mercoledì 3 settembre 2014 - Aldo Giannuli

Ucraina: attenti che qui rischiamo grosso

Siamo allo showdown della partita ucraina, il momento in cui tutti buttano giù le carte e si vede chi ha il punto più alto. Putin ha deciso di andare giù duro e tagliare ogni esitazione, entra con i carri armati a sostegno della Repubblica del Donetsk. Va da sé che tornare indietro sarebbe molto difficile e potrebbe costargli un crollo di consensi senza pari, sino al punto di doversi dimettere. La Ue, dal canto suo, avendo appena firmato un atto di associazione dell’Ucraina, perderebbe la faccia lasciando mano libera ai russi. Adesso, poi, capiamo il senso della nomina della Mogherini: tanto poi ad esprimere veramente la posizione Ue è Tutsk che già parla di guerra e non confinata alla sola Ucraina. E nessuno si è sentito in dovere di dissentire o almeno rettificare, mentre la Mogherini piange. Si limita a piangere. Ma più di tutti, è la Nato che ha da temere una solenne sconfitta politica se i russi riescono a smembrare l’Ucraina senza colpo ferire: tutti i paesi di recente adesione (Polonia, baltici, Bulgaria, Ungheria e Romania) dedurrebbero che non c’è da fare affidamento sulla Nato nei confronti dei russi.

Certo: l’Ucraina non è un paese Nato e l’alleanza formalmente non sarebbe tenuta ad intervenire per sostenerlo, ma, nei fatti, un mancato intervento suonerebbe come una ritirata per evitare il confronto, con i russi che, a quel punto, potrebbero ritenersi autorizzati a moltiplicare i propri appetiti. E molti richiamano il precedente georgiano del 2008 che sarebbe alla base dell’attuale aggressività russa.

Poco importa quanto queste valutazioni siano fondate, quel che conta è che i partner orientali della Nato ne siano convinti. Dunque, nessuno può fare un passo indietro senza effetti a catena sulla propria credibilità internazionale (e di conseguenza con effetti catastrofici anche all’interno).

Ma come siamo arrivati a questo punto? La questione Ucraina era sul tappeto già da almeno dieci anni, pur lasciando da parte le questioni che portano al momento costitutivo stesso, con la separazione da Mosca nel 1991. Il tacito patto per cui la Russia incassava la separazione di Kiev era quella di una sorta di finlandizzazione del nuovo paese e di garanzie per la popolazione russofona. Diversamente, quei confini, disegnati precedentemente all’interno dell’Urss come partizione amministrativa interna, non avrebbero avuto senso, annettendo a Kiev province che non erano affatto ucraine, ma, a grande maggioranza, russe (come la Crimea e Donetsk). In qualche modo, esse erano il pegno del “non allineamento del nuovo stato.

Invece, a partire dalla “rivoluzione arancione” del 2004, (una “rivoluzione” che ha avuto caratteri di spontaneità, ma che presenta aspetti assai dubbi, per il ruolo coperto delle agenzie informative occidentali), l’Ucraina è andata sempre più scivolando in campo Nato-Ue. Scelta in sé legittima, perché ogni paese deve avere il diritto in ogni momento di riconsiderare la propria collocazione internazionale, ma che comportava fatalmente la divaricazione interna con le province russe ed il peggioramento delle relazioni diplomatiche con la Russia che, per di più, aveva da lamentare i prelievi di gas arbitrati e non pagati dagli ucraini, che abusavano dei loro diritti di transito dei gasdotti verso l’Europa.

Putin aveva già fatto le sue rimostranze a Bush nell’incontro del 4 aprile 2008, avvertendo: “l’Ucraina non è nemmeno uno stato! Che cos’è l’Ucraina? Parte del suo territorio è Europa orientale. Ma l’altra parte, quella più importante, gliela abbiamo data noi!”. E proprio per interrompere i prelievi abusivi di gas ed aggirare la cintura degli “oltranzisti Nato” (come la Polonia) la Russia ha dato mano ai progetti Northstream e Southstream.

Bush, almeno in questo, non fece bestialità e curò sempre di mantenere un rapporto preferenziale con Mosca, anche per evitare che, soprattutto dopo la conclusione del patto di Shangai, essa si riavvicinasse troppo a Pechino. E pertanto assunse una posizione sfumata e di mediazione nel conflitto che covava.

