lunedì 14 marzo 2022 - marina bontempelli

Venezia: al Teatro La Fenice Le Baruffe

In prima assoluta Le baruffe di Giorgio Battistelli, Leone d’oro alla carriera alla Biennale Musica 2022 e Premio Abbiati 2018, con la regia Damiano Michieletto

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Nell’ambito della Stagione Lirica e Balletto della Fondazione Teatro La Fenice, è andato in scena a cavallo tra febbraio e marzo Le Baruffe, atto unico ideato da Giorgio Battistelli per celebrare i sessant’anni di Marsilio Editori.

A ispirare il compositore è stata la volontà di concepire qualcosa che riguardasse il territorio nel suo aspetto collettivo, inteso come luogo collegato alla sua stessa voce, il dialetto. Così infatti è il libretto, in dialetto, libero adattamento de Le Baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni, scritto dal compositore stesso con Damiano Michieletto, il regista.

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La scena è essenziale, composta da enormi pallets di legno, mobili, utilizzati per modificare lo spazio in ragione dei luoghi in cui si svolge l’azione, campielli, calli e callette, ma non solo, fatti crollare rumorosamente il loro frastuono dà il La per l’inizio di liti, accapigliamenti e parapiglia nel corso dei quali le tavole divelte si fanno armi contundenti utilizzate in una coreografica Haka (il rituale maori che cerca di impressionare l’avversario) nel corso dei litigi chioggiotti. La scelta dello scenografo Paolo Fantin è di effetto, rende molto bene l’idea del quartiere popolare e della sua vita di relazione e così vale per gli indovinati costumi di Carla Teti, le luci suggestive di Alessandro Carletti e i movimenti coreografici di Thomas Wilhelm.

L’azione scenica, concepita da Damiano Michieletto è montata con ritmo mai banale, senza un indugio o un sospiro di troppo. Sarebbe stato possibile scadere nella parodia, ma la regia di queste baruffe ha un’identità propria per nulla caricaturale che va riconosciuta ancora una volta alle qualità del regista e dei cantanti soprattutto quando, come in questo caso, la scrittura per le voci non è comoda, è tutta a intervalli molto ampi e sul forte.

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A questo proposito, sul versante della musica, qualche ombra. Fermo restando che Giorgio Battistelli scrive con una profonda vena compositiva e lo si riconosce nella parte dell’orchestra, la linea del canto risulta trita, un melologo scomodo per chi canta e già sentito per chi ascolta, sempre sul forte, con scarse sfumature a tratteggiare i personaggi: sempre e comunque salti ampi e dissonanze, ovvero una linea spezzata che sarebbe risultata più interessante qualora avesse comunicato le nuance degli aspetti più peculiari dei vari caratteri.

I cantanti sono stati tutti all’altezza del ruolo ed è difficile isolare singole presenze, ma doveroso ricordare i nomi dei ruoli principali: Alessandro Luongo nel ruolo di padron Toni; Valeria Girardello in quello di madonna Pasqua; Francesca Sorteni (Lucietta); Enrico Casari (Titta-Nane); Marcello Nardis (Beppo); Rocco Cavalluzzi (padron Fortunato); Loriana Castellano (madonna Libera); Francesca Lombardi Mazzulli (Orsetta); Silvia Frigato (Checca); Pietro Di Bianco (padron Vicenzo); Leonardo Cortellazzi (Toffolo) e Federico Longhi (Isidoro). Nei ruoli comprimari del comandador e di Canocchia, rispettivamente Emanuele Pedrini e Safa Korkmaz.

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Impeccabile il coro del Teatro istruito e diretto da Alfonso Caiani.

Il lavoro è stato eseguito con esperta dedizione dall’ orchestra del Teatro. Su tutti, a dirigere, sorvegliare, garantire il dialogo tra buca e palcoscenico, a offrire tutti gli attacchi, con una straordinaria sicurezza in un ambito delicato come la prima assoluta di un’opera contemporanea, il maestro concertatore e direttore Enrico Calesso.

In città c’era molta attesa per quest’opera annunciata da settimane attraverso numerosi articoli sui quotidiani ed è stata accolta con lunghi applausi dedicati ai valorosi interpreti ed agli autori.

Marina Bontempelli




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