Via il crocifissio dalle aule. Quanto è in salita la strada per la democrazia

Ieri
Sia il TAR del Veneto che il Consiglio di Stato avevano respinto l’istanza della cittadina, mettendosi sotto i piedi l’intoccabile principio della laicità dello Stato.
Eroicamente la signora Lautsi, senza l’appoggio di alcun partito, si è rivolta alla Corte Europea che le ha dato (ovviamente) ragione.
In una società multietnica e multireligiosa, dove l’identità religiosa è spesso all’origine di conflitti sanguinosi, come quelli tra musulmani ed ebrei, o ricorda il fiancheggiamento dei cristiani ai crimini del colonialismo, esporre simboli religiosi cristiani in luoghi pubblici, significa gettare benzina al fuoco e radicalizzare la propria identità religiosa, cosa di cui veramente non si sente il bisogno.
La motivazione della “tradizione cattolica degli italiani” non è sufficiente e mette in difficoltà i molti atei, oltre ai frequentatori di tribunali, ospedali, delle più svariate fedi religiose.
Nulla vieta di esibire tutti i simboli religiosi che si vogliono esporre nei luoghi di culto preposti e nessuno si sogna di impedire questa libertà.
Sarebbe anche ovvio chiedere a Strasburgo, sempre in nome della laicità dello Stato, di vietare la raccolta dell’8 per mille a favore del Vaticano “a cura di uffici statali”, e la soppressione dell’ora di religione.
E speriamo che queste rivendicazioni, di ordinaria democrazia, non nascano da un singolo cittadino, ma da un movimento che si rende conto che in Italia la competizione elettorale è profondamente falsata dal peso e dalla influenza della Chiesa, che ha sempre portato le sue pecorelle a votare per la destra, usando a questo fine non solo i soldi pubblici, ma tutte le “opere di carità” ospedali compresi, dove ogni giorno di ogni anno si fa campagna elettorale, in combutta con i “fratelli” di “Comunione e liberazione”, che non disdegnano di fare affari e al tempo stesso portare i cristiani in politica.