Ma, nel gennaio 2009, arrivava alla Casa bianca Obama (il noto premio Nobel per la pace a futura memoria) che, rovesciando l’impostazione del suo predecessore, decideva di mettere nell’angolo la Russia, tentando maldestramente di agganciare un rapporto preferenziale con Pechino (tentativo poi finito nel nulla), e insieme, altrettanto maldestramente, di distendere i rapporti con il mondo islamico (altro buco nell’acqua) ed, alla fine, di rilanciare la leadership occidentale ricucendo con gli europei.

In particolare, l’amministrazione Obama si gettava nel tentativo di bloccare in tutti i modi il progetto Southstream, riuscendo ad insabbiarlo, e rimettere in discussione le forniture russe alla Ue. Ma, con ciò stesso, ponendo le premesse per il riavvicinamento russo-cinese (magnifico risultato per il premio Nobel per la pace!).

Che tutto questo avrebbe fatto precipitare i rapporti fra Russia ed Ucraina, era nella natura delle cose e non era affatto difficile prevederlo. E diversi analisti lo avevano previsto (scusate l’autocitazione: lo avevo previsto persino io, nel mio piccolo, in “2012: la grande crisi”). Il che significa che bastava analizzare le notizie su fonti aperte per capirlo.

Ma gli americani devono aver pensato che Putin non avrebbe spinto così avanti il gioco e che sarebbero bastate le sanzioni economiche e qualche manovra sul Rublo per indurre l’autocrate del Cremlino a più miti consigli. Il che significa due cose: primo che gli americani hanno una fiducia sconfinata nella capacità di mantenere l’ordine mondiale attraverso i soli meccanismi finanziari, secondo, che non hanno capito niente della natura del regime russo e delle caratteristiche psicologiche personali di Putin.

Di fatto, ora siamo in questo cul de sac, che si fa? A quanto pare, la Nato sta allestendo una forza di intervento rapido di 4.000 uomini super addestrati e super armati per contrastare l’avanzata russa. Non mi pare una mossa particolarmente geniale: 4.000 uomini, per quanto “speciali” ed armati, non mi sembra che siano in grado di alterare i rapporti di forza in campo, tenuto conto che i russi non ci metterebbero niente a spedirne altri venti o trentamila, prima ancora che la Fir della Nato tocchi terreno. A meno che non si pensi all’uso di armi non convenzionali. Ma, allora, saremmo ad un passo dalla guerra aperta e totale. Ma non crediamo che nessuno (o forse il solo Tutsk) pensi a questo. E qui già si pone una domanda: se i russi travolgono la Fir e fanno tagliatelle degli ucraini, che succede? La scelta sarebbe solo quella fra la guerra aperta o incassare una sconfitta sul campo che avrebbe effetti molto peggiori di un non intervento adesso.

E dunque va presa in considerazione l’idea di accettare la guerra aperta con la Russia, con tutti i rischi, anche nucleari, che questo comporta.

Non sono un pacifista ad oltranza, di quelli alla “pace di Monaco”, per intenderci, e penso che certi pacifismi portino solo a guerre peggiori, come, appunto, accadde nel 1939. Putin non mi sta affatto simpatico e dò un giudizio negativissimo del suo regime: ammetto che ci siano questioni di principio, per le quali non ci si può sottrarre anche ad un conflitto armato. Ma è proprio questa la situazione in cui rischiare una guerra per questioni di principio? E quali sarebbero? Il rispetto del diritto internazionale? Dopo i precedenti dell’Iraq, Afghanistan, Kossovo, Libia…? Non mi pare il caso di toccare questo tasto. Certo il gesto di Putin va condannato perché è il primo che, dall’esterno, mette mano alle armi e spinge verso una guerra internazionale. Però va anche detto che il governo di Kiev, che ospita fra i suoi sostenitori quei gentiluomini di Pravy Sektor, responsabili della strage di Odessa (troppo presto dimenticata), non ha mai offerto alcun margine di trattativa sulla questione ed i suoi sostenitori esterni (Nato, Ue, Usa) non hanno mai cercato di aprire un discorso anche solo per offrire a Putin una onorevole via di uscita. Soprattutto, nessuno ha mai preso in considerazione l’idea che se l’Ucraina avesse voluto cambiare collocazione internazionale, doveva accettare di ridiscutere i suoi confini che erano stati fissati sulla base di una sua diversa collocazione internazionale. E la cosa andava trattata.

