sabato 17 novembre 2018 - Angelo Bruscino

Quale turismo e quale bellezza per il futuro di Napoli?

Quale bellezza e quale turismo desideriamo ? Sono queste le domande dietro le quali si nasconde il futuro di Napoli. 

 

La nostra città è un brand con una portata mondiale e la sua bellezza ha un valore che ogni giorno viene monetizzato, partendo da questa certezza, vale la pensa riflettere sulla recente polemica per i lavori della Metro a piazza Plebiscito che è la prova di come le istituzioni provano a gestire la bellezza e lo spazio urbano.

 

I dati sullo sviluppo turistico di Napoli raccontano di una città, diventata un attrattore turistico nel panorama nazionale ed internazionale. Ma quali turisti ci scelgono come meta è come stanno trasformando il nostro contesto urbano?

 

Il turismo a Napoli è sempre più una importante economia e questo non può che essere un fatto positivo. Ciò non di meno, è importante per la città interrogarsi su dove si stia andando. Le polemiche su Piazza Plebiscito rimandano a un non detto. 

Una volta liberata la piazza, cosa ci vogliamo fare? Ci sono voluti anni per procedere all’affitto dei locali sotto i portici e la verità è che, sgombrata “la montagna di sale”, quello spazio si è riempito solo di scugnizzi che giocavano a pallone. 

 

La politica, infatti, più che governare il turismo, lo ha subito.

Il paradosso è che De Magistris ha favorito un turismo iperliberista, lasciando che la sharing economy modellasse la città secondo i suoi imperativi. Il pullullare di B&B e negozietti paccottiglia attira un turismo a basso valore aggiunto, che consuma e sporca la città, portando benefici solo ai proprietari di casa. 

 

Abbiamo in questo modo alimentato un turismo mordi e fuggi che, non solo sporca la città, ma espelle i residenti dal centro, perché tutti gli immobili vengono riconvertiti in ostelli e pizzetterie. Napoli dovrebbe, invece, andare in direzione di un turismo di qualità incentrato sul San Carlo, sulle nostre chiese, e che spende nei ristoranti migliori. Il caso di Barcellona è esemplificativo; la sindaca Ada Colau è stata eletta su di una piattaforma politica che metteva in discussione i benefici collettivi della sharing economy. 

 

Nonostante De Magistris si ispiri alla sindaca catalana e usi un linguaggio da fervente anticapitalista, le sue politiche turistiche, dagli aperitivi sul lungomare ai concerti pop alla Rotonda Diaz, hanno favorito un turismo iperliberista, che fa della uberizzazione dell’economia e degli spazi urbani la sua ragione d’essere. Il sindaco ha parzialmente posto rimedio a questo liberismo selvaggio siglando un accordo con la principale piattaforma di sharing economy alberghiera per far pagare la tassa di soggiorno, ma oramai la frittata era fatta. Dove vanno i proventi di quella tassa? 

 

Sono utilizzati per indennizzare chi ha sopportato i costi di questa trasformazione urbana? La movida selvaggia, il caos dei baretti, tutto va in direzione di una sfrenata deregulation della gioia di vivere. 

 

Per questo, è su quale idea di città, e in particolare su quale turismo, che si giocherà la partita politica su Napoli, senza poter trascurare i temi laterali e centrali legati alla mobilità, dalle strade, al trasporto pubblico, alla manutenzione e al ripristino dell'antkca bellezza, ai tanti servizi necessari a trasformare una città stupenda ma in perenne difficoltà in una vera capitale del turismo mondiale.

 




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