giovedì 7 novembre 2019 - Enrico Campofreda

Stajerska Varda: cacciatori di migranti

The game, come profughi e rifugiati di tutte le rotte definiscono il passaggio oltre il confine, acquisisce ulteriori players. Siamo nell’area slovena, quindi entro i confini dell’Unione Europea, dove Lubiana e dintorni sono approdati da un quindicennio. 

Qui possono, potrebbero filtrare i protagonisti della nuova rotta balcanica che s’è aperta dallo scorso anno, ma dopo le repressioni del 2015 questa gente ha trovato blocchi eccezionali, oltre a filo spinato, cavalli di Frisia, pattugliamenti finanche dell’esercito. Attualmente i miseri parcheggi della speranza sono collocati in Bosnia. Bihać è il purgatorio di chi sogna di volare nel paradiso europeo, ma trova i suoi inferi fra il fango e la precarietà dei campi che tracimano incerte esistenze che s’accumulano, un giorno via l’altro. Perché le terre di provenienza dei dannati: Afghanistan, Iraq, Siria, Iran nel miglior caso rappresentano luoghi scomodi oppure vere aree di tormento e dolore. Il gioco dei fuggiaschi è beffare chi dà loro la caccia, che non sono più solo i poliziotti bensì milizie paramilitari. Per ora il governo di Lubiana nulla dice della sua Stajerska Varda. Volendo, su questo fronte purtroppo nulla di nuovo.

Il laboratorio del radicalismo sovranista europeo che rincorre la purezza della “razza” aveva trovato nel governo ungherese del premier ultraconservatore Orbán la tolleranza verso gli esperimenti del partito Jobbik. Di per sé condiscendente verso ideologie neonaziste e antisemite, questo raggruppamento sull’onda del successo elettorale del 2014 (con oltre il 20% dei consensi) attrezzò una milizia paramilitare molto zelante nell’estate 2015, quella del grande flusso migratorio attraverso i Balcani, nel dar la caccia con ogni mezzo a migranti e rifugiati. E’ di quel periodo la creazione dei 175 chilometri di sbarramento lungo il confine serbo atto a impedire ingressi di clandestini che Orbán e il suo partito Fidesz osannavano come difesa del patrio suolo e delle radici ungheresi dalla pericolosa invasione migratoria. Un comportamento che l’Unione Europea ha subìto, come continua a subìre i dinieghi di suoi membri (soprattutto il gruppo di Visegrád) ad accogliere nei propri Paesi quote di extracomunitari. Fra le nefandezze cui il Parlamento di Bruxelles soggiace c’è appunto quella di gruppi paramilitari che agiscono col consenso dei governi delle nazioni d’origine, bande armate illegali che non hanno ragione di esistere e contro i quali vanno diffuse informazione e mobilitazione.

Enrico Campofreda




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