbia e frustrazione, in particolare il secondo.

Ciò che è accaduto con il referendum e con la sottoscrizione del terzo memorandum ha costituito indubbiamente un “trauma democratico” e ha alimentato un cinismo che caratterizza la cultura politica nel nostro Paese negli ultimi anni, cioè dopo il terzo memorandum. Questo cinismo si traduce nell’allontanamento dei cittadini dalla politica ed è associato alla mancanza di fiducia nelle istituzioni, la rinuncia alla partecipazione pubblica, diffidenza verso la capacità del governo e delle élite nell’interpretare i bisogni della società e dei cittadini, e alla impossibilità di esprimersi o influenzare le faccende politiche. Il cinismo politico indica apatia, indifferenza, mancanza di motivazione da parte dei cittadini, ma anche inefficienza, corruzione, bassezza della classe politica.

L’opinione pubblica è dominata da un senso di ineluttabilità. Non si crede che qualcosa possa cambiare in meglio, e quindi il costo della partecipazione democratica non ha senso perché è grande e non porta alcun vantaggio. Frasi che sentiamo spesso accompagnare il luogo comune del “non esiste democrazia oggi” sono: “Sono tutti uguali“, “niente può migliorare“, “Cosa ti aspetti, in Grecia vivi. Niente cambia“. Man mano che cresce il cinismo politico, aumenta la distanza tra cittadini e istituzioni politiche e, di conseguenza, il rischio di delegittimazione delle istituzioni democratiche.

La terza Repubblica Ellenica ha visto un’alternanza sistematica di governi di sinistra e destra. Principalmente Nuova Democrazia e PASOK prima, Nuova Democrazia e SYRIZA oggi. In seguito a due gravi crisi nell’ultimo decennio e considerati i vincoli stringenti alle politiche economiche nel contesto europeo, pensa che sia un’alternanza sostenibile per delle coerenti misure economiche?

Sostengo da anni che il bipartitismo, e nello specifico il bipartitismo greco polarizzato, sia un sistema completamente inadeguato per dare vita alle riforme necessarie e al consenso di cui il paese ha bisogno. Abbiamo bisogno di alleanze di maggioranza al governo (diciamo grandi coalizioni) e governi di coalizione in generale, e allo stesso tempo di un sistema proporzionale, affinché differenze di tre o quattro punti percentuali non costituiscano terremoti elettorali.

In altre parole, dobbiamo sdrammatizzare le elezioni e limitarne l’importanza. Se dipendesse da me sceglierei un sistema decentralizzato come quello svizzero con molte istituzioni democratiche dirette ma anche con un sistema proporzionale per l’elezione dei rappresentanti in parlamento.

In generale direi che oggigiorno, il bipartitismo, tutti i tipi di bipartitismo, sembrano residui fossili di altre epoche. Il perché nel nostro paese riescano a costituisce oggi un grande dibattito. Parte di questa responsabilità ricade sui sistemi elettorali che insistono nel riciclare argomentazioni tipiche della Guerra Fredda per inserirle nel nuovo contesto politico

Durante la Crisi del debito sovrano europeo il Professore Yanis Varoufakis fece riferimento ad una “Kosovizazione della Grecia” come “La convergenza della periferia dell’Eurozona allo stato attuale dell’economia sociale del Kosovo. Il Kosovo è un protettorato dell’UE, dove le decisioni principali (privatizzazioni, politiche energetiche, sicurezza) sono prese dai funzionari di Bruxelles. L’euro è la valuta del paese (ma ovviamente nessun Kosovaro ha ruoli decisionali di politica monetaria), il governo locale è monopolizzato da una cleptocrazia e, tragicamente, la disoccupazione giovanile è così alta che la più grande esportazione del paese sono i giovani”. La Grecia riuscirà a costruire la sua propria sovranità democratica?

Esagerazioni! Ovviamente capisco che uno tenda a drammatizzare le situazioni quando la sua strategia da ministro delle finanze è completamente fallita ed è stato diffidato dal suo stesso partito.

Non c’è nulla di strano o di così imprevedibile in ciò che la Grecia ha vissuto in quegli anni. Chiunque potesse leggere correttamente le correlazioni europee nel 2009-2015 comprenderebbe che il memorandum del 2010 era quanto di meglio il paese potesse avere in quelle circostanze. Lo ripeto, in quelle circostanze.

Infatti, essendo un membro dell’euro, la Grecia, come qualsiasi altro paese, trasferisce la sua sovranità. Su questo però dobbiamo essere d’accordo su una cosa. Noi che sosteniamo una maggiore intensificazione della struttura europea e, come il sottoscritto, una futura federazione europea, comprendiamo questa dimensione. Il problema non è lì.

Il problema sta nelle politiche che l’UE adotterà nel prossimo futuro per ridurre le disuguaglianze Nord-Sud. Si tratta ovviamente di una questione difficile e complessa.

Alcuni paesi appartenenti all’aerea balcanica sono in stato di negoziazione per l’entrata nell’UE, la recente Repubblica di Macedonia del Nord (ex FYROM), Albania, Serbia, Montenegro… La città in cui lei insegna, Salonicco, è considerata la capitale Greca dei balcani. Pensa che la Grecia potrebbe avere un ruolo di guida con alcuni di questi paesi all’interno dell’UE, oppure entreranno semplicemente nella lista di paesi periferici senza alcun potere decisionale?

A causa della crisi, la Grecia ha perso agilità e prestigio non solo nei Balcani ma su tutte le linee. Mentre fino al 2009-2010 la Grecia era il punto di riferimento per tutti i Balcani come “il vicino di successo“, la crisi ha completamente cambiato l’idea che i balcanici avevano sulla Grecia e persino quella sull’Europa. Inoltre, poiché la Grecia aveva questioni aperte come quella della Macedonia fino al 2019, non poteva seriamente affermare di poter svolgere un ruolo di primo piano nella regione.

L’accordo storico del 2019, noto come “Accordo di Prespa”, rappresenta un grande passo in avanti affinché la Grecia possa riconquistare gradualmente un ruolo di rilievo nella regione. Questo ruolo non può che essere di cooperazione e ovviamente non neocoloniale, né può implicare un potere militare o di altro tipo. La Grecia può contribuire alla promozione dei Balcani occidentali all’interno delle istituzioni europee e al miglioramento dell’economia e della democrazia dei popoli vicini.

Molte cose però devono cambiare in Grecia. L’economia del nostro paese deve innanzitutto velocizzarsi. Purtroppo la pandemia ha fatto tornare indietro molte cose. Sono comunque moderatamente ottimista sul fatto che la Grecia sia in grado di svolgere di nuovo un ruolo centrale nella regione.

Professore Marantzidis per concludere, un ultimo commento sullo stato della Democrazia Greca e alcune prospettive per il futuro prossimo.

Non credo alle previsioni più di quanto non creda agli auspici. Ma oserei dire che il Paese rimarrà per tanti anni membro dell’UE, nonostante le sue “peculiarità“. Continuerà cioè ad essere una democrazia liberale con istituzioni deboli che dipenderanno in gran parte dai vari governi in carica. Se dovessi indicare due problemi cardinali che dobbiamo affrontare nell’immediato: la qualità dell’informazione e la qualità dell’istruzione.

Versione in greco dell’intervista / Versione in inglese

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