martedì 3 aprile 2018 - Marco Barone

Un 25 aprile colpito nel suo spirito senza la verità per Giulio Regeni

 
Sul sito della Farnesina alla scheda Egitto, sezione sicurezza, così si legge: "il 3 febbraio 2016 è stato rinvenuto, con evidenti segni di tortura, il corpo senza vita del ricercatore italiano Giulio Regeni scomparso il 25 gennaio al Cairo. In considerazione delle difficoltà riscontrate nel fare piena luce sul caso, il Governo italiano ha disposto l'8 aprile 2016 il richiamo dell'Ambasciatore, poi rientrato in Sede il 14 settembre 2017 in ragione dei progressi nella cooperazione giudiziaria tra i due Paesi, tuttora in corso".
 
Progressi nella cooperazione giudiziaria tra i due Paesi.
Siamo entrati nel terzo anno della non verità e giustizia per Giulio Regeni, e per la terza volta il nostro Paese si appresta a celebrare il giorno più importante che porterà al fondamento della Repubblica, della "democrazia" della sua "libertà", il 25 aprile.
Quando ascolti i racconti dei pochi testimoni ancora viventi di quel periodo di oltre vent'anni che si è accanito sull'Italia, ascolti episodi di vita, di sofferenza, di drammaticità che il nostro mondo ha continuato a conoscere. Si sperava che l'Italia avesse realmente imparato qualcosa di profondo dal suo periodo più nebuloso anzi nefasto della sua storia, iniziato praticamente fin da subito la fine della prima guerra mondiale e terminato, teoricamente, con la morte del nazifascismo.
 
Anche se a dire il vero di episodi tragici, di eventi bui nel Paese ve ne sono stati nel corso della sua storia successiva a quelle pagine nere che ancora oggi si faticano a studiare con oggettività e pienezza nelle nostre scuole, che tutto conoscono dell'Impero Romano quasi nulla della storia del '900, figuriamoci della "guerra di liberazione".
Torture, morti violente, azioni disumane, violazione sistematica dei diritti umani, diventati semplicemente inesistenti, erano la tipicità del nazifascismo. 
 
La negazione dell'essere umano e di ogni umanità era la tipicità del nazifascismo. E' stato già detto con profondo ed immenso dolore ma estrema lucidità che quello che ha subito Giulio forse non accadeva ad un cittadino italiano dai tempi del nazifascismo. 
 
Così mamma Paola in quella conferenza stampa del marzo 2016 al Parlamento: "Forse è dal nazifascismo che noi in Italia non ci troviamo di fronte a una situazione di tortura come quella che è successa a Giulio. Ma lui non andava in guerra. E io, che stimo moltissimo i partigiani, dico che loro lo sapevano a cosa andavano incontro. Invece mio figlio era andato in Egitto per fare ricerca, era un ragazzo contemporaneo, ed è morto sotto tortura. Il suo non è un caso isolato".
 
Celebrare il 25 aprile senza riuscire ad ottenere la verità e la giustizia per Giulio, significa avere un 25 aprile mutilato, perché manca qualcosa. Lo senti, lo capisci, lo percepisci. Perché se il nostro Paese, tramite i suoi Governi, non farà di tutto e di più, per tutelare la dignità di un suo concittadino, massacrato da un Paese con il quale continua a relazionarsi come se niente fosse accaduto, quale l'Egitto, nonostante quanto accaduto e quanto continua ad accadere quasi ogni giorno, tanto che si è detto che Giulio è stato trattato come un vero egiziano, per come massacrato, è un Paese che tramite le sue vesti massime istituzionali tradisce lo spirito del 25 aprile. 
Come si può parlare di libertà, dignità, diritti umani, dei valori della resistenza, quando non si riesce ad ottenere la verità e giustizia per Giulio? O non si fa almeno tutto quello che è umanamente possibile per conseguirla senza piegarsi alla logica della soluzione di comodo?
 
Doveva diventare una questione prioritaria di Stato quella di Giulio. E' diventata, invece, una questione di affare di stato nel senso che gli affari vengono prima di tutto, il resto può essere sacrificato sotto il segno di quella clessidra che inesorabilmente segna e marca quel tempo che non aiuta la ricerca della verità in una Italia spaccata in due.
 
Da un lato che si piega agli affari, dall'altro l'anima ed il cuore del Paese che continua, giorno dopo giorno, da quel 25 gennaio 2016 e 3 febbraio 2016 a pretendere verità e giustizia per Giulio in ogni angolo del proprio spazio vitale, sempre più giallo, dalle campagne alle metropoli. Ed ogni mese, quando arriva il 3 ed il 25, ti fermerai, e penserai che oggi è il 3, oggi è il 25, già.
 
Marco Barone



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