giovedì 5 gennaio 2023 - Marco Barone

Strage di Peteano: l’imbarazzo per uno Stato che ha cercato di dimenticare ciò che non si può dimenticare, ancora diverse le zone grigie

La strage di Peteano, passata alla storia come quella dimenticata, rimossa, perché imbarazzante per le Istituzioni, visti i depistaggi attuati da alcuni esponenti delle forze dell'ordine e della magistratura, ha veramente dell'incredibile. Eppure tutto è vero, tutto è successo, a partire dal modo in cui fu redatta la requisitoria del primo processo contro gli innocenti goriziani.

Tanto che venne realizzata una specifica interpellanza per denunciarne la gravità della situazione. Per redigere la requisitoria conclusiva relativa alla strage di Peteano, il procuratore della Repubblica ha dovuto battere personalmente le 70 cartelle di testo, non avendo dattilografi a disposizione servendosi di una macchina per scrivere ormai da destinare a museo e che non si riesce a sostituire. Siamo nel febbraio del 1974 quando si stava svolgendo il processo verso gli innocenti goriziani. Come è noto, dovettero passare le pene dell'inferno, perché le indagini di polizia giudiziaria, dirette da un ufficiale superiore già implicato nelle note vicende dell’estate 1964 e in particolare nel famigerato (( Piano solo )) e avallate dai magistrati inquirenti, intese ad accreditare la colpevolezza di soggetti indicati come appartenenti alla piccola malavita locale, hanno portato a risultati ritenuti inattendibili dai giudici. Come ricorderà una seconda interpellanza presentata sempre sui fatti di Peteano. 

La strage di Peteano fu certamente il simbolo di come la giustizia fu manipolata, compromessa, eppure si riuscì in qualche modo a fare luce, anche se tante zone grigie continuano a sussistere ancora oggi. Ci si è affidati alla verità "storica" e giudiziaria in relazione a quanto dichiarato soprattutto da Vincenzo Vinciguerra, praticamente, da quel momento, da quando vi è stata la sua assunzione di responsabilità, le indagini, le inchieste, si sono appiattite, su una vicenda su cui è necessario fare ancora, per amor del vero, forse piena verità e giustizia. Furono ben cinque chili di esplosivo al plastico di tipo T4 nascosti sotto la ruota di scorta della 500 a segnare la sorte dei tre carabinieri che persero la vita in quel 31 maggio del 1972. Alle ore 23:26 il Brigadiere Antonio Ferraro e ai Carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni morirono sul colpo. I tre militari Caduti sono oggi insigniti di Medaglia d’Argento al Valor Civile “alla memoria” e di Medaglia d’Oro di vittime del terrorismo. 

Esplosivo che venne usato in regione in diversi attentati, compiuti da gruppi neofascisti. In FVG si ricordano in quel periodo gli attentati del 26 e 27 marzo 1971 sulle linee Trieste-Venezia e Udine-Venezia, il 15 settembre 1971, al monumento dei caduti di Latisana, il 28 dicembre 1971 attentato dimostrativo al sindacalista CISNAL Giampiero Zaro, il 26 gennaio 1972 attentato dimostrativo contro il deputato del MSI de Michieli Vitturi, tutti attribuiti ai gruppi di estrema destra, ed alcuni di essi eseguiti con l'impiego di esplosivo T/4, il medesimo usato per la strage di Peteano, non in commercio in Italia e di difficile trattamento come provarono le indagini di allora. Eppure la barzelletta che si giocò su quell'esplosivo fu incredibile e come è noto portò fino alla Svizzera dove si consumò una figuraccia epocale oppure che dire della pista della dimenticanza dei militari italiani? Infatti in base alla versione fornita in loco dalle autorità — come ricorda una interpellanza parlamentare degli anni 70- si tratterebbe di materiale « dimenticato » dai militari nel corso di esercitazioni precedenti — sia la più esatta, in quanto non consta che sul posto si siano mai udite esplosioni e appare comunque poco credibile che si tratti di una pura dimenticanza, che starebbe ad indicare una irresponsabile leggerezza in contrasto con ogni elementare e doverosa misura di cautela, cui è impensabile che soldati ed ufficiali si siano sottratti

E la vicenda dei falsi verbali non fu da meno. I rapporti datati 5 maggio 1973 e 23 luglio 1973 relativi alla provenienza dell'esplosivo da Pedrinate in Svizzera. In tali rapporti si sostenne che, avuta la collaborazione dell'autorità di polizia elvetica, si era stabilito il luogo di provenienza dell'esplosivo, individuato in capannoni siti, per l'appunto, in Pedrinate.

Ma in Pedrinate la polizia elvetica dichiarò di non aver prestato alcuna collaborazione con le autorità italiane, ed escluse che nel luogo indicato potesse reperirsi esplosivo di qualsivoglia natura e che, comunque, vi fosse esplosivo in libero commercio. Si sospettò a lungo che quell'esplosivo potesse provenire come l'accendi miccia usato per l'innesco, dai depositi di NASCO di Gladio, ma alla fine pare, in base ai riscontri indiziari effettuati che l'esplosivo usato per Peteano fu prelevato in una domenica d'estate, nel 1970, sul Piancavallo, nel Pordenonese, in un cantiere edile che pare fosse diretto da un soggetto aderente a gladio. 

mb




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