lunedì 4 aprile 2016 - marina bontempelli

Venezia: trionfo al Teatro Malibran per la prima assoluta de ”Il Ritorno dei Chironomidi” di Giovanni Mancuso

L’opera, proposta nell’ambito del progetto “il Malibran dei piccoli”, si rivela una produzione interessante e pronta per un pubblico adulto

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Giovanni Mancuso accanto alla locandina dell’opera

E’ davvero consolatorio pensare che il nostro Teatro, pur in quest’epoca di budgets ridotti all’osso, commissioni e metta in scena un’opera; ed è ancora più consolante pensare che una rappresentazione teatrale di musica contemporanea venga accolta dal pubblico veneziano con tale attenzione da far sì che in città se ne parli per giorni. E’ successo con “Il Ritorno dei Chironomidi”, “opera entomo-apocalittica a lieto fine” del compositore veneziano Giovanni Mancuso. E’ un lavoro nel quale si legge tutto l’amore del compositore, che è anche autore del libretto, per risvegliare la consapevolezza in una società vittima della corruzione, di imbonitori televisivi che ottundono le coscienze e del consumismo quale droga di compensazione. Attraverso il suo personalissimo linguaggio di gioia, semplicità e divertimento Mancuso non dimentica nemmeno le preoccupazioni che affliggono la città lagunare con un accenno allo scottante problema delle grandi navi. I chironomidi, insetti simili alle zanzare ma che non pungono, a causa dell’alto livello di eutrofizzazione della laguna, all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso si moltiplicarono in quantità abnorme infestando a lungo la città, ma nell’opera di Mancuso saranno invece proprio loro a liberare gli abitanti di Zakazik dal dittatore e dai suoi servi, che si dimostrano anche più solerti di lui. La musica di Mancuso risente fortemente delle sue esperienze: vi si possono riconoscere jazz, sperimentazione, improvvisazione, inesorabile attrazione per la sofisticatezza ritmica, nonché un omaggio a Frank Zappa. E’ sul palcoscenico che si trova il “ Chironomids Outerspace Group” del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia diretto dal compositore stesso. I personaggi sono uno spaccato di varia umanità e disumanità che si esprime in un “melting pot” di lingue, dialetti e “calembours”.

Per quanto riguarda il cast è difficile isolare singole presenze e se tutti hanno riscosso un franco successo, tuttavia, ha spiccato per carisma e vocalità Nicholas Isherwood nel ruolo di Boo-oo. Punto assoluto di forza è Francesco Bellotto che pensa la regia come un “assalto al palcoscenico” che “i cattivi” non riusciranno ad espugnare mentre la scena si svolge tra la platea, un praticabile e i palchi ed è in questa dimensione scenica che lo spettatore, complice il suggestivo e trascinante gioco di luci di Fabio Barettin, si trova nella scatola magica, vale a dire nell’ultimo teatro di Zakazik, che il dittatore vuole trasformare nell’ennesimo “ventre commerciale” di “questo mondo di mer….ce”. A creare quest’atmosfera delirante contribuiscono le scene di Serena Rocco, i costumi divertenti e stupefacenti di Carlos Tieppo e l’attenta regia del suono a cura di Giovanni Dinello e Giacomo Sartori. Suggestive le videoproiezioni e utilissimi i sopratitoli che hanno permesso di apprezzare il sottile, penetrante testo. Inutile dire che si tratta di un’opera politica che ha trovato anche i suoi detrattori, ma non è un’opera di propaganda. E’ il mondo di Mancuso, che è una sorpresa, una rivelazione, e questo mondo si pone nella categoria estetica: i contenuti dell’arte sono e devono essere liberi e il punto d’arrivo è l’opera d’arte.




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