lunedì 25 settembre 2017 - angelo umana

Signore e signori: la commedia all’italiana anni ’60

Un film “vecchio” di 52 anni e ancora frizzante, carnale - pure se sono mostrati pochissimi centimetri di pelle nuda - da scompisciarsi per le risa dall'inizio alla fine: Pietro Germi ci ha solo fatti osservare su uno schermo, divertendo e divertendosi. 

E che coraggio, nel 1965, mettere in mostra il costume italiano medio senza che la censura o i benpensanti avessero da obiettare molto, forse divertiti anch'essi. Eppure rappresenta, strigliandoli, tanti strati e comparti della vita di società strettamente intrecciata coi vizi privati … pubbliche virtù (che è un altro film). Cast ricchissimo poi, di gente che restò in quota tra gli interpreti di teatro e cinema.

I vitelloni di Treviso dedìti all'adulterio e al chiacchiericcio si divertono, nella piccola città (che “piccola” è tutt'ora, 2017) dove un che resti fra noi diventa inevitabilmente di dominio pubblico, e un'emozione difficile da descrivere è definita facilmente un orgasmo, l'italiano non essendo ben dominato anche oggi. Le apparenze e le specchiate virtù non sono mai salve anche se si fa di tutto per renderle presentabili, perché il disdicevole non emerga mai, e la stampa locale che si chiama L'Indipendente, indipendente non lo è.

Tra i quadretti dell'Italia di allora ve n'è uno tipicamente veneto: il Banco Cattolico Euganeo, progenitore della fu Banca Cattolica del Veneto, un cui indolente cassiere diventa in odore di licenziamento perché lascia una moglie opprimente per una bellissima commessa (Virna Lisi). Doveva mettere i tappi nelle orecchie il povero tapino per non sentire le continue reprimende della consorte. Quel cassiere dovette sorbirsi i rabbuffi (chi ricordava più questa parola?) di prelati e del suo direttore. Purtroppo alla fine di quella scappatella, conclusasi con l'allontanamento della reproba commessa dal cerchio degli onorati cittadini, Germi e sceneggiatori non previdero una nuova fuga dell'Osvaldo cassiere (Gastone Moschin) dalla canea di conoscenti e moglie che festeggiavano la perbenista ricomposizione familiare, sarebbe stata una via d'uscita ideologica per i tanti che in silenzio l'adulterio continuarono a praticare. Ai giorni nostri invece è finalmente “depenalizzato”, è pur sempre in voga ma la gente perbene lo continua a bollare come riprovevole, almeno ufficialmente.

Le scene sui titoli di testa inquadrano la ridente cittadina e poi zoommano in basso, sulla gente e nelle camere private, dove l'indicibile (nel senso che non si deve dire) succede. Gli uomini di mondo continueranno a essere “perbene”, contro pagamento di una compensazione alla 16enne “bocca di rosa” (De André), bella contadinotta che con le sue prestazioni si è concessa alcuni agi in città: ben 5 milioni di lirette è costato loro l'essersi scambiata la minorenne nella compagnia (ai tempi nostri è roba da presidenti del consiglio). Il patteggiamento ha compreso però altri 7 milioni per la costruzione di un asilo cattolico e la cessione della virtù nel pagliaio, al padre di “bocca di rosa”, da parte di una donna altolocata e timorata di Dio. Tra i luoghi comuni dell'epoca, frasi che dice il dottor-commendatore Alberto Rabagliati: No semo mica in Sicilia e... quegli alcolizzati montati dal centrosinistra (si era nella regione della balena bianca).



1 réactions


  • GeriSteve (---.---.---.177) 25 settembre 2017 18:47

    Pietro Germi è stato molto più che un ottimo regista.

    Con i suoi film ha fatto politica, non al vertice ma alla base della politica, la parte più ottusa e più difficile da risvegliare dal conformismo politico.

    Con Signore e signori ha sputtanato l’ipocrita perbenismo della buona borghesia democristiana; con Divorzio all’italiana e, ancor più, con il fenomenale Sedotta e abbandonata ha sputtanato il siculo senso dell’onore, ben radicato anche nel resto dell’Italia: basti pensare che l’abolizione dell’indecente "attenuante" all’omicidio per motivi d’onore è poi avvenuta, ma soltanto nel 1981; senza i film di Germi neanche sarebbe mai avvenuta.


    Pietro Germi avrebbe meritato un premio, non un Oscar cinematografico, forse un Nobel che però non esiste: un premio Nobel per il progresso sociale e culturale.

    GeriSteve


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