martedì 10 settembre 2019 - Riccardo Noury - Amnesty International

Russia, a Mosca campagna elettorale con attacchi ai diritti umani senza precedenti

Il periodo che ha preceduto le elezioni della Duma (il parlamento) di Mosca dell’8 settembre è stato caratterizzato, secondo Amnesty International, da grandi proteste come non se ne vedevano da anni ma anche da una repressione senza precedenti della libertà di manifestazione e di espressione.

Dopo le manifestazioni del 27 luglio e del 3 agosto contro l’esclusione dei candidati che intendevano sfidare il sindaco di Mosca e di quelli del partito Russia Unita, migliaia di manifestanti pacifici e di semplici spettatori sono stati arrestati e sono state loro inflitte multe esorbitanti.

Gli organizzatori, reali o percepiti, delle proteste sono stati condannati a periodi di detenzione amministrativa da 10 a 30 giorni, in alcuni casi più volte. Ilya Yashin, presidente del municipio di Krasnoselsky, è stato arrestato per la prima volta il 29 luglio e sta scontando il suo quinto periodo consecutivo di detenzione amministrativa.

Per isolare ulteriormente le persone arrestate nei quartieri centrali di Mosca, le autorità hanno fatto processare alcune di loro in tribunali estremamente periferici e fatto scontare le condanne alla detenzione amministrativa in prigioni distanti anche 70 chilometri dalla capitale.

Nonostante il carattere abbondantemente pacifico delle proteste, le autorità hanno avviato indagini contro numerosi manifestanti – molti dei quali avevano avuto un comportamento tutt’altro che aggressivo – ricorrendo ad almeno quattro diversi articoli del codice penale, tra i quali “atti di violenza nei confronti di agenti di polizia” e “disordini di massa”, dei quali non vi è mai stata traccia.

Yegor Zhukov, uno studente di 20 anni, è stato accusato di “istigazione a disordini di massa” poiché avrebbe detto alle persone di non sostare sulla strada ma di disporsi sul marciapiede. Accortesi dell’assurdità, le autorità hanno sostituito il capo d’accusa con quello di “istigazione ad atti di estremismo”, per dei video che aveva pubblicato su YouTube due anni prima.

Il sistema penale russo impiega solitamente mesi o anche anni per concludere le indagini, ma questa volta alcune persone sono state giudicate colpevoli e condannate alla velocità della luce.

Nel caso di Konstantin Kotov (nella foto del Centro per i diritti umani “Memorial”), gli inquirenti hanno completato le indagini in tre giorni e lo hanno condannato a quattro anni di carcere per il “reato” di aver preso parte a ripetute manifestazioni “non autorizzate”. In altri termini, è stato condannato per qualcosa che secondo la Corte costituzionale russa, non costituisce reato.

Una preoccupante novità è stata la minaccia, verificatasi in almeno due casi, di togliere i figli a coppie che li avevano portati con sé alle manifestazioni.

Amnesty International ha chiesto alle autorità russe di abbandonare tutte le indagini basate su accuse pretestuose come quelle per “disordini di massa” e di disporre il rilascio immediato di Konstantin Kotov e di tutte le altre persone arrestate per aver cercato di esercitare in modo pacifico i loro diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica.




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