lunedì 11 aprile 2022 - Riccardo Noury - Amnesty International

Ucraina, le nuove prove dei crimini di guerra delle forze russe

L’8 marzo le forze russe sono entrate a Bohdanivka e hanno posizionato i loro veicoli blindati nelle strade.

 

La sera dopo una donna di 46 anni che viveva in un’abitazione col marito, una figlia di 10 anni e la suocera ha sentito degli spari provenienti dalla finestra del piano inferiore. Lei e il marito hanno gridato che erano civili e non avevano armi. Due dei soldati russi entrati in casa hanno spinto i quattro inquilini nel locale caldaia. Il resto lo ha raccontato ai ricercatori di Amnesty International:

“Ci hanno spinti dentro e hanno chiuso la porta. Un minuto dopo l’hanno aperta e hanno chiesto a mio marito se avesse delle sigarette. Lui ha risposto che erano due settimane che non fumava. Allora prima gli hanno sparato al braccio destro, poi alla testa. Non è morto subito: dalle 21.30 alle 4 del mattino dopo respirava ancora anche se non era cosciente. Lo supplicavo, dicendogli: ‘Se mi senti, muovi un dito’ ma non reagiva. Quando ha respirato l’ultima volta mi sono girata verso nostra figlia e le ho detto che il papà era morto”.

Il 3 marzo Kateryna Tkachova, 18 anni, era nella sua abitazione di Vorzel insieme ai suoi genitori quando ha visto arrivare i carri armati russi con la lettera “Z”.

La madre Nataliya e il padre Valeryi hanno lasciato la cantina dove si stavano nascondendo e sono andati in strada, chiedendo a Kateryna di rimanere lì. Lei dopo un po’ ha udito dei colpi d’arma da fuoco. Ecco il racconto di Kateryna:

“Dopo che i carri armati se n’erano andati via, ho scavalcato la recinzione della casa dei vicini per vedere se erano ancora vivi. Mia madre era a terra, sulla schiena, da un lato della strada; mio padre era dall’altro lato, a testa in giù. Si vedevano grandi fori sul suo cappotto. Il giorno dopo sono andata a recuperarli: mio padre aveva sei grandi fori, mia madre uno più piccolo all’altezza del petto”.

I genitori di Kateryna erano in abiti civili e privi di armi. Il 10 marzo un volontario che si occupava delle evacuazioni dalle zone intorno a Kiev ha aiutato la ragazza a lasciare Vorzel. Il volontario ha riferito ad Amnesty International di aver visto i due corpi. In un video validato dall’organizzazione si vedono il volontario e Kateryna scrivere su due pezzi di cartone i nomi dei genitori, la data di nascita e quella di morte e deporli accanto ai corpi, su cui erano state adagiate delle coperte.

Le due testimonianze, raccolte sul campo, sono state estratte da una nuova ricerca di Amnesty International su possibili crimini di guerra da parte delle forze russe nei confronti di civili ucraini.

I ricercatori dell’organizzazione per i diritti umani hanno intervistato oltre 20 persone di città e villaggi nei pressi della capitale Kiev, diverse delle quali avevano assistito, o ne avevano avuto diretta conoscenza, a orribili violenze commesse dalle forze russe contro civili privi di armi: uccisioni deliberate, violenze e intimidazioni.

E stupri: una donna di un villaggio a est di Kiev (non vengono forniti ulteriori particolari su richiesta della persona interessata) ha raccontato che il 9 marzo due soldati russi sono entrati nella sua abitazione, hanno ucciso suo marito e l’hanno stuprata ripetutamente con le armi puntate contro mentre il figlio piccolo era nascosto in un locale caldaia. La madre e il figlio sono riusciti successivamente a scappare.

La nuova ricerca di Amnesty International descrive anche le infernali condizioni di vita sotto l’occupazione russa.

Le persone intervistate hanno raccontato ad Amnesty International di essere rimaste prive di elettricità, acqua e riscaldamento sin dai primi giorni dell’invasione e di aver avuto scarse quantità di cibo a disposizione. La connessione di telefonia mobile era scadente. I soldati russi confiscavano o distruggevano i telefonini o minacciavano di violenza chi volesse usarli.

Un abitante di Hostomel ha raccontato che gli ospiti di un intero dormitorio adibito a rifugio sono stati costretti ad abbandonarlo. Una volta usciti all’aperto, i soldati russi hanno iniziato a sparare costringendoli a rimanere a terra. Due abitanti di Bucha hanno detto che i cecchini aprivano regolarmente il fuoco contro chi andava a recuperare cibo da un negozio che era stato distrutto.

 




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