lunedì 21 giugno 2021 - Marco Barone

Quel mito contro il socialismo jugoslavo: dalla "domenica delle scope" al weekend triestino dei jeans

C'è chi la rimpiange e chi la odia ancora oggi. Sta di fatto che la Jugoslavia è stata un qualcosa di irripetibile e che difficilmente si ripeterà. Si è fatta da sola e si è distrutta da sola, artefice del proprio destino, della propria vita. 

Un popolo che ha resistito all'invasore nazifascista, che lo ha sconfitto, che ha creato una Repubblica socialista cuscinetto tra Oriente ed Occidente. Come si viveva in Jugoslavia questo può raccontartelo solo chi ci ha vissuto realmente, e le testimonianze sono diverse, spesso condite da nostalgia ideologica, e l'ideologia non era un male, abbiamo visto oggi cosa significa vivere in un mondo senza più ideologia, non ci sono più ideali, c'è il vuoto, con il capitalismo che se la canta e balla da solo, nel bene e nel male di chi lo subisce. Eppure ancora oggi esistono ai danni della Jugoslavia due miti, o meglio due eventi, mitizzati all'inverosimile con lo scopo di demolire l'immagine del socialismo. Due fatti che sono accaduti, ma a volte ingigantiti, strumentalizzati, diventati nella narrazione nazionale memoria di parte un dogma anti socialista. Ed il problema è che oggi, la Jugoslavia non ha la possibilità di potersi difendere perché non esiste più, e Paesi come la Slovenia, e fu il primo a filarsela a gambe levate dal socialismo jugoslavo, per diventare capitalista all'ennesima potenza hanno tutto l'interesse di coltivare certe immagini o quanto meno di non contrastarle e ricondurle nella giusta dimensione. La prima è sicuramente quella passata alla storia come la domenica delle scope. Come se in Jugoslavia non ci fossero scope. Un fatto che ha attirato anche l'attenzione della Stampa nazionale. Erano in corso trattative tra Italia e Jugoslavia per allentare le strette al confine tra Gorizia e Nova Gorica come evidenzia la Stampa del 13 agosto 1950 che faceva riferimento a quanto accaduto a qualche giorno prima. Prima di quel 13 agosto 1950.

"Anche oggi dalle 17 molti cittadini hanno potuto incontrarsi presso il sottopassaggio ferroviario al valico della Casarossa (Gorizia). Un'ottantina di goriziani hanno potuto parlare con abitanti in Jugoslavia mentre dall'altra parte c'erano un centinaio di persone". Quindi questi incontri erano graduali e concordati. Frutto di una chiara volontà istituzionale. Poi, arriva la fatidica domenica. Con circa 5000 cittadini jugoslavi che entrarono a Gorizia e ci furono anche dei tafferugli. Così riporta la Stampa del 14 agosto 1950: 

La folla travolge i cordoni di polizia. Cinque feriti nel tafferuglio di Gorizia. Ieri mattina, approfittando della speciale concessione concordata tra le autorità di confine italiane e jugoslave per colloqui collettivi in un punto della zona neutra, e precisamente al valico di Casa Rossa, circa cinquemila persone provenienti dai vari Paesi passati alla Jugoslavia, si sono ammassate alla sbarra di confine, hanno travolto i cordoni di polizia jugoslava e si sono riversate in Gorizia. Scene pietose sono avvenute tra parenti e conoscenti che da anni non si vedevano. I negozi, aperti per l'orario di Ferragosto, sono stati presi d'assalto dai visitatori. Generi alimentari, medicinali, scope sono state acquistate in grandi quantitativi. La polizia italiana ha poi rastrellato e convogliato presso il valico di confine quanti erano privi del regolare permesso. Nel tafferuglio avvenuto nel momento in cui i cordoni di polizia sono stati travolti, si sono avuti cinque feriti non gravi, ricoverati negli ospedali cittadini. Nessun incutente si è avuto a Gorizia- tra la popolazione e gli sloveni riversatesi d'oltre confine. Infatti lo spazio della zona neutra destinato ai colloqui non aveva potuto contenere le molte, migliaia di italiani e di jugoslavi che s'erano dati appuntamento al posto di confine. Per tutto il pomeriggio è continuato il passaggio ordinato, attraverso il valico della « Casa Rossa » delle persone che dovevano rientrare nel proprio territorio nazionale entro la fascia oraria concordata. Scene commoventi si sono ripetute al momento del commiato tra i congiunti e conoscenti. 

Un fatto ingigantito all'inverosimile e che venne usato dalla propaganda per colpire la Jugoslavia, un Paese dove non si trovavano neanche le scope si disse. E le conseguenze le pagarono i cittadini perché quelle misure di allentamento vennero poi sospese. Nova Gorica era una città che iniziò a prendere forma nel 1948. Nata dal nulla, hanno costruito una città nuova, importante, che doveva brillare oltre confine, si disse, tanto che oggi è diventata capitale europea della cultura. I fatti andrebbero ricondotti nella giusta dimensione, nel giusto contesto. La domenica delle scope non è stata una fuga dalla Jugoslavia, non è stata una corsa disperata nella Gorizia assistita dallo Stato italiano a livello economico, non è stata una fuga nel capitalismo, ma una giornata di shopping e di condivisione tra le due Gorizia divise a causa dei disastri compiuti dall'Italia fascista. Il punto è l'uso che se ne è fatto di quella giornata. Ideologico e strumentale per colpire la Jugoslavia.Similmente a quello che è accaduto per anni sui weekend triestini. Arrivavano anche con i bus dalla Jugoslavia facendo ore di viaggio per comprare i jeans. Si nascondevano i vestiti sotto le gonne, e così via dicendo si è sempre detto. Eppure quando scoppiò la guerra nel '90 e quel turismo da outlet diffuso nel centro di Trieste, venne rimpianto soprattutto dai commercianti triestini e meridionali che fecero la fortuna con i soldi che provenivano dalla Jugo. I famosi weekend triestini usati come per la domenica delle scope per colpire a livello d'immaginario la Jugoslavia. Eppure quando gli italiani andavano in continuazione a rifornirsi di caramelle pez che qui non si trovavano, di carne, di sigarette, di biscotti, di grappa, con gli stessi espedienti adottati spesso dagli jugoslavi quando facevano compere in Italia, non è stato costruito nessun mito. Due pesi e due misure, perchè quello che contava era demolire la Jugoslavia ed il socialismo. 

mb




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