venerdì 19 maggio 2023 - marina bontempelli

Venezia – al Teatro la Fenice Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck

Ottavio Dantone e Pierluigi Pizzi, binomio di gran classe per il nuovo allestimento della Fondazione Teatro La fenice

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Opera che segna un prima e un dopo nella storia del teatro musicale, Orfeo ed Euridice, libretto di Ranieri de’ Calzabigi e musica di Christoph Willibald Gluck è andata in scena al Teatro La Fenice tra il 28 aprile e il 4 maggio dopo ventott’anni di assenza. La versione scelta è la prima, del 1762.

L’occasione per comporre questa “azione (o festa) teatrale” venne offerta dall’onomastico e anniversario dell’incoronazione dell’imperatore Francesco Stefano I d’Asburgo Lorena, ricorrenza che imporrà a questa versione il lieto fine, ossia il ritorno di Euridice dall’Ade.

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Orfeo ed Euridice segna una cesura nella storia del teatro musicale. Quest’azione teatrale fu un esperimento che riformò l’opera prevedendo il ridimensionamento degli eccessi degli spettacoli. La ragione principale fu la politica degli Asburgo che in quegli anni tendeva a realizzare un regime assolutistico-illuminato fondato sui valori della corrispondenza tra uomo e natura. Il compito richiesto al compositore era dunque di non sconfinare nell’interpretazione del contenuto affettivo del testo e men che meno di permettere ai cantanti di esibirsi in narcisistici protagonismi, ma di dar voce al «potenziale fonico-espressivo implicito nella declamazione» (F. Degrada, Il palazzo incantato) così come il balletto di Gasparo Angiolini, coreografo della prima rappresentazione, rispondeva all’intento di liberare l’espressività del semplice gesto.

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La regia è di Pierluigi Pizzi, che avoca a sé anche il ruolo di scenografo e costumista, e li espleta rigorosamente e fedelmente. Pizzi stesso tiene a sottolineare che desidera «…senza rinunciare all’estetica, fare un discorso che tenda all’essenziale a vantaggio della musica». Ed in quest’opera è la musica il centro gravitazionale fino alla fine, quando appare sull’enorme schermo in un lento e progressivo close-up, il nostro Teatro, La Fenice, quale Tempio della Musica. I costumi sono semplici, eleganti ed evocativi. La scena è dominata da un poderoso video wall a led che immerge fascinosamente lo spettatore nell’ambiente della vicenda mitologica dei due innamorati. La storia si svolge in un fluire di musica, luci ed ombre calibrate e studiate da Massimo Gasparon e nei parchi movimenti coreografici da Marco Berriel.

Tre i personaggi della vicenda, tutti impersonati da voci di donne. Il mezzosoprano Cecilia Molinari è Orfeo. Voce e presenza scenica ricche di sfumature delineano il cantore solitario quale giovane innamorato fremente, con una disperata urgenza di vita. Pienamente padrona dei suoi mezzi vocali la Molinari cesella con intelligenza ogni frase in un fraseggio commovente che mai penalizza la pronuncia. Appropriata Mary Bevan, Euridice, dotata di vocalità adatta al ruolo.

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Silvia Frigato, calzini rossi, unico tocco di colore dei costumi, brilla nel ruolo positivo di Amore: senza Amore non può accadere nulla, e la sua voce dal timbro raggiante fa accadere l’impossibile.

Il Coro del Teatro La Fenice (personaggio vero e proprio in quest’opera, quale ideale allusione e attinenza al teatro greco, come osserva Ottavio Dantone), a cura del maestro Alfonso Caiani interviene con gusto e proprietà così come i musici mimi di Asolo Musica.

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A vegliare sulla musica, grande protagonista di questa azione musicale per musica in tre atti, il maestro Ottavio Dantone che dirige l’opera al cembalo per due ragioni «…da una parte perché il suono del cembalo è un timbro essenziale e caratteristico nel colore dell’orchestra del Settecento e poi perché suonando e dirigendo i recitativi potrò respirare insieme ai cantanti e all’orchestra vivendo le stesse emozioni». Tocco di classe.

Successo senza riserve testimoniato dal prolungato applauso del pubblico.

Marina Bontempelli




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