lunedì 23 gennaio 2017 - Fabio Della Pergola

The Women’s March: il suo nome è Resistenza

Si chiama Resistenza.

Ed è iniziata il giorno stesso del giuramento del nuovo presidente americano. Quello che chiacchierando amabilmente con amici aveva detto che una donna la puoi prendere per la pussy (alias lo sapete) e farne quel che vuoi, se sei un uomo potente.

 

Le donne americane (e non solo) hanno aspettato che Donald Trump si insediasse ufficialmente e poi hanno invaso a centinaia di migliaia le grigie strade di Washington (e New York, Boston, Seattle, San Francisco, Portland, Oakland e ancora altre città grandi e piccole, ma anche Londra, Parigi, Roma...).

Le hanno invase e tinte di rosa, di rosso, di colori.

Si chiama Resistenza. E fa già sbavare di rabbia i sostenitori di The Donald che hanno riempito la rete di astio per il presidente uscente e per la candidata democratica che ha perso con onore avendo avuto la bellezza di tre milioni di voti popolari più del vincitore.

Una vittoria dovuta al fatto che le presidenziali sono la somma di 50 elezioni maggioritarie singole che, in base a un meccanismo di salvaguardia dei diversi pesi statali, attribuisce un Grande Elettore (tanto per fare un esempio) ogni 195mila votanti del Wyoming e uno, dallo stesso valore elettorale ai fini dell'elezione del presidente, ogni 691mila votanti della California.

Il voto di un cow boy del Wyoming vale tre voti californiani. L'equilibrio fra gli stati è stato ottenuto in cambio di una sostanziale antidemocraticità del sistema complessivo.

Il risultato (legittimo, stante il sistema elettorale in vigore) è quello che sappiamo.

E per capire chi sia oggi alla guida della maggiore potenza mondiale basta leggere su Russia Today (il sito preferito da putiniani e trumpisti di tutto il mondo) l’accorato articolo di Eva Golinger, una giornalista investigativa americana naturalizzata venezuelana, mai - davvero mai - tenera con le trame imperialiste delle amministrazioni USA.

Oggi - scrive - il volto più volgare, grottesco, ignorante, misogino, razzista, xenofobo e selvaggiamente capitalista sfruttatore dell’impero statunitense assume il controllo della Casa Bianca e dei codici segreti dell’arsenale nucleare più potente e pericoloso del mondo».

Sapendo bene chi è il lettore di Russia Today, aggiunge prudentemente «sono cosciente che a molti di voi che state leggendo queste righe piace Trump, o pensate che Trump sarà migliore di Barack Obama o Hillary Clinton...».

Ma poi avverte «io vi dico che state sbagliando. Trump è uno dei peggiori ciarlatani che vi sono».

Il suo pezzo preoccupato e senza sconti viene pubblicato in italiano da un foglio vicino ai 5 Stelle, L’Antidiplomatico, che solitamente fa da acritica cassa di risonanza del mainstream di origine russa pro-Putin. Ma, nonostante questo, anche sul suo sito, come sulla sua pagina facebook, i commenti velenosi e offensivi dei trumpisti nazionali si sprecano.

Lei scrive «in uno dei suoi discorsi durante la campagna elettorale, Trump (...) riferendosi alla guerra in Iraq, da lui molto criticata, ha dichiarato: “Se fossi stato io il presidente avrei bombardato il paese e preso tutto il petrolio”». Ma i critici lo difendono a spada tratta e se la prendono, come sempre, con Barack Obama (qui un articolo riassuntivo dei suoi risultati come presidente) o con “Killary”.

Eppure basta ascoltare, basta saper leggere. La difesa è sempre la stessa: "aspettiamo di vedere i fatti!...", "lasciatelo lavorare".

Troppo difficile capire che le idee - espresse con estrema brutalità - sono spesso molto più importanti dei fatti perché aprono la possibilità che lo spirito di un popolo, di un paese, si ammali di contenuti devastanti.

Il nuovo segretario all’istruzione, Betsy Devos, «vuole eliminare l’istruzione pubblica», scrive Golinger, e si oppone al divieto di portare armi a scuola «perché potrebbero servire per difendere i bambini dai grizzly» (sic!). Roba da non credere in un paese malato di stragismo proprio nelle scuole.

Intanto la prima firma del nuovo presidente è stata apposta sotto il protocollo di annullamento della Obamacare; grazie a questa decisione oltre 20 milioni di americani rimarranno senza assistenza medica.

Questa è l'America di Donald Trump. Quella che al giuramento del nuovo presidente presenta un coro rigorosamente monoetnico: mormoni e tutti bianchi.

E chi vuole capire capisca.

Eva Golinger lo scrive chiaro: «la guerra contro i latinos, le donne, gli afroamericani, gli indigeni, le persone dalle diverse preferenze sessuali, sarà legittimata direttamente dalla Casa Bianca. Non c’è un solo ispanico nel gabinetto di Trump, per la prima volta in più di 30 anni. Non è una sorpresa. Trump nella sua campagna sin dall’inizio si è dichiarato nostro nemico. Attento popolo».

L’uomo che nel suo discorso iniziale ha dichiarato che la sua elezione garantiva che il potere sarebbe finalmente tornato al popolo (ma che ha nominato segretario di stato l’amministratore delegato di Exxon, Rex Tillerson) nasconde dietro la maschera innovativa la realtà di un orribile ritorno al passato: «ora gli Stati Uniti tornano alle loro radici originali, in cui i bianchi, ricchi, razzisti e proprietari terrieri erano gli unici che potevano agguantare il potere».

In tutta risposta tantissime donne (e molti uomini) hanno tinto di rosa, di rosso e di fucsia le grigie strade americane.

Voi chiamatela come volete. Per me questa si chiama Resistenza.

 

P.S. Un appunto un po' polemico tanto per chiudere il discorso.

Il partito verde di Jill Stein ha ottenuto 49.941 voti popolari in Pennsylvania (che vale 20 voti elettorali), 51.463 in Michigan (16) e 31.072 in Wisconsin (10). Se avesse portato i suoi voti alla candidata democratica, Hillary Clinton - che in realtà ha chiuso con 227 voti - avrebbe raggiunto quota 273 e Donald Trump si sarebbe fermato a 258 voti. La presidenza degli Stati Uniti sarebbe andata per la prima volta a una donna. Tanto per dire.



8 réactions


  • macchia (---.---.---.168) 24 gennaio 2017 16:09

    v. anche Bruno Guigue che sul vs sito francese ritiene che questa marcia sia un sostegno più o meno consapevole a follie belliciste


  • Roberto (---.---.---.228) 24 gennaio 2017 19:46

    "Se avesse portato i suoi voti alla candidata democratica, Hillary Clinton ....etc".

    Prima che morisse, abbiamo tentato di applicare delle ruote direttamente a mia nonna, per vedere se riuscivamo a trasformarla in un carretto.
    Il tentativo purtroppo non è riuscito.

    • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.127) 25 gennaio 2017 17:21

      Hai ragione, Inutile montare le ruote alle nonne, esattamente come cercare di rimettere le rotelle nella testa dei Green Party, i duri e puri della difesa dell’ambiente. Che hanno regalato la Casa Bianca a uno che quando parla di "ambiente" intende esclusivamente il salotto del suo attico alla Trump Tower. Geni.


  • Marina Serafini Marina Serafini (---.---.---.162) 24 gennaio 2017 22:32

    Un brutto ritorno al passato; una bella Resistenza, quella che si tinge pacificamente di rosa!

    :)

  • Mario Barbato Mario Barbato (---.---.---.210) 25 gennaio 2017 09:05

    Mi chiedo per quale motivo si stia demonizzando una persona senza prima averla vista all’opera, 


    • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.127) 25 gennaio 2017 10:51

      Forse perché le idee espresse possono essere importanti tanto quanto (se non di più) dei fatti?


    • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.127) 25 gennaio 2017 17:31

      O perché sono le idee che fondano culture che poi, a loro volta, determinano i fatti?...


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