venerdì 17 febbraio 2017 - Riccardo Noury - Amnesty International

Rifugiati, quanta ipocrisia nelle critiche europee a Trump

Mentre il presidente Donald Trump, con un tratto di penna, impediva l’ingresso negli Usa alla maggior parte dei cittadini provenienti da sette paesi musulmani e sospendeva il programma di reinsediamento dei rifugiati, buona parte dei leader europei prendeva le distanze da quella politica e da quei provvedimenti irresponsabili e intrisi di discriminazione sostenendo una “diversità” del Vecchio continente:

“Fa parte della nostra identità: noi celebriamo i muri che si abbattono e i ponti che si costruiscono”, gli replicava Federica Mogherini, alta rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Parole nobili, certamente.

Ma a proposito di muri e ponti, l’Europa ha qualcosa da insegnare a Trump?

In che modo le politiche di Trump sono peggiori di quelle adottate in Ungheria dal primo ministro Orbán? E il muro col Messico è così diverso dal blocco della rotta balcanica?

È trascorso quasi un anno dalla firma dell’accordo con la Turchia.

Questo accordo, destinato a rimandare i richiedenti asilo in Turchia sull’assunto che questo paese è sicuro, sta lasciando migliaia di persone in un limbo giuridico e condizioni squallide e insicure sulle isole della Grecia e ha causato il rinvio illegale di richiedenti asilo in Turchia in flagrante violazione dei loro diritti umani. E dalla Turchia non pochi sono stati rimandati nelle zone di guerra, come Siria e Afghanistan.

Amnesty International ha verificato che alcuni richiedenti asilo sono stati espulsi in tutta fretta senza poter presentare richiesta d’asilo o appellarsi contro il primo diniego, in violazione del diritto internazionale.

In omaggio al principio illegale “un ingresso in cambio di un’espulsione”, dalla Turchia in un anno sono arrivati 3000 rifugiati siriani. Questo è il contributo dell’Unione europea alla più grave crisi globale dei diritti umani: 3000 rifugiati presi dalla Turchia su un totale di due milioni e ottocento mila!

Quel che è peggio è che i leader europei descrivono l’accordo come un successo, mentre chiudono gli occhi di fronte al costo, insopportabilmente alto, pagato da chi ne sta subendo le conseguenze.

A coloro, Italia in prima fila, che sostengono che quello con la Turchia è il modello per ulteriori accordi con paesi quali Libia, Sudan e Niger dovrebbe essere impedito di replicarlo. Allora sì che l’Unione europea potrebbe essere coerente nelle critiche a Trump.




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