Tutto è stato condotto all’insegna del più rozzo oltranzismo.
Soprattutto, a nessuno è mai venuto in testa di consultare le popolazioni interessate, in omaggio al principio dell’autodeterminazione dei popoli. Posso capire che il referendum con il quale la Repubblica di Donetsk si è autolegittimata susciti molti dubbi e perplessità, va bene, ma allora si poteva riproporre un referendum sotto controllo Onu.

Né sta scritto da nessuna parte che gli attuali confini statali debbano essere immutabili sino alla fine dei secoli. E perché mai?

Ed allora, di quali ragioni di principio si parla?
La verità è che questioni di principio che giustifichino una guerra (e quale guerra!) non ce ne sono. Si tratta di mere valutazioni politiche, per di più… sbagliate. Ma di questo parliamo domani.



6 réactions


  • (---.---.---.251) 4 settembre 2014 11:13

    Dunque: dopo un colpo di stato "spontaneo" gli ucraini mettono al governo dei neonazisti.
    Primo provvedimento del nuovo governo: divieto di bilinguismo russo/ucraino.
    La Russia giustamente interviene per aiutare
    a) Le zone russe (da sempre, come la Crimea) che per motivi burocratici sono state accorpate all’Ucraina da qualche decennio
    b) Le migliaia di russofoni che nel nuovo regime ucraino rischierebbero grosso

    E noi dovremmo fare la guerra ALLA RUSSIA????


  • paolo (---.---.---.22) 4 settembre 2014 16:05

    Concordo con @251 , se l’Europa segue i piani scellerati degli USA(NATO ) finiamo tutti in un mare di guai . Nemmeno io ho simpatie per Putin (tra l’altro amico di Silvio ) ma ,al netto della propaganda occidentale eterodiretta da Obama , la Russia ha ragioni al 100% e chi ci rimetterebbe sono proprio i paesi UE , Italia in primis .
    Propongo il ritiro del premio Nobel per la pace ad Obama ; è stato uno scippo.


  • (---.---.---.176) 5 settembre 2014 02:53

    Le ragioni per cui gli USA considerano Putin un nemico (mentre consideravano un grande amico Boris Etsin) possono essere abbastanza comprensibili. Fino ad un certo punto almeno, visto che Obama nello stesso anno del suo insediamento, il 2009, lanciò un programma di distensione dei rapporti USA-Russia proprio con Putin. Poi la politica estera degli Stati Uniti su questo dossier come su altri ha compiuto una vera e propria inversione di marcia. E anche questo sarebbe un argomento importante da approfondire.

    Ma la domanda fondamentale da farsi in questo pericoloso pasticcio è: perché la UE vuole l’associazione dell’Ucraina al punto da rinunciare ad un partner commerciale strategico come la Russia in un momento di grave crisi e da rischiare di essere coinvolta in una guerra dagli esiti imprevedibili?

    Già nel 2004 la rivoluzione arancione di Soros e della CIA ebbe ottima stampa in Europa e il supporto politico della UE.

    Nel 2011 gli ucraini, probabilmente delusi dai risultati della "rivoluzione", cambiarono strada eleggendo Yanukovich alla presidenza; e l’anno successivo confermarono questa scelta assegnando la maggioranza parlamentare al suo partito.

    Ma nel 2012, il campionato di calcio europeo venne preso come occasione dai leader europei per affermare implicitamente, e ai massimi livelli, che il processo a Yulia Timoshenko era stato truccato e per minacciare il boicottaggio del campionato:

    http://www.ilmessaggero.it/articolo...
    sez=HOME_NELMONDO&npl=&desc_sez=

    In quella circostanza vi fu un anche un grottesco pellegrinaggio in carcere dei responsabili dell’Unione a portare solidarietà alla Timoshenko, personaggio politico emerso durante la Rivoluzione Arancione e successivamente caduta in disgrazia: processata e condannata per malversazioni e per abuso di potere. 

    Una comportamento davvero incomprensibile quello dei leader europei se commisurato alla carica da loro ricoperta, che avrebbe dovuto comportare una ben maggiore misura e prudenza.

    Dunque per quali ragioni la leadership europea vuole fortissimamente associare l’Ucraina all’Unione tanto da essere disposta a pagare un prezzo salatissimo per questo obiettivo?

    Sfido chiunque a dare una risposta sensata e argomentata a questa domanda, ponendosi nell’ottica dell’interesse europeo ovviamente.

    Per quanto mi riguarda la risposta é: non c’è nessuna ragione. Non esiste alcun vantaggio o interesse che giustifichi il rischio che si sta assumendo la UE; invece esistono molte ragioni per NON volere l’Ucraina nell’Unione. E sono ragioni talmente evidenti che non perdo tempo nemmeno ad elencarle.

    Ma se riguardo all’Ucraina la UE non sta facendo passi tanto impegnativi e arrischiati per il suo interesse, allora la inevitabile conclusione è che la UE si stia muovendo per l’interesse di qualcun altro. Qualcuno che considera indubbiamente vantaggioso sfidare la Russia di Putin traendo l’Ucraina dentro la UE e dentro la NATO e che ha abbastanza influenza da indurre i leader europei a muoversi contro gli interessi dell’Europa.

    Avete indovinato di chi si tratta? E’ facile: ovviamente si tratta degli USA. La crisi Ucraina, più di ogni altro dossier internazionale, ha posto in evidenza la totale subordinazione della leadership europea agli interessi degli Stati Uniti.

    Questa non è una buona notizia per noi cittadini d’Europa. Non lo è in particolare quando, come sulla questione Ucraina e, soprattutto, sui rapporti da tenere con la Russia, gli interessi dell’Unione Europea divergono nettamente da quelli degli Stati Uniti.

    E’ una notizia ferale per la salute dell’Europa e per il suo stesso futuro. Il sogno di una Patria comune europea, ad oggi, e a meno di un improbabile scatto d’orgoglio da parte dei responsabili dell’Unione, va riformato nella ben più misera realtà di una Europa colonia degli Stati Uniti. Quanti cittadini europei sarebbero motivati a offrire la loro partecipazione e il loro entusiasmo all’Unione Europea se fossero pienamente coscienti di questa realtà?

    Tuttavia la dizione "colonia degli Stati Uniti" contiene una inaccettabile approssimazione. Come dicevo all’inizio, infatti, alla politica estera degli Stati Uniti, su molti dossier, tra cui la Russia, è stato impressa una totale inversione di marcia.

    Facendo ricorso al cinico realismo si può dire che, almeno sul piano degli interessi comuni se non su quello della piena indipendenza europea, la politica di Obama-Jekill era compatibile con gli interessi della UE; la politica di Obama-Hyde invece non lo è affatto.

    In altri termini: accettare di essere una colonia può essere degradante, ma anche vantaggioso per i propri interessi; essere una colonia ed avere svantaggi da questa condizione è non solo degradante sul piano dell’orgoglio ma anche autolesionista sul piano degli interessi. 
    E l’Europa attualmente si trova in questa seconda condizione.

    Mentre la politica di Obama-Jekill andava nel senso degli interessi della colonia europea, la politica di Obama-Hyde va contro i suoi interessi, ed espone l’Unione Europea a danni incalcolabili.

    Quale sia stata la pozione che ha trasformato Obama da Jekill in Hyde, un Hyde che somiglia in modo impressionante a Bush Jr: volto della lobby neocon-sionista, è un altro interessante filone di indagine.


  • (---.---.---.225) 5 settembre 2014 04:13

    1)alla caduta del muro di berlino usa e nato si impegnarono a non costruire basi ai confini russi. i confini russi sono costellati di basi .

    2)i russi non sono entrati in ukraina a questo momento. sfido chiunque a provare il contrario
    3)il boeing malese e’ stato abbattuto da kiev con un aereo partito dalla polonia. dove sono i risultati delle scatole nere? perche’ kiev ha firmato un accordo per NON rendere pubblici i dati bypassando e non coinvolgendo lo stato malese?
    4)perche’ il governo di kiev sarebbe legittimo e la consultazione popolare della crimea viene chiamata annessione da parte della russia? succede adesso in ucraina esattamente quello che successe fra serbia e kosovo. perche’ l’europa si appresta a sostenere, sottraendolo agli europei che lo pagano, l’inversione di parte del flusso di gas verso l’ucraina violando contratti da miliardi con la russia? non e’ ingerenza questa?
    5)perche’ l’europa, all’interno della quale sono banditi i simboli nazisti,     sostiene chi li espone in ucraina e, peggio, si rifa’ apertamente al nazismo?
    6)perche’ viene continuamente falsificata l’informazione (quante volte e’ stata annunciata l’invasione senza MAI fornire prove) mistificando una ingerenza russa quando ci sono 6 ufficiali della nato prigionieri dei separatisti e a majdan e’ stata provata e addirittura rivendicata la presenza di servizi israeliani e americani? 
    7)i finanziamenti miliardari del governo americano alla junta golpista (perche’ di questo si tratta in punta di diritto internazionale) insieme ai miliardi investiti da soros, ( per favorire la rivolta e provocare il changing regime), dallo stesso ammessi non sono ingerenza?
    8)giustamente si mette in evidenza la totale subordinazione dell’europa al   diktat della lobby neo-con-sionista usa (oltre che di obama ). come in ogni   impero in decadenza le classi dirigenti e i popoli europei sembrano digerirla di buon grado, complice una informazione disgustosa e una democrazia in stato comatoso. e come sempre il kapo’ e’ persino piu’ zelante dell’aguzzino titolare. e come sempre al servo zelante sembra cosa inaudita che qualcuno possa solo pensare di ribellarsi a quella che lui considera una posizione di privilegio. personalmente considero chi si ribella allo status di servo la speranza di un avanzamento della civilta’ della razza umana. sono consapevole che la russia e le classi dirigenti della (speriamolo, per i motivi di cui sopra) nascente novorussia non siano altro rispetto al capitalismo ma nell’immaginario collettivo dell’umanita’ restera’ (resterebbe) questo potente feed-back: si puo’ non essere servi. ci si puo’ ribellare, si puo’ scegliere da che parte stare. questo e’ il vero pericolo per l’impero. la rivolta della crimea prima, e del donbass dopo, contariamente alle cosiddette primavere arabe e alle rivoluzioni arancioni sono VERE rivolte di popolo. non sono eterodirette dalla russia che pure ne e’ la beneficiaria, per il semplice motivo che non sono programmate e finanziate in anni di lavorio coperto. sono una risposta immediata e potente a un bisogno contingente. le immagini dell’eccidio di odessa avrebbero dovuto farci riflettere tutti perche’ hanno svelato il vero volto e i veri metodi di chi vorrebbe essere l’unica guida dell’intero mondo. pare che solo gli ucraini lo abbiano capito. oggi scelgono la russia ma il solo fatto di scegliere, di essere consapevoli di poter scegliere, portera’ (porterebbe) tutti noi molto lontano. in questi tristi giorni cade l’anniversario della scomparsa di uno dei piu’ grandi generali e stratega di tutti i tempi. ho chi minh che ebbe a dire che un popolo compatto non si puo’ vincere. gaza sta li col suo sangue a ricordarcelo da anni. sembra che il donbass abbia imparato la lezione, (non a caso il mossad e’ molto attivo in ucraina, curiosamente in appoggio ai nazisti). che stiamo aspettando? e il popolo siamo noi, il 99% delle genti del mondo, schiacciati da un 1% che ci schiaccia perche’ siamo divisi....riflettiamoci su 10 minuti al giorno, ci fara’ bene....

    • Persio Flacco (---.---.---.176) 5 settembre 2014 09:17

      Caro 225 sottoscrivo il suo intervento.

      Io penso che si è necessariamente servi quando il proprio Paese è asservito, ma che pur essendo in questa condizione è possibile almeno salvare dalla servitù la propria coscienza, mantenendola libera.
      Servi lo si diventa pienamente solo quando non si aspira più a cambiare la propria condizione, quando si pone sotto servaggio anche il proprio spirito.

      Dunque la saluto e la riconosco come una libera coscienza. Scriva ancora.


  • (---.---.---.134) 7 settembre 2014 14:11

    Sono completamente e pienamente d’accordo con il post di 225,BRAVO!
    Volevo anchio scrivere un post simile,ma dopo il tuo che é perfettamente esauriente e ottimamente analitico,me ne astengo ,anche perché non sarei stato capace di fare meglio di te!
    un saluto
    alexfaro


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