lunedì 30 ottobre 2017 - marina bontempelli

Un successo per il Don Giovanni di Mozart che chiude la Stagione della Fenice

Mai fino ad ora il botteghino della Fondazione Teatro La Fenice aveva registrato, per un'opera fuori abbonamento, la cifra record registrata venerdì 13 ottobre 2017 oltrepassando i 120.000 euro netti di incasso.

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IL fascino diabolico di Don Giovanni, e i sentimenti universali espressi da Mozart e Da Ponte attraverso un libretto arguto e simbolico e a scelte musicali raffinatissime, sono di nuovo in scena al Teatro La Fenice nella produzione oramai di repertorio del Teatro.

Fino alla fine di ottobre è possibile assistere all’applauditissimo e pluripremiato allestimento che vinse nel 2011 un Premio Abbiati (per le scene e i costumi) e ben cinque Opera Award assegnati a Damiano Michieletto per la regia, Paolo Fantin per le scene, Carla Teti per i costumi, Alex Esposito per il ruolo di Leporello e all’intero allestimento come miglior spettacolo della stagione 2010, ma a rendere questa produzione un gioiello tutto nuovo è l’attenta e appassionata direzione di Stefano Montanari.

Iniziamo infatti dalla direzione, questa volta, essendo questo l’elemento di spicco di questa ripresa.

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Stefano Montanari, un nome legato con successo e da molto tempo al mondo della musica barocca, affianca all’attività di solista – è stato primo violino concertatore dell’Accademia Bizantina di Ravenna – quella di direttore, e nel teatro lagunare è oramai ospite regolare. Già nell’ottobre 2014 aveva diretto Don Giovanni nella stessa produzione della Fenice, ma riconosco che ascoltarlo risulta ogni volta una esperienza, anzi una scoperta nuova. Montanari si diverte sul podio perché sa e perché sa farlo, conosce così bene la musica che ha preceduto Mozart che può leggere la partitura in filigrana e interpretarla rimanendo fedele alle intenzioni del grande salisburghese. Montanari offre una lettura antiromantica che si scosta opportunamente da quello che si è abituati ascoltare, è libero nel pensiero perché è colto e sensibile, eccentrico al punto giusto e intelligente da sapere che le sue scelte musicali non vanno imposte all’orchestra, ma interiorizzate e condivise. Il suo gesto ampio, il richiamo agli orchestrali ai piano, il cantare con i cantanti offrono a chi ascolta una grande varietà di colori e sfumature. La sua direzione non è istericamente spedita, come talvolta ci è toccato di sentire, ma intensa e viva, perfetta per delineare lo sviluppo degli eventi e delle “donnesche imprese” di quell’infedele dalla natura camaleontica che è Don Giovanni.

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I due cast impegnati hanno contribuito all’efficace esito teatrale. Avendo assistito alle recite di entrambi mi sento di segnalare Adrian Sâmpetrean, baritono impegnato nel ruolo del dissoluto punito, come ottimo dal punto di vista teatrale e interpretativo, ma dotato di una vocalità talvolta rigida soprattutto negli acuti. Sâmpetrean ha cantato il 21 ottobre insieme agli interpreti del secondo cast nel quale primeggia il Don Ottavio di Patrick Grahl, tenore dalla voce morbida e ricca di sfumature che l’affettuosa direzione di Montanari delle sue arie ha saputo ancor più valorizzare. Il resto del cast risulta adeguato all’impegno artistico.

Alla recita del 25 ottobre nel ruolo eponimo ha cantato Alessandro Luongo che ha ben figurato soprattutto nell’ incalzante “Fin c’han del vino” e nella “serenata”. Luongo ha saputo usare i propri mezzi vocali in modo sapiente e controllato, così come Omar Montanari, dotato di una bella voce brunita e timbrata, che tuttavia ci sarebbe piaciuto di più se la regia non avesse impiegato l’espediente della balbuzie per dar corpo ad un Leporello spaventato. Francesca Dotto, Donna Anna, ha cantato con eleganza e decisione, sempre nobilmente partecipe al suo personaggio; Carmela Remigio si è confermata una Donna Elvira veterana, dalla vocalità convincente e Giulia Semenzato , vocalmente vezzosa, ha impiegato una purezza nel suono che tuttavia non risulta mai esile e stimbrato come talvolta capita alle Zerline. Antonio Poli ha interpretato il pallido Don Ottavio con un piacevole timbro tenorile. Perfetto William Corrò nel ruolo di Masetto. Attila Jun è il Commendatore, l’uom di sasso, ma la sua voce tronituante è talvolta instabile indulgendo in un vibrato oscillante.

Compatto il coro del Teatro preparato da Claudio Marino Moretti, ben congegnato il disegno luci di Fabio Barettin. Sempre impeccabili e rigorosamente sulla musica i sopratitoli bilingui dello Studio GR.

Il pubblico non si è risparmiato negli applausi a scena aperta e alla fine dell’opera con molte chiamate.

Marina Bontempelli




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