martedì 10 aprile 2012 - Riccardo Noury - Amnesty International

Russia: difensori dei diritti umani a rischio

Un sito ufficiale la descrive come la terza città della Russia, un luogo eccitante dove vivere: “A differenza di Mosca e San Pietroburgo, piena di occidentali, puoi osservare fino in fondo la vita nel cuore della Russia (…) Se in Russia vi sarà la transizione verso un futuro pacifico e democratico, Nizhni Novgorod ne stabilità il passo. Sarete testimoni di un fenomeno storico unico, una società in movimento dal totalitarismo alla democrazia, con i suoi alti e bassi, le sue gioie e i suoi dolori”.

 

Stanislav Dmitrievskii è un attivista politico e difensore dei diritti umani di lungo corso. Ama la sua città ma è testimone unicamente dei “bassi” e dei “dolori” di un fenomeno storico che deve ancora compiersi.

Negli ultimi mesi, anche a Nizhni Novgorod si sono svolte manifestazioni per chiedere libere elezioni e per protestare contro i brogli elettorali.

Il 10 marzo, si sono radunate nel centro della città 400 persone. Ma nella Russia di Putin non è sempre ammesso contestare pacificamente, e mica da oggi (nella foto, un cameraman viene fermato dalla polizia durante una manifestazione per la libertà di espressione, nel maggio 2010).

Di quelle 400 persone che manifestavano, 85 (tra cui Dmitrievski), sono state arrestate  e la maggior parte di loro è rimasta in “stato di detenzione” all’interno di pullman della polizia, senza riscaldamento e senza cibo né acqua, fino al giorno successivo.

Il 16 marzo, Dmitrievskii è stato condannato a nove giorni di detenzione amministrativa, per aver preso parte a una manifestazione non autorizzata e aver ignorato ordini emessi legittimamente da parte dei pubblici ufficiali. Ha fatto ricorso ed è stato rilasciato il giorno dopo.

La notte del 24 marzo, Dmitriesvkii era al lavoro nel suo piccolo ufficio, in una stanza della casa di un amico. Dopo aver cosparso di liquido infiammabile le pareti esterne dell’abitazione, degli sconosciuti hanno lanciato delle bombe molotov contro le finestre.

 “Non sono riusciti a rompere i vetri della porta di casa e della finestra perché erano protetti dalle grate. Il figlio del mio amico ha visto un uomo fuggire via, lasciando sul posto altre bottiglie molotov. Abbiamo chiamato la polizia, ma sono arrivati dopo secoli… Si sono presentati alle due di notte, dicendo che avevano saputo dell’episodio solo un quarto d’ora prima. Poi hanno detto che il loro distretto di polizia ha a disposizione solo un’automobile…” – racconta Dmitrievski.

Dmitrievskii e il suo amico si sono fatti grasse risate: quando loro organizzano una manifestazione, anche piccola, arrivano di corsa decine di poliziotti, pullman e automobili.

Quella notte è trascorsa in attesa degli inquirenti che alla fine, tra un’alzata di spalle e un’altra, hanno deciso che si trattava di danni lievi.

“Peccato che la casa sia di legno e che ci vivano anche dei bambini. Se non ci fossero state le grate e avesse preso fuoco?” – si chiede Dmitrievski.

Sarà stato anche un danno lieve, ma purtroppo e soprattutto non è stato un episodio isolato. Due giorni prima, il 22 marzo, dopo una telefonata anonima che segnalava una minaccia terroristica, la polizia si era presentata in forze all’abitazione

“Eravamo una trentina nel nostro piccolo ufficio, discutevamo di strategia, c’erano poster ovunque e un Putin di pezza. Loro sono arrivati coi cani e con le attrezzature d’emergenza. Abbiamo continuato la nostra riunione per strada mentre perquisivano l’abitazione palmo a palmo… Davvero divertente” – commenta amaramente.

E all’inizio del mese, un altro episodio inquietante:

 “Il 2 marzo abbiamo trovato la porta di casa sporca di vernice arancione e dei volantini in terra con su scritto ‘durante il medioevo, le piaghe si curavano col fuoco. Questo luogo verrà curato col fuoco’. Abbiamo portato i volantini alla polizia. Nei giorni successivi, abbiamo telefonato per sapere se avevano indagato ma ci hanno detto non trovavano più i volantini. Allora glieli abbiamo riportati, del resto ne avevano distribuiti così tanti…”

Stanislav Dmitrievski non ha paura, almeno non ancora. Ma il 27 marzo hanno lanciato pietre contro l’abitazione di un altro oppositore, Yuri Staroverov. Lui è in carcere, a causa della manifestazione del 10 marzo, ma la moglie era in casa. Anche stavolta, la polizia è arrivata ore dopo. Non hanno neanche scattato una foto.

 “Quanto ci vorrà ancora prima che qualcuno di noi faccia una brutta fine?” – chiede Dmitrievski.




Lasciare un commento