Se il Cavaliere perde il consenso dei poteri forti
Spesso Silvio Berlusconi ha accusato i “poteri forti” di remare contro di lui, perché sarebbe il “nuovo” della politica. A parte l’ilarità che suscita un’affermazione fatta da chi imperversa in politica –indirettamente o di rettamente – da più di trent’anni, bisogna piuttosto chiedersi se i veri “poteri forti” non lo stiano abbandonando.
Probabilmente il fatto non lo fa dormire bene. Il fatto di vedere oramai sempre più labili i margini di consenso che Berlusconi e la sua enorme lobby affaristica (troppo definire un “partito” quello del Cavaliere) possiede ancora sull’elettorato. Spesso, gli analisti hanno indicato nella formazione di un vero e proprio “blocco sociale” la base del consenso del centro-destra italiano. Affermazione in parte da rivedere, perché più che di “blocco sociale” (come quello, ad esempio, che cementava nel potere
Ora, come già successo alla fine del suo secondo Governo (2001-2006) è possibile raccogliere indizi significativi sulla sua prossima fine politica, cioè sul fatto che alcune diramazioni forti del potere economico starebbero vagliando la possibilità di abbandonarlo al suo destino. Suonano in tal senso assai significative le parole pronunciate dal capo degli industriali Emma Marcegaglia, un vero e proprio attacco alla politica economica del Governo. "Siamo entrati in un cono d’ombra della politica, in una nebbia che si fa sempre più fitta – ha detto – . Il governo deve andare avanti e governare, bisogna che lo faccia subito senza tentennamenti perché il paese sta perdendo la pazienza. Il paese ha problemi di crescita e di occupazione, ha la necessità di tornare a crescere: per questo bisogna fare delle scelte che, pur mantenendo il rigore sui conti pubblici, siano a favore della formazione, della scuola, della ricerca, delle infrastrutture. Il governo ascolti l’Italia che lavora e che fa impresa, che con responsabilità continua a fare il proprio mestiere. È questa l'Italia che regge il nostro paese e che va ascoltata". La presidente di Confindustria ha poi significativamente aggiunto: “Mentre l'Italia cresceva in media 1,3%, la zona Euro cresceva del 50% in più. Se l'Italia avesse registrato una crescita come quella dell'Eurozona negli ultimi 16 anni ogni italiano sarebbe stato a fine 2008 più ricco di 1.700 euro a testa in quel solo anno”.
Non è la prima volta che gli industriali mostrano insofferenza verso l’accoppiata Tremonti-Berlusconi. Già in occasione di un precedente intervento del premier in ambito confindustriale, alla sua invocazione di proclamare