lunedì 3 settembre 2018 - Riccardo Noury - Amnesty International

Siria: a Idlib si prepara l’ennesimo bagno di sangue?

Solo un irragionevole ottimismo ci spinge a mantenere, nel titolo, il punto interrogativo.

Quella di Idlib, nella Siria nordoccidentale e a poca distanza dal confine con la Turchia, è l’ultima zona ancora rimasta nelle mani dei gruppi armati di opposizione.

Dal 2011 vi hanno trovato riparo 700.000 persone, in fuga dalla violenza in atto in altre parti della Siria o costrette a seguito degli accordi di evacuazione tra il governo siriano e l’opposizione armata a Homs, Aleppo, Daraa e nella Ghuta orientale.

Di conseguenza, la popolazione di Idlib è arrivata a due milioni e mezzo di abitanti, molti dei quali residenti nei campi per sfollati interni, sempre più pieni da quando la Turchia, nel luglio 2017, ha chiuso la frontiera e interrotto l’afflusso degli aiuti, dopo che la zona di Iblid era stata conquistata dal gruppo armato di opposizione Hay’at at Tahrir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante, frutto della fusione di diverse formazione armate).

Nel marzo 2017 Iran, Turchia e Russia – i tre sponsor dei negoziati di Astana – hanno incluso Idlib tra le “zone di de-escalation” del conflitto e istituito osservatori militari per assicurare il rispetto del cessate-il-fuoco da pare delle forze governative e dei gruppi armati di opposizione.

Dal gennaio 2018, tuttavia, le forze governative hanno condotto parecchi attacchi aerei e terrestri illegali, compreso un attacco con armi chimiche contro Saraqeb, il 5 febbraio, che ha ucciso almeno sei persone e reso necessario il trattamento sanitario d’emergenza per altre 11.

Centinaia di civili, inoltre, sono rimasti uccisi in attentati con autobombe e negli scontri tra i diversi gruppi armati di opposizione.

Nel luglio 2018 Iran, Turchia e Russia si erano detti d’accordo nell’evitare un’offensiva su grande scala contro Idlib. Ma recenti dichiarazioni dei governi di Damasco e Mosca fanno pensare che questa invece sia imminente.

La situazione umanitaria è già catastrofica. Già ad aprile oltre due milioni di persone prive di acqua, cibo e cure mediche necessitavano di assistenza. L’accesso alle strutture sanitarie è stato compromesso dagli attacchi aerei e terrestri contro gli ospedali da parte delle forze governative e dall’aumento dei rapimenti di medici e altro personale medico da parte dei gruppi armati di opposizione.

La chiusura della frontiera da parte della Turchia ha reso ancora più vulnerabile la condizione dei profughi lungo il confine. Molte scuole interne ai campi sono state chiuse per mancanza di fondi. A peggiorare le cose, i raid e gli arresti da parte di Hay’at Tahrir al-Sham e i bombardamenti da parte delle forze governative.

Date le tattiche di assedio e fame usate dalle forze siriane in tutte le offensive militari lanciate per riprendere territori nelle mani dei gruppi armati di opposizione, la sorte di milioni di civili è a rischio e si teme l’ennesimo bagno di sangue.




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