Tempi di Fraternità - Il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari
Il trattato, per entrare in vigore, richiedeva la ratifica
da parte di almeno 50 Paesi. E il cinquantesimo Paese,
l’Honduras, lo ha ratificato il 24 ottobre 2020!
È illegale quindi, per i paesi che lo hanno firmato, consentire qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione, e rafforza la posizione internazionale contro le armi nucleari, perché si tratta del primo strumento legale che le vieta esplicitamente.
Si è dato così corso alla storica approvazione del trattato da parte dell’Assemblea generale Onu, avvenuta il 7 luglio 2017. In quella occasione una larga maggioranza di Paesi (122) votò a favore, mentre si oppose una minoranza costituita dai nove Paesi dotati di armi nucleari e dai loro alleati, tra cui l’Italia. È urgente oggi che la prepotenza di una minoranza di Paesi sia sottoposta alla volontà espressa dalla maggioranza e si affermi finalmente la Democrazia, sia in ambito ONU che nel mondo.
Il percorso del diritto rispetto al trattato di proibizione
delle armi nucleari è collegato al ruolo delle convenzioni di Ginevra che prevedono, tra l’altro, l’obbligo di prendere le precauzioni necessarie per limitare il più possibile gli effetti di un attacco bellico sulla popolazione civile. I civili in guerra quindi sono sacri, altrimenti si commette un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità.
In vari periodi sono state abolite le armi biologiche,
chimiche, le mine antiuomo, ma le armi nucleari,
chissà perché, non sono mai state messe al bando. Finalmente il TPAN le dichiara illegali, perché sono armi indiscriminate, come quelle prima indicate.
Ci viene raccontato che, nonostante il numero notevole di ordigni custoditi nei depositi nucleari e i giganteschi investimenti in nuove e più “efficaci” tecnologie, un attacco nucleare, grazie alla dissuasione attraverso la minaccia della reciproca distruzione totale, è impossibile.
Ma in realtà potrebbe non essere così.
Il 26 settembre 1983, i dispositivi di difesa della allora
Unione Sovietica segnalarono un attacco missilistico
da parte degli Stati Uniti: «Missili termonucleari americani in arrivo. Colpiranno il territorio dell’Unione Sovietica fra 25/30 minuti». La procedura prevedeva di informare immediatamente i superiori. Petrov era un analista, riteneva che il messaggio fosse un errore del sistema: non informò i superiori. Nessun missile colpì l’Unione Sovietica: il sistema era stato ingannato da riflessi di luce sulle nuvole.
Petrov ricevette un richiamo, e perse la promozione a
colonnello, ma il suo gesto di disobbedienza aveva evitato una possibile tragedia nucleare.
La partita però non è vinta: occorrerà ora mobilitarsi
per pretendere l’attuazione del trattato anche per quei
Paesi, che in fondo sono i Paesi che detengono le armi
atomiche, ben consapevoli che il nucleare insieme a tutti gli armamenti muovono interessi politici ed economici enormi. E chi muove questi interessi non starà a guardare e a subire ciò che il trattato imporrebbe.
Le associazioni del mondo pacifista, felici per il risultato ottenuto anche grazie allo sforzo della società civile italiana e internazionale, si stanno già impegnando affinché il numero degli Stati aderenti al Trattato possa aumentare, a partire dall’Italia.
E queste istanze vanno promosse nelle scuole di ogni
ordine e grado. L’educazione alla pace deve essere inserita nell’educazione civica - sono previste 33 ore annue - partendo dal fatto che in una democrazia le regole evitano la guerra; con le regole il conflitto viene gestito e non degenera nella legge del più forte. Educazione civica e educazione alla pace includono tematiche con punti in comune. In realtà l’educazione alla pace all’interno dell’educazione civica promuove la cittadinanza attiva e la nonviolenza. L’ONU definisce l’educazione al disarmo come una disciplina che va promossa nelle scuole. Importante nell’educazione al disarmo è la cittadinanza digitale che ha molta attinenza con la cittadinanza attiva per poter attuare con determinazione le varie campagne informative e per imparare a distinguere le notizie vere da quelle false.