martedì 8 ottobre 2019 - Aldo Funicelli

Presadiretta – Italia spaccata

Italia spaccata in due per la sanità, per la scuola, per le infrastrutture, per gli investimenti.

L'inchiesta di Presa diretta parte dalla storia di Tiziana Lombardo, morta all'ospedale di Vibo Valentia durante il parto: all'archiviazione della procura si è opposta la famiglia che denuncia le carenze di personale, difficoltà logistiche, come lo spostamento delle barelle nei reparti.
La sala parto non è allo stesso piano della degenza, costringendo i medici a fare delle gimcane: si aspettano anni per la nuova sala parto, che sarebbe pure allo stesso piano.
Si aspettano anni anche per il nuovo ospedale e nel frattempo mancano fondi per ristrutturare la struttura di Vibo Valentia.
 
Dal 2012 la sanità della Calabria è in rientro dunque niente turn over: significa carenza di infermeri e medici, significa che la sala parto dell'ospedale di Vibo è ancora inagibile e che, di fatto, in Calabria si ha meno diritto di nascere in sicurezza.
 
In Emilia l'altra Italia: quella dove il neonato è seguito fin dall'inizio, dove le madri sono ascoltate, vengono visitate, vengono supportate anche psicologicamente.
All'ospedale “Casa della salute” di Parma le donne vengono accudite, si crea una rete attorno alle mamme: c'è un progetto integrato che mette assieme ospedali, psicologi, a supporto delle madri, nei primi giorni della nascita, e dei bambini.
 
Il tasso di mortalità infantile è al sud al 3,5% mentre al nord siamo al 2%.
L'offerta sanitaria di Campania e Calabria è al di sotto dei LEA, i livelli minimi.
 
Lo dicono i numeri, lo dicono le testimonianze delle persone.
 
Le due scuole: non solo per la sanità, anche nell'offerta scolastica l'Italia è spaccata.
Il giornalista di Presadiretta ha raccontato la storia delle due scuole: quella di Taranto, quartiere Paolo VI e quella di Melzo. Entrambe dedicate ad Ungaretti: la prima, poco dopo essere inaugurata, per problemi di infiltrazione, è stata chiusa, per inagibilità. I lavori per riparlarla non sono stati fatti e oggi è abbandonata a sé stessa.
Qui insegnava il professor Leogrande: per evitare che i vandali distruggessero del tutto l'istituto, ci passava dentro la notte.
Oggi gli studenti e le insegnanti sono state trasferite all'istituto Giovanni Falcone e stanno facendo di tutto affinché non si ripeta la storia della Ungaretti: “la scuola non si tocca”.
 
A Melzo si trova un'altra scuola Ungaretti: qui gli studenti lavorano con computer, con robot, con la realtà virtuale, creano cortometraggi.
LA scuola era stata progettata dal Politecnico di Milano, con appalti trasparenti ed è stata finanziata dal comune: oggi è la scuola più innovativa d'Italia, gli studenti sono preparati allo studio dell'inglese, a vivere in un mondo proiettato nel futuro.
Ed è una scuola pubblica, dove l'amministrazione comunale di Melzo ha contribuito a tutte le spese, come un investimento per il futuro.
 
Non tutte le scuole di Taranto sono disastrate e non tutte le scuole di Melzo sono all'avanguardia: la lezione che impariamo è che nelle scuole si deve investire.
Su Taranto arriveranno 3.5 milioni di euro, tra regione e Miur, per ristrutturare i 55 plessi scolastici della città che hanno bisogno di lavori: è uno degli obiettivi primari di questa amministrazione, spiega l'assessore all'istruzione.
 
A Melzo, l'assessore al patrimonio parlava degli investimenti fatti nella scuola: 100mila euro per la formazione dei docenti.
Mentre a Taranto Arcelor Mittal e i Riva non hanno messo un euro per le scuole della città.
 
Il ministro Giuseppe Provenzano è uno di quelli senza portafoglio: si dovrà occupare della rinascita del mezzogiorno e della coesione territoriale del paese.
 
“Ho provato rabbia vedendo queste immagini” ha raccontato il ministro: la tua vita non può dipendere dal tuo codice fiscale, questo nega i principi della nostra Costituzione.
La prima visita il ministro l'ha fatto ad una scuola di Palermo, dove non c'erano i mezzo della scuola di Melzo ma che comunque costituiva un mezzo di coesione: i dati della dispersione scolastica sono preoccupanti, è un fallimento delle istituzioni.
Dobbiamo aumentare l'offerta degli asili per consentire alle donne di poter lavorare, dobbiamo investire nella sicurezza delle scuole.
Ci sono soldi non spesi che dobbiamo usare per questi investimenti, con un patto con le amministrazioni locali.
Ogni venerdì i ragazzi ci ricordano dell'ambiente e noi dobbiamo cambiare le nostre scuole nell'ottica green: procedure standardizzate per fare i bandi, lo stato ti aiuta per questi progetti.
Il tempo è troppo poco ed è questa la preoccupazione del ministro.
 
Il tema infrastrutturale.
 
Giovanni è un autotrasportatore calabrese: assieme a lui il giornalista ha percorso la ex statale 110, oggi declassata a strada provinciale e, dunque, senza fondi per ristrutturarla.
Dalla 110, alla statale 106, la Ionica: viene chiamata la strada della morte, nel 2018 ci sono stati 26 morti, è una strada con una sola carreggiata a due sensi, niente doppie corsie.
 
La strada di raccordo con la Salerno Reggio Calabria collega le due coste, ma qui le gallerie sono poco illuminate.
Dalle strade ai mezzi pubblici: i luoghi di interesse storico sono collegati solo con bus.
C'è poi il treno che collega Taranto a Reggio Calabria, con un treno che impiega 9 ore e che viaggia ad una velocità di 65km ora.
Non ci sono treni per collegare Reggio Calabria e il suo aeroporto con la provincia: mentre al nord si progettano opere faraoniche e spesso inutili, al sud i servizi e le linee si smantellano.
Come si fa a fare turismo in Calabria?
La fascia Ionica, circa la metà del territorio calabrese, è senza collegamenti: spiagge bellissime, tesori non sfruttati, borghi bellissimi come Gerace. Tutti posti che puoi raggiungere solo con l'auto su strade dissestate. O con pullman che non hanno spazio per muoversi.
Nell'Aspromonte ci sono parchi con paesaggi mozzafiato: una Calabria bella e nascosta per colpa della mancanza di infrastrutture.
 
In Emilia Romagna passano il 40% delle merci italiane grazie agli investimenti in infrastrutture: l'aeroporto, le autostrade, le stazioni ferroviarie.
Il sistema di infrastrutture bolognese è tutto integrato, per favorire le aziende che qui vengono ad investire e che usano treni, strade e aeroporti per lo spostamento delle loro merci.
Un esempio è la Ducati: la presenza di infrastrutture consente l'arrivo di merci nello stabilimento nell'arco della giornata.
La città metropolitana ha pianificato questa rete di infrastrutture, pensando e immaginando al futuro, assieme alle aziende: questa strategia ha preso forma quando eravamo in piena crisi, per esempio l'interporto.
 
In questo modo, in dieci anni la Ducati ha potuto crescere, usando a piene mani le risorse del mezzogiorno che sono venuti qui a lavorare: è un ragionamento un po' brutale, quello fatto dal capo del personale della Ducati, che considera i meridionali un assett, dimenticandosi che le persone del sud sono costrette ad emigrare per necessità.
 
E' un qualcosa di ineluttabile, qualcosa che non possiamo cambiare?
Si devono ricostruire i viadotti crollati, si devono mettere più treni, mettere servizi: ad oggi l'unica grande opera cantierizzata è la Napoli Bari.
Poco, rispetto a quanto è messo in cantiere al nord: perché si sono fermati i cantieri al nord, perché la politica ha smesso di credere al nord? Si deve credere al sud, le grandi aziende appaltanti, come Ferrovie, Anas, devono investire al sud, non è una causa persa?
 
Ma il nord può fare a meno del sud?
 
Secondo il presidente dello Svimez Adriano Giannola, il nord non è autosufficiente: il nord non ha ancora recuperato il livello pre crisi, cresce a valori di 1.2 o 2%.
LE imprese eccellenti stanno in Italia ma non sono italiane: il nord si sta trasformando in vagoni a rimorchio delle imprese straniere che le controllano, tedesche o cinesi.
Tutto questo perché il mercato del sud è crollato: senza il mercato del sud il nord non corre da nessuna parte.
Negli anni 50-60% la crescita delle imprese era di dieci volte maggiore:
“il nord, bravissimo in Europa, seconda manifattura secondo i miti correnti, non corre da nessuna parte. Se io non risolvo il problema del porto di Napoli, nessuno attracca a Napoli, chi ne risente è Napoli ma anche l'Italia nel Mediterraