giovedì 14 settembre 2017 - Marco Barone

Referendum Catalogna, #Ref1oct: se la Spagna ha paura della democrazia

La Spagna ha paura della democrazia. Democrazia significa garantire al popolo la libertà di votare, autodeterminarsi, di scegliere, votando. Votando. Qui non è tanto una questione se sia giusta o non giusta l'indipendenza della Catalogna. Che non nasce da ieri, come processo storico.

Ma è una questione di democrazia. La Spagna ha alzato il pugno duro. Definendo come illegale il referendum del 1 ottobre ed attuando una serie di misure intimidatorie e repressive senza precedenti. Dalla chiusura dei siti internet, all'intimazione a non collaborare pervenuta ai 700 e più sindaci catalani, in caso diverso rischiano l'arresto fino ad otto anni di galera, alle intimazioni fatte pervenire ai funzionari e scrutatori che dovrebbero operare per garantire la riuscita del referendum. La Catalogna resiste. Chiuso il sito internet, se ne apre uno nuovo dopo il sequestro di quello principale Non si voterà nei locali delle municipalità? Si voterà nelle scuole. 

E si manifesta per le strade in modo impattante. Se per la Spagna il referendum è illegale, per la Catalogna è legale e si appella ai trattati internazionali, ai principi di autodeterminazione dei popoli, all'articolo 96 della Costituzione spagnola del 1978 che stabilisce che le norme relative ai diritti fondamentali e alle libertà pubbliche verranno interpretate in accordo con i trattati internazionali applicabili in materia.

Il Parlamento di Catalogna ha espresso in modo continuo e inequivocabile il diritto della Catalogna di autodeterminarsi. Questo è stato precisato nella risoluzione 98/III, sul diritto di autodeterminazione della nazione catalana, adottata il 12 dicembre 1989 e ratificata dalla risoluzione 679/V, adottata il 1°ottobre 1998, nella risoluzione 631 / VIII del Parlamento della Catalogna, sul diritto all'autodeterminazione e sul riconoscimento delle consultazioni popolari sull'indipendenza, adottata il 10 marzo 2010.

E recentemente, con la risoluzione 5/X del Parlamento di Catalogna, che approva la dichiarazione di sovranità e il diritto di decidere del popolo della Catalogna e la risoluzione 306/XI, adottata il 6 ottobre 2016, sull'orientamento politico generale del Governo, che hanno affermato il diritto indispensabile e inalienabile dalla Catalogna all'autodeterminazione con una maggioranza parlamentare favorevole all'indipendenza.

Ricorrere al pugno duro che rischia di produrre uno scontro non solo politico, già ai massimi livelli e forse senza precedenti, è un grave errore. La Catalogna andrà avanti per la sua strada. Avrebbero dovuto affrontare questa partita solo politicamente .La reazione altro effetto non avrà che favorire il conseguimento dell'indipendenza catalana, quelli che prima erano dubbiosi probabilmente per orgoglio ritrovato voteranno a favore dell'indipendenza. Come penserà Madrid di fermare tutto ciò? Militarizzando la Catalogna?

Mandando in galera gli oltre 700 sindaci catalani? Tutti quelli che sosterranno il processi di indipendenza? In una Spagna che continua a mantenere una monarchia anacronistica e superata dalla storia? Se l'indipendenza catalana è arrivata fuori tempo massimo, la risposta di Madrid non fa altro che favorirla. La repressione è destinata ad essere sconfitta quando hai un popolo intero che ti resiste e soprattutto quando la democrazia diventa solo crazia senza demo. A livello europeo si dovrebbe prendere una posizione chiara e netta su quanto sta accadendo. Non si può rimanere indifferenti. Ripeto, non è una questione di essere favorevoli o meno all'indipendenza, ma di democrazia. E non è un banale affare di stato interno e tutto spagnolo. Qui la posta in gioco è molto più alta e l'Europa non può stare zitta.
Marco Barone




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