lunedì 30 aprile 2012 - Aldo Giannuli

Strage di Piazza Fontana: archiviata la doppia bomba

 

Leggo sul Corriere della Sera (28 aprile 2012) della decisione della Procura di Milano (dott. Armando Spataro e dott.ssa Grazia Pradella) di archiviare la denuncia presentata dai familiari delle vittime che chiedevano la riapertura delle indagini sulla strage di Piazza Fontana, sulla base degli elementi forniti da Paolo Cucchiarelli, cui si erano aggiunti altri elementi (sembra nuovi testi) trovati dal ten. Col. Massimo Giraudo.

1-IL LIBRO DI CUCCHIARELLI: MISTER X E LA DOPPIA BOMBA.

Sul libro di Paolo Cucchiarelli ho scritto sin dal momento in cui è uscito e non mi ripeterò in dettaglio: nonostante il poderoso recupero di elementi dimenticati, l’ipotesi centrale che rimetteva in gioco Valpreda, da un punto di vista logico non si mantiene in piedi. Per di più ci sono errori documentali stratosferici crudelmente segnalati da Adriano Sofri (come la bionda modella norvegese scambiata per il sosia di Valpreda!) e l’ipotesi che ci fossero 2 bombe in tutti gli attentati di quel giorno, 2 taxi, due sosia (due di tutto!), mi è sempre sembrata una cosa impossibile da prendere sul serio. Soprattutto, mi lasciava a dir poco perplesso la presenza fra le fonti qualificanti di un misterioso “Mister X”, un fascista che sa tutto che spiega tutto ma che non vuol essere nominato. I giornalisti ricorrono spesso a fonti anonime nel proprio lavoro, assumendosi la responsabilità di quel che riportano, ma questo è accettabile in un articolo di quotidiano o di settimanale, non in un libro con pretese storiografiche. La cosa, però, poteva avere un interesse processuale: sapere chi fosse Mister X ed ascoltarlo avrebbe potuto consentire una verifica totale o anche solo parziale delle sue affermazioni oppure, al contrario, smentirle e risolvere un potenziale depistaggio. 

Facciamo un esempio (sia chiaro: del tutto campato in aria): che Mister X fosse un dirigente di spicco della destra extraparlamentare del calibro di Stefano Delle Chiaie o Pino Rauti sarebbe davvero così poco interessante sentirlo? Ovviamente i magistrati hanno chiesto il nome del personaggio a Cucchiarelli, che si è trincerato dietro il segreto professionale sulle fonti. A quel punto i magistrati avevano due strade: arrivare autonomamente all’identificazione del personaggio indagando, oppure ordinare al giornalista di fare il nome perché “indispensabile ai fini della prova del reato”. Gli inquirenti hanno scartato la prima strada, per non aggirare le norme a tutela del lavoro dell’informazione, ma adesso, avendo archiviato l’inchiesta cessa anche l’esigenza di sapere chi è Mister X, che rientra nell’ombra. Bel risultato! Così possiamo aggiungere un altro angolo buio (magari solo un angoletto) alla vicenda di piazza Fontana; come se ce ne fosse bisogno.

E veniamo alla questione della doppia bomba. La questione ha suscitato reazioni molto vivaci a sinistra perché messa necessariamente in relazione all’idea che una delle due sia stata posta da Valpreda. In realtà, le due cose non sono affatto in collegamento logico fra loro: se Valpreda era del tutto estraneo alla vicenda (come io fermamente credo sulla base di 25 anni di studio del caso) questo non esclude che la doppia bomba possano averla messa altri, magari fascisti anche loro. Adriano Sofri esclude anche questa ipotesi come illogica ed ha perfettamente ragione partendo dal presupposto di un’unica regia. Ma le cose cambiano se si prende in considerazione l’ipotesi di due azioni in contrasto fra loro.

Spieghiamoci meglio: il 12 dicembre, nel giro di meno di 1 ora esplosero diverse bombe a Roma e Milano (poco potenti e prive di vittime a Roma, devastante e cruenta quella alla Bna a Milano). Tutti pensarono che si trattasse di un unico piano e di un’unica regia (d’altro canto una simile sincronia non poteva essere casuale). Dopo emerse che gli attentati romani portavano ad An (Avanguardia Nazionale) mentre accusati della strage milanese sono stati piuttosto uomini di On (Ordine Nuovo). Il problema è che tutte le volte che abbiamo cercato un nesso fra gli attentati romani e quello milanese non è mai venuto fuori il benché minimo indizio. Sul presupposto della regia unica fu basata la quarta istruttoria, che vide alla sbarra il capo di An Delle Chiaie e l’ordinovista Fachini e si concluse con un disastro senza precedenti, al punto che il Pm non interpose neppure ricorso per Cassazione (e, ad aver indagato, era stato il gi Emilio Delle Donne che si era rivelato un eccellente investigatore nel processo precedente). Di lì prese corpo l’ipotesi non di una regia unica ma di due distinte azioni concorrenti.

Ora sappiamo che c’è una sorta di regola fissa, per cui An porta sempre all’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, mentre On porta sempre al servizio segreto militare. Di qui l’ipotesi (che sostanzialmente è quella esposta nel film di Giordana da D’Amato nell’immaginario dialogo con Calabresi) che si sia trattato di una operazione dello Uaarr-An nella quale si siano infilato gli uomini di On per conto del Sid. Dunque, nulla esclude che fra i “botti leggeri” di An.Uaarr ce ne fosse anche uno alla Bna e, pertanto, non è una eresia da scomunica maggiore ipotizzarlo se prove non ce ne sono, ma solo i deboli indizi raccolti da Cucchiarelli (l’odore di mandorle amare ed il mal di testa dei presenti, la difficoltà di far entrare sei chili di esplosivo in quella cassetta jewell). Meno che mai è risolutivo quel pezzetto di miccia che forse era solo una corda: non lo sapremo mai, visto che nel fascicolo processuale non c’è e si tratta solo di una indiscrezione giornalistica. Anzi, se la miccia è servita a far saltare la bomba “cattiva”, non dovrebbe essercene traccia perché dovrebbe essere del tutto bruciata.

Quindi siamo solo nel campo delle ipotesi. Detto questo, colpisce l’espressione con la quale la Procura archivia l’inchiesta: “la doppia bomba è assolutamente inverosimile”. A parte il fatto che io sapevo che in tribunale ci fossero fatti appurati per veri e fatti appurati per falsi, mentre questa innovazione dell’”inverosimiglianza a priori” mi pare assai audace, la cosa, come si vede, tanto inverosimile non è. Anche perché, doppia bomba o non doppia bomba, resta ancora da risolvere il problema del parallelismo fra gli attentati romani e quello milanese di cui si è detto. E se la cosa non è chiara posso tornarci con più elementi di giudizio.

2-I TRE NUOVI TESTI ED L’INGENEROSO GIUDIZIO SU GIRAUDO

Stando al resoconto del Corriere, la Procura avrebbe ritenuto processualmente prive del benchè minimo valore le affermazioni di tre nuovi testi coltivati dal Tenente Colonnello Giraudo sul quale si esprime un giudizio pesante ed ingeneroso contestando la correttezza logica e formale dei suoi metodi di indagine, da cui la Procura si dissocia apertamente.

Conosco Massimo Giraudo, per averci lavorato insieme per anni sia nell’inchiesta Salvini (Piazza Fontana-Fatebenefratelli), sia in quella bresciana (Piantoni-De Martino) e posso attestare tanto la sostanziale correttezza del suo operato quanto la sua serietà professionale come investigatore. D’altra parte, è a Giraudo che si deve la gran parte del lavoro di pg dell’inchiesta Salvini, che ha portato ai due dibattimenti sulla strage di Piazza Fontana e su quella di via Fatebenefratelli. In entrambi i casi, uno dei due firmatari dell’odierna archiviazione, la dott. Pradella, ha lavorato su quel materiale –pur se fra ricorrenti battibecchi con Giraudo- e, sempre su quella base investigativa, ha poi sostenuto l’accusa in aula nel secondo dei due processi. Per cui delle due l’una: o era convinta già da allora dell’inaffidabilità investigativa di Giraudo e, quindi, ci chiediamo con quale convinzione abbia svolto il suo ufficio di Pm oppure il suo giudizio attuale non è fondato.

Di fatto, l’insolita annotazione della procura milanese contro Giraudo ricicla le accuse a suo tempo rivolte all’ufficiale ed al dott Salvini dal dott Casson, che aveva raccolto un esposto di Carlo Maria Maggi (uno degli imputati di quel processo) contro i modi con cui erano state raccolte le deposizioni di Carlo Di Gilio e Martino Siciliano. Pertanto, queste annotazioni diventano una sostanziale delegittimazione dell’inchiesta Salvini e, indirettamente, anche dell’inchiesta bresciana che ha lavorato anche sulle dichiarazioni di Di Gilio e Siciliano.

Conosco personalmente e stimo tanto Armando Spataro quanto Grazia Pradella, ma temo che in questo giudizio così ingeneroso affiori una sostanziale ostilità che affonda le sue radici nei litigi di 15-16 anni fa. Ovviamente non è affatto necessario che questo avvenga a livello cosciente, basta che ci sia una disistima radicata da anni, cui si aggiungono i lividi delle polemiche con il magistrato con cui Giraudo aveva lavorato. Contro Guido Salvini, la dott Pradella propose un ricorso disciplinare “per incompatibilità ambientale” che si trascinò penosamente per sei anni, per concludersi con il completo proscioglimento dell’accusato. Non nego che la dott Pradella avesse le sue ragioni e che Guido Salvini sia persona caratterialmente difficile e piuttosto scontrosa, ma di qui a parlare di un profilo disciplinare ne corre e, se le accuse vennero archiviate, è anche vero che non ci sono precedenti nella storia della nostra magistratura di un procedimento per “incompatibilità ambientale” durato sei anni. Dunque, temo che la situazione abbia risentito anche di queste vecchie ruggini mai superate.

Il guaio è che tutto questo ci fa correre il rischio di delegittimare venti anni di inchieste, ostacolando la formazione di un giudizio storico sulla vicenda. D’altra parte comprendo anche lo scarso entusiasmo degli inquirenti di fronte alla proposta di riaprire un caso di per sé compromesso da cinque istruttorie finite nel nulla, a 43 anni dal caso, con pronunce sfavorevolissime della Cassazione e, per di più, sulla base di una ipotesi confusa e contraddittoria come quella di Cucchiarelli. Per di più la coincidenza con il film non disponeva bene: nessun magistrato serio considera positivamente la coincidenza fra un suo atto di quella portata e la momentanea esposizione mediatica determinata da un film.

Insomma, diciamocelo, forse in questa archiviazione c’è il sentore di una fretta infastidita, però è anche vero che l’ipotesi di riapertura era un pasticcio poco credibile.

E i nuovi testimoni? Non avendo più incarichi peritali, non so di cosa si tratti, chi abbia trovato Giraudo e cosa abbia (o abbiano) detto. Però osservo in via preliminare che testimoni che spuntano dopo 40 anni dal fatto sono scarsamente credibili per definizione. Il minimo che si può fare è chiedergli “Scusi, cosa ha fatto in tutto questo lungo tempo? Come mai si decide solo ora?”. Vero è che Di Gilio e Siciliano spuntarono 25 anni dopo il fatto, ma Di Gilio, nel frattempo, era ridotto ad un rottame ed aveva la necessità di rientrare in Italia, quanto a Siciliano fu una conseguenza dello stesso Di Gilio. E per tutti due va considerata anche la paura, dato che sino ai primi anni novanta diversi funzionari dello Stato implicati nella vicenda erano ancora in posizione di nuocere, così, come lo erano anche ex ordinovisti. Ma dopo l’inchiesta Salvini e l’eco mediatica che ebbe, è meno plausibile che qualcuno che avesse qualcosa da dire sia restato nell’ombra. Tutto è possibile e ogni testimonianza va soppesata, ma, insomma, questo non è il modo migliore per accreditarsi. Detto questo, aspetto di saperne di più, compatibilmente con il segreto istruttorio.

3-IL VERO PROBLEMA

Oggi –fra libri sbagliati, sentenze assolutorie e nuove archiviazioni- stiamo correndo il rischio di confondere le acque (e le idee della gente) più di quanto già non lo siano e di cancellare quel tanto di verità storica che siamo riusciti a mettere insieme.

E l’errore più grave è uno: puntare alla riapertura giudiziaria del caso. In occasione della presentazione del libro di Cucchiarelli (giugno 2009) sostenni che ormai il caso giudiziario era definitivamente chiuso con la sentenza di Cassazione che confermava il verdetto assolutorio di appello per Piazza Fontana. Ne derivò un battibecco con il mio vecchio amico Giovanni Pellegrino, quel giorno insolitamente insofferente. Lo stesso parere ho espresso a Federico Sinicato (ottimo avvocato di parte civile) quando chiese alla Procura di riaprire il caso e poi ad altri amici ancora.

Una inchiesta oggi non è più credibile: ammettiamo di trovare un nuovo testimone, come si è visto, sarebbe già difficile attestarne la credibilità e meno che mai sarebbe semplice trovare riscontri alle sue affermazioni o altri testimoni. Peraltro sarebbe difficilissimo evitare sovrapposizioni di ricordi, imprecisioni, errori sui quali subito farebbe leva la difesa. Il tutto poi dovrebbe passare al vaglio di questa magistratura giudicante che sappiamo come lavora.

Per di più, fra assolti definitivi, morti, dispersi ed invalidi totali, chi portiamo sul banco degli imputati? Anche il più giovane dei complici, verosimilmente aveva 20 anni all’epoca dei fatti (e si immagina abbia avuto un ruolo totalmente secondario), quindi ne ha circa 60 oggi e ne avrebbe fra i 70 ed i 75 alla fine di un eventuale processo, Nell’improbabilissimo caso che fosse dichiarato colpevole, verosimilmente, non andrebbe in carcere per i limiti di età.

Allora volete spiegarmi a che servirebbe tutto questo? A stabilire la verità storica? Ma nemmeno per sogno, perché la verità storica la cercano gli storici mentre magistrati e poliziotti pensino a fare rispettivamente i magistrati ed i poliziotti. Questa idea della “via giudiziaria alla storia” è uno dei più intollerabili abusi della storia contro cui si deve combattere. Semmai la ricerca storica va emancipata dalla dimensione giudiziaria: uno storico deve avere il diritto di formulare ipotesi anche contrastanti con il giudicato penale.

D’altro canto, anche queste sistematiche assoluzioni hanno un significato sul piano storico: lo Stato non ha saputo, potuto, voluto fare giustizia in casi di estrema gravità come quelli delle stragi. Stragi, appunto, di Stato, che questa impotenza oggi conferma e certifica. Che altro volete?

 

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1 réactions


  • Geri Steve (---.---.---.254) 30 aprile 2012 23:53

    Non condivido tutto l’articolo, ma condivido appieno la conclusione di Giannuli:
    "...queste sistematiche assoluzioni hanno un significato sul piano storico: lo Stato non ha saputo, potuto, voluto fare giustizia"

    E ne aggiungerei un’altra, che potrebbe anche sembrare blasfema: a oltre quarant’anni di distanza, che me ne fregherebbe di riaprire un processo che -nella migliore delle ipotesi- porti alla condanna di alcuni veri colpevoli quando Freda, Ventura e Zorzi non son più processabili e i mandanti non sono neanche identificati?

    A questo punto, piuttosto che individuare e condannare qualche bombarolo , magari pure secondario, a me interesserebbe molto di più sapere:
    - chi sono stati i mandanti.
    - chi sono stati gli organizzatori.
    - chi ha progettato, ordinato ed eseguito i successivi depistaggi, compresi gli omicidi di testi.
    - chi sono stati i tantissimi che ben sapevano e hanno taciuto.

    Sto parlando di diverse centinaia di persone, di cui diversi potrebbero essere ancora vivi, fra noi, e magari anche rispettati.

    Geri Steve


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