martedì 5 aprile 2022 - UAAR - A ragion veduta

“Reazionari di tutti i paesi, unitevi”. Così la Russia è diventata il faro del fanatismo cristianista e identitario

A leggere e a sentire le dichiarazioni di Putin e del suo entourage, verrebbe da pensare che l’annichilimento dell’Ucraina non sia l’unico obiettivo che Mosca si prefigge di raggiungere con la sua “operazione speciale”.

 

Anzi, pare addirittura che non sia neppure il più importante. E benché ci voglia un certo esercizio d’astuzia nel negare che siano le città ucraine a trovarsi da settimane sotto un’incessante pioggia di bombe e missili russi, nei discorsi dello zar e dei suoi seguaci la guerra sembra assumere una portata decisamente più ampia, che abbraccia motivazioni identitarie e — abbastanza curiosamente per un paese in cui sino a tre decenni fa vigeva l’aconfessionalismo di Stato — religiose. Nell’era delle identity politics, guerre tradizionali e guerre per il tradizionalismo arrivano a sovrapporsi.

Lo stesso Putin, del resto, non si è affatto astenuto dal citare la Bibbia durante il suo discorso alla nazione tenuto allo stadio Luzniki alcuni giorni fa. Il gesto è apparso a molti immotivato ed innovativo, anche se è perfettamente motivato e tutto fuorché innovativo. I testi sacri si prestano infatti piuttosto bene ad interpretazioni guerrafondaie, e fare una lista esaustiva dei leader politici che hanno battezzato le loro guerre con citazioni bibliche e coraniche è praticamente impossibile. Decisamente singolare è stato invece l’appoggio incondizionato alla guerra offerto dal patriarca ortodosso Kirill. Anche in questo caso, l’innovazione non sta nel fatto che un leader religioso si cimenti in discorsi dalla retorica militarista e guerrafondaia: la storia è piena di esempi del genere. Sono piuttosto le motivazioni a suscitare una certa curiosità: il patriarca, molto vicino al semi-dittatore russo, ha infatti dichiarato che la guerra, a suo parere giusta, è innanzitutto una guerra contro il gay pride e le lobby LGBT. Kirill è infatti convinto che esista una netta distinzione tra il mondo occidentale, piegato al liberalismo e all’ideologia LGBT, e la Russia, che non si piega alla cultura della ‘libertà’, del gay pride, del consumismo e del lusso (come testimoniato dalle sue sobrie vesti in seta intarsiate d’oro e diamanti). Nei fatti, ha riproposto temi e motivi cari alla fazione identitaria e cristianista, che con la Russia di Putin ha intrattenuto legami molto intensi negli ultimi anni.

Dopo lo scoppio della guerra, alcuni leader di questa fazione politica sono corsi ai ripari cancellando dai social network qualsiasi post che manifestasse apprezzamento nei confronti di Putin; altri, che poche settimane prima erano ricevuti cordialmente dallo ‘zar’ a Mosca, si sono chiusi in un silenzio assordante, nel quale le parole ‘Putin’ e ‘Russia’ vengono evitate come la peste; altri ancora, che nella nazione che governano hanno introdotto leggi anti-LGBT tanto dure quanto quelle di Putin, dimostrano invece un livore anti-russo dovuto esclusivamente a motivazioni storiche e non di certo ad un qualche dissenso su libertà individuali, autodeterminazione e laicità. La Russia di Putin è difatti ormai da anni un punto di riferimento per i movimenti anti-LGBT occidentali. Tra i molteplici ammiratori del presidente russo si annovera non a caso anche Lorenzo Fontana, ex ministro della Famiglia durante il governo Conte I ed ora vicesegretario e responsabile esteri della Lega, il quale dichiarò nel 2018 che la Russia era un modello da seguire per gli identitari europei, salvo poi sottolineare nelle ultime settimane che ora “le cose sono cambiate”. In realtà nel 2018 le cose non erano tanto diverse da ora: per quanto Fontana e i sostenitori di Putin cerchino in tutti i modi di convincere il pubblico che il leader russo sia impazzito nell’arco di pochi giorni, la realtà è ben diversa. La deriva autoritaria ed illiberale della Russia è in corso da almeno 20 anni. E le famigerate leggi anti-gay, che di tale deriva sono tra le manifestazioni più evidenti, sono state approvate dalla Duma nel 2013, politicamente parlando un’era geologica fa. Il sospetto che alla compagine identitario-cristianista ben rappresentata nel Parlamento italiano le leggi anti-gay russe piacessero (e piacciano) è però forte; ed è altrettanto forte il sospetto che, se ne avessero la facoltà, non esiterebbero molto ad introdurre norme simili anche in Italia.

Nel discorso di Alexandr Dugin, l’ideologo di Putin, emergono poi numerosi temi e motivi molto cari ad una precisa parte politica: una tendenza spiccatamente reazionaria affiancata a teorie del complotto e opposizione al “globalismo”. Recentemente intervistato dal quotidiano italiano la Verità (che negli anni si è fregiato di collaborazioni di spessore, come la dott.ssa Silvana de Mari, inspiegabilmente radiata dall’albo dei medici dopo aver sostenuto — tra le altre cose — che l’omosessualità non esiste e che i rapporti anali siano un’iniziazione al Satanismo) e, surprise, sui canali TV d’un ex premier italiano molto vicino a Putin, Dugin ha infatti sostenuto che l’Occidente rappresenti l’“Anticristo”, la Russia invece “l’eredità della Beata Vergine Maria”. La guerra, a suo modo di vedere, ha inoltre un obiettivo molto più ampio: combattere il liberalismo occidentale e il partito del “Grande Reset” delle élite globaliste, a cui Dugin contrappone il partito del “Grande Risveglio”. Bisogna — così Dugin — evitare che l’ideologia liberale ottenga “il pieno controllo sull’umanità”. L’artiglieria e l’aviazione russa, verrebbe da dire, hanno una mira pessima: mirano all’anticristo, ma purtroppo le loro munizioni colpiscono case, scuole e ospedali. Ogni “operazione speciale”, del resto, ha i suoi danni collaterali.

Simone Morganti

 



1 réactions


  • Guido (---.---.---.107) 6 aprile 2022 10:32

    Aspettando il Te Deum di Kyril ho gustato la foto dei putinian ceceni che pregano con le palme rivolte al cielo, Allah è grande e misericordioso


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