martedì 11 ottobre 2022 - Osservatorio Globalizzazione

Ucraina, energia, transizione multipolare: dialogo con l’ambasciatore Carnelos

Marco Carnelos è stato a lungo un funzionario d’alto rango nella nostra diplomazia, avente alle spalle venticinque anni nella carriera diplomatica, incarichi in Somalia, Nazioni Unite, Iraq e come consigliere di tre Presidenti del Consiglio in diversi ambiti (Medio Oriente, Terrorismo, Russia, promozione economico-commerciale, attrazione degli investimenti). 

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Ultimo incarico è stato quello di Ambasciatore d’Italia in Iraq. Attualmente è membro del Board dell’ISPI. Con lui discutiamo del caos della geopolitica globale a sette mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina.

Si avvicina l’autunno che segnerà un’inevitabile fase di stallo sul campo in Ucraina. Quali sono i rapporti di forza dopo la controffensiva ucraina?

I rapporti di forza permangono molto incerti. Le forze ucraine hanno riguadagnato terreno ma l’arrivo dell’autunno e dell’inverno potrebbero rallentare le operazioni militari da ambo le parti. Inoltre non è ancora chiaro se e quando vedremo sul terreno l’effetto della mobilitazione parziale disposta da Putin. In sintesi poche luci e moltissime ombre. Sembra una guerra d’attrito destinata a prolungarsi.

In che misura le dinamiche energetiche, sanzionatorie e di guerra economica stanno danneggiando la Russia e in che misura l’Europa?

Sia l’Europa che la Russia sono danneggiate da tutte queste dinamiche. Abbiamo una percezione chiara di quanto sia danneggiata l’Europa dai problemi di approvvigionamento e da quella che si sta sempre più profilando come un’economia di guerra, esperienza che il continente non sperimentava dalla Seconda Guerra Mondiale. Più difficile avere contezza di quanto le sanzioni ed il conflitto stiano danneggiando la Russia dal momento che ci troviamo dinanzi ad un sistema chiuso in cui le notizie filtrano con difficoltà e spesso non sappiamo quanto siano attendibili. La vera posta in gioco – come vado ripetendo da tempo – è capire chi si schianterà prima, noi o la Russia?

Washington come esce da questi primi mesi? L’asse col Regno Unito sta ritrovando vigore?

Gli Stati Uniti hanno certamente i loro problemi, come tutti di questi tempi, ma in questo momento sembrano risentire meno del conflitto, non hanno i problemi di approvvigionamento energetico dell’Europa quindi le loro imprese restano più competitive rispetto alle nostre, il dollaro inoltre si sta apprezzando rispetto a tutte le altre valute. Il problema degli USA è politico è lo vedremo a novembre con le elezioni di medio termine, che potrebbero azzoppare significativamente Biden e la sua agenda. Quanto alla Gran Bretagna, l’asse con Washington sull’Ucraina è fortissimo, ma la politica economica che il neo Premier Liz Truss vuole adottare – di stampo neo-thatcheriano – è agli antipodi da quella promossa dall’Amministrazione Biden. Staremo a vedere.


Di fronte a un Occidente che la assedia, la Russia trova mutati rapporti di forza anche nel suo estero vicino. Tra Azerbaijan-Armenia e Tagikistan-Kirghizistan, possiamo affermare che lo spazio imperiale russo è in crisi?

Lo spazio imperiale russo è sottoposto a forti tensioni ma se queste possano sfociare in un’aperta crisi che ne compromettano il funzionamento è ancora presto per dirlo dobbiamo aspettare ancora alcuni mesi. Stiamo vivendo una transizione epocale ed è inevitabile che i sussulti si avvertano ovunque. Siamo in un periodo di informazione di guerra, infowar, diventa sempre più difficile separare le notizie vere dalle bufale e dalle operazioni propagandistiche, che – sia chiaro – vengono condotte da tutti senza eccezioni. La deontologia del giornalismo è in netta sofferenza, sopraffatta da istinti tribali e da un pensiero binario, eccessivamente manicheo.

Il vertice di Samarcanda in che modo influirà sulle relazioni internazionali? Abbiamo davvero visto una Russia “subordinata” a Cina e India?

Il vertice di Samarcanda denota una linea di tendenza del sistema internazionale in corso da almeno un ventennio ma che si fa fatica ancora a percepire, specialmente in Occidente. La lenta evoluzione dell’ordine mondiale verso configurazioni più multipolari in cui alcune decisioni inerenti il pianeta ed il suo futuro non verranno più prese solo dai soliti noti (USA, NATO, UE, G7) ma da altri consessi che riflettono percezioni diverse su cosa sta accadendo nel mondo e sovente fanno riferimento a valori diversi dai nostri. I BRICS ad esempio, la Shangai Cooperation Organization, etc. 

Quali spiragli diplomatici restano aperti? Erdogan più volte ha provato a mettersi in gioco. Può essere il mediatore nel 2023?

Di spiragli diplomatici purtroppo ne intravedo pochi, spero si tratti di un mio limite e non della realtà. Erdogan ci ha provato e ci sta provando. L’intesa sul grano è un primo successo, parziale, ma importante. Siamo nel paradosso di un Paese membro della NATO che ha certamente un rapporto complesso con la Russia (vedasi la Siria) ma che comunque riscontra a Mosca più fiducia di quanta ne susciti tra i partner dell’Alleanza Atlantica. NATO e UE sono diffidenti verso la Turchia ma si rendono conto – credo con malcelato risentimento – che al momento è uno dei pochi canali di dialogo rimasti aperti, ma è rimasto aperto anche perché Erdogan se ne è infischiato alla grande delle direttive di Bruxelles e, aggiungerei, di Washington. Questa mia considerazione non è certo un viatico, ma solo la constatazione che se si intende svolgere ruolo occorre osare, sfidare certe correnti di pensiero e in questo modo si finisce per scontentare tutti. Insomma di vuole coraggio, al netto di certe politiche di Erdogan che mi trovano in netto disaccordo.

Infine, un’attenzione al ruolo del Vaticano. Papa Francesco era a Nursultan in Kazakistan alla vigilia del vertice di Samarcanda e ha evocato lo spirito di Helsinki per l’Europa. In che misura il Vaticano può essere l’ago della bilancia in futuri dialoghi per la pace?

Papa Francesco ha il carisma, la visione e la lucidità che manca a tanti altri leaders, non è un caso che è oggetto di tanti attacchi anche all’interno della Chiesa. Potrebbe svolgere un ruolo importantissimo ma trova molti, troppi ostacoli, oltre all’età e alla salute. Non puoi impegnarti per migliorare il destino del mondo quando non sai nemmeno di chi puoi veramente fidarti all’interno della tua stessa struttura

 




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