venerdì 6 dicembre 2019 - Riccardo Noury - Amnesty International

Respingimenti: cosa dice davvero la sentenza del Tribunale di Roma

Il 28 novembre il Tribunale civile di Roma si è pronunciato sulla causa – appoggiata da Amnesty International Italia e Associazione studi giuridici sull’immigrazione – presentata da 14 richiedenti asilo respinti in mare verso la Libia nel 2009.

Una sentenza estremamente importante, della quale tuttavia molti commentatori non hanno colto l’aspetto centrale.

Non si tratta, come pure si è detto e letto, che il Tribunale di Roma abbia stabilito che i respingimenti sono illegali. Fosse questo il punto, la causa e la sentenza sarebbero state superflue.

Che i respingimenti siano illegali lo dicono già le norme italiane e internazionali, a tal punto che il divieto di respingimento fa ormai parte del diritto internazionale consuetudinario.

Peraltro, già nel 2012 l’Italia era stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani, nella nota sentenza Hirsi Jamaa e altri contro l’Italia. Questo, tra l’altro, spiega perché da allora il nostro paese abbia cercato a tutti i costi un partner cui affidare questo “lavoro sporco”, trovandolo alla fine nella Libia e nella sua guardia costiera.

L’aspetto innovativo e fondamentale della sentenza del Tribunale di Roma è un altro: il respingimento dei 14 ricorrenti ha impedito loro la possibilità di presentare domanda d’asilo e che ora è dovere dello stato italiano, oltre al risarcimento economico del danno, consentire a quelle persone di entrare in Italia per chiedere protezione internazionale.

In altre parole, la sentenza riconosce che le persone in questione possano esercitare il diritto che gli è stato negato.

E c’è di più. Riporto la parte della sentenza che riconosce la necessità di

“ (…) Espandere il campo di applicazione della protezione internazionale volta a tutelare la posizione di chi, in conseguenza di un fatto illecito commesso dall’autorità italiana si trovi nell’impossibilità di presentare la domanda di protezione internazionale in quanto non presente nel territorio dello Stato, avendo le autorità dello stesso Stato inibito l’ingresso, all’esito di un respingimento collettivo, in violazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti dell’Unione europea.”

La sentenza farà precedente: potrà essere applicabile a tutti i casi di respingimento non solo nel mar Mediterraneo centrale ma anche nell’Egeo così come a quelli – tanti e poco conosciuti – di respingimento dagli aeroporti.

 




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