martedì 31 gennaio 2012 - Enrico Campofreda

Siria: Russia dal veto alla mediazione

La Russia cerca soluzioni alla crisi siriana e tende un’ennesima mano a Bashar Asad. Ora che i combattimenti fra le forze lealiste e le truppe dei disertori organizzati nel Libero Esercito raggiunge i sobborghi di Damasco lo stesso veto di Mosca potrebbe risultare insufficiente a bloccare un intervento militare straniero. Così il ministro degli Esteri Lavrov si propone mediatore e lancia l’idea di colloqui informali fra il governo siriano – che ha dato assenso all’iniziativa – e l’opposizione. Sebbene quest’ultima con Ghalioun storce il naso e rifiuta ogni contatto chiedendo una resa incondizionata del regime.

L’intento russo è uscire dal vicolo cieco di una sanguinosa repressione e una guerra civile non più latente, con oltre 5.000 vittime fra la popolazione e 2.000 fra i militari che già coinvolge altri protagonisti e rischia di vedere un’esplicita invasione straniera. Alle accuse d’una presenza di agenti e “supervisori” occidentali che già da tempo affiancano quelli del Consiglio Nazionale Siriano, quest’ultimo replica additando militanti iraniani venuti a dar manforte alla repressione di Asad. Il sito di Al-Arabiya ha pubblicato un video in cui appaiono cinque pasdaran che sarebbero stati catturati dalle forze ribelli a Hims.

Seguono accuse verso Hezbollah che avrebbe dirottato alcuni suoi esperti guerriglieri nelle zone più calde degli scontri per coadiuvare l’Intelligence dell’aeronautica, uno degli apparati più efficienti della sicurezza siriana. Di contro la voce ufficiale di Damasco attribuisce ai Servizi occidentali taluni attentati mortali in pieno centro volti a destabilizzare ulteriormente il clima e giustificare un intervento armato “pacificatore”. L’ultimo, secondo l’agenzia Sana, ha provocato la perdita di 430.000 m3 di gas. A un’azione di forza dall’esterno punta anche il monitoraggio attuato nelle ultime settimane dalla Lega Araba.

A questo punto nessuno nasconde una situazione destabilizzata anche in quella parte del Paese, come la capitale, rimasta a lungo lontana dalle contestazioni in base al forte sostegno offerto dai damasceni alla famiglia del presidente. Recenti testimonianze raccolte da Associated Press e Reuters citano black out energetici, mancanze d’acqua e di carburante oltreché scontri fra fazioni che condizionano il vivere quotidiano.

In questa corsa contro il tempo la stessa posizione di Teheran che la Russia aveva fatto propria: proporre un pacchetto di riforme studiato da Asad è totalmente naufragata. Bashar ha tergiversato per mesi continuando a percorrere solo la via della repressione. Ultimamente ha liberato un buon numero di arrestati ma non basta. Ormai s’è accresciuta la spaccatura etnico-religiosa con la componente sunnita e la comunità kurda schierate apertamente all’opposizione contro i privilegi degli alawiti.

Ricucire le varie anime della nazione ora è estremamente difficile, se ne rende conto la stessa diplomazia russa che ha finora difeso incondizionatamente Asad figlio come faceva col padre dittatore all’epoca del mondo diviso in blocchi. Un’uscita di scena del gruppo familiare al potere potrebbe rappresentare una soluzione pilotata e forse è un’ipotesi proposta dai tutor a Bashar che intanto ha provato ad allontanare dal Paese donne e bambini

Lo rivela il quotidiano egiziano Al-Masry al-Yom sostenendo come nella notte di domenica un convoglio presidenziale che trasportava la moglie Asma e i figli, la cugina Rami Makhlouf e i suoi figlioli, più la madre di Bashar Anisa Makhlouf ha cercato di raggiungere l’aeroporto finendo intercettato da un reparto del Libero Esercito. Dopo un intenso conflitto a fuoco fra i militari dissidenti e le forze della sicurezza il convoglio ha invertito la rotta e, protetto anche da elicotteri giunti in soccorso, è rientrato nei palazzi governativi.




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