lunedì 5 settembre 2022 - Riccardo Noury - Amnesty International

Senza diritti, senza futuro: un anno di dominio dei talebani in Afghanistan

Da quando hanno preso il potere in Afghanistan un anno fa, i talebani hanno lanciato un attacco a tutto tondo contro i diritti umani, perseguitando le minoranze, stroncando violentemente le proteste pacifiche, sopprimendo i diritti delle donne e ricorrendo alle sparizioni forzate e alle esecuzioni extragiudiziali per seminare paura tra la popolazione.

In un documento diffuso oggi e intitolato “Il dominio dei talebani: un anno di violenza, impunità e false promesse”, Amnesty International ha denunciato gravissime violazioni dei diritti umani e la massiccia impunità nei confronti di coloro che hanno commesso torture, uccisioni per motivi di rappresaglia, sgomberi forzati di oppositori: tutto questo sebbene all’inizio i talebani avessero promesso di rispettare i diritti delle donne e la libertà di stampa e di attuare un’amnistia per i funzionari del deposto governo civile.

Libertà di espressione e di manifestazione

Dalle ricerche di Amnesty International è emerso l’uso eccessivo della forza, da parte dei talebani, per controllare il rispetto del divieto di protesta pacifica. In diverse grandi città, le forze di sicurezza talebane hanno disperso proteste pacifiche picchiando e sparando contro manifestanti inermi.

Il giro di vite dei talebani sulla libertà di espressione ha preso di mira difensori dei diritti umani e attivisti della società civile, molti dei quali hanno subito intimidazioni e minacce, sono stati arrestati e persino uccisi solo a causa del loro lavoro in favore dei diritti umani.

Anche la libertà di stampa è finita sotto attacco. Il 19 settembre 2021 il Centro governativo per l’informazione e la stampa ha emesso un decreto dai contenuti vaghi col quale si vietava ai giornalisti di pubblicare storie “contrarie all’Islam” o “offensive nei confronti di figure di rilevanza nazionale”.

Negli ultimi 12 mesi, oltre 80 giornalisti sono stati arrestati e torturati per essersi occupati delle proteste pacifiche. Uno di loro ha raccontato ad Amnesty International:

“Mi hanno picchiato e frustato così duramente sulle gambe che non riuscivo a stare in piedi. I miei familiari hanno firmato un documento in cui c’era scritto che, dopo la mia scarcerazione, non avrei parlato di cosa mi era successo; se l’avessi fatto, i talebani avrebbero avuto il diritto di arrestare tutta la mia famiglia”.

Arresti arbitrari, maltrattamenti e torture

A partire dallo scorso agosto vi sono state moltissime denunce relative a pestaggi e torture ai danni di chi si riteneva avesse violato gli editti dei talebani o fosse accusato di aver lavorato col precedente governo.

Centinaia di civili sono stati arrestati illegalmente e picchiati coi calci dei fucili o frustati. Sahiba*, una manifestante, ha raccontato come i talebani le hanno procurato lividi in ogni parte del corpo:

“Non c’era un tribunale, non c’erano le accuse, non c’era una procedura equa. Venivamo prese in mezzo alla strada, tenute in una prigione privata per parecchi giorni senza poter parlare con gli avvocati, i nostri parenti o altri funzionari. Alcune delle donne e delle ragazze che erano nella stessa mia stanza non sono più tornate e nessuno sa cosa sia loro successo”.

Uccisioni extragiudiziali e sparizioni forzate

Uccisioni per motivi di rappresaglia, esecuzioni sommarie di presunti combattenti della resistenza e ulteriori crimini commessi da quando i talebani hanno preso il potere possono costituire crimini di guerra.

Negli ultimi 12 mesi vi sono state centinaia di esecuzioni extragiudiziali. I corpi mostravano i fori dei proiettili o segni di tortura. Decine di persone sono scomparse a causa del loro lavoro nel precedente governo o perché sospettate di far parte della resistenza contro i talebani. Di loro non si è più saputo nulla.

Nonostante i talebani avessero fornito una “lettera di perdono”, Jalal, che aveva prestato servizio nelle Forze nazionali afgane per la difesa della sicurezza, è stato arrestato dai talebani e portato in una località sconosciuta. Questa è la testimonianza del suo amico, Torab Kakar:

“I talebani gli hanno legato le mani dietro la schiena, lo hanno incappucciato e hanno iniziato a picchiarlo di fronte alla moglie, ai bambini, ai genitori e ai fratelli più piccoli, che urlavano e piangevano”.

Quando i parenti si sono rivolti alle autorità per avere notizie dello scomparso, il capo locale dei servizi segreti li ha minacciati e ha intimato loro di smettere di cercarlo.

Persecuzione delle minoranze etniche e religiose

Nelle settimane successive alla presa del potere da parte dei talebani, hanno iniziato ad arrivare notizie sullo sgombero forzato di persone non appartenenti all’etnia pashtun – soprattutto hazara, turcmeni e uzbechi – dalle loro case e dai loro terreni agricoli in modo che chi era salito al potere potesse ricompensare i suoi seguaci.

Episodi del genere sono avvenuti in tutto l’Afghanistan e hanno prodotto un ulteriore aumento del numero degli sfollati interni. Alla fine del giugno 2022, secondo stime delle Nazioni Unite, il numero era cresciuto di oltre 820.000 persone.

Il 30 agosto 2021 i talebani hanno ucciso 13 hazara, tra cui una ragazza di 17 anni, nella provincia di Daikundi. In quell’occasione, secondo le testimonianze oculari raccolte da Amnesty International, i talebani hanno passato per le armi nove ex soldati già arresisi in quello che appare essere un crimine di guerra.

Restrizioni ai danni delle donne e delle ragazze

Da quando hanno preso il potere, i talebani hanno sottoposto le donne e le ragazze a una violenza sempre crescente. In alcuni casi, è un modo per punire loro familiari.

Lida, la moglie di un ex membro delle forze di sicurezza, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco da due talebani a bordo di una motocicletta. Aveva 22 anni ed era all’ottavo mese di gravidanza. Con lei sono stati uccisi due figli di due e quattro anni.

Decine e decine di donne sono state arrestate e torturate per aver preso parte a manifestazioni pacifiche in favore dei loro diritti e contro le crescenti restrizioni che le stanno privando della libertà.

I talebani hanno soppresso il diritto all’istruzione, oscurando così il futuro di milioni di bambine. Quando il 17 settembre 2021 le scuole elementari sono state riaperte, i talebani hanno vietato alle alunne dal sesto grado in poi di tornare a scuola, sostenendo che si trattava di un provvedimento temporaneo in attesa di assumere un maggior numero di donne insegnanti e di assicurare condizioni “appropriate” per la segregazione di genere nel campo dell’istruzione. A oggi, nessuna di queste misure è stata attuata.

Meena*, un’insegnante di 29 anni di Kabul, ha confessato ad Amnesty International di essere disperata per il futuro di sua figlia:

“La storia si ripete. Guardo la mia uniforme, ricordo i giorni in cui si stava a scuola tutte insieme, noi insegnanti e le alunne. Ora non ho altra scelta che stare a casa”.

*I nomi sono stati cambiati per ragioni di sicurezza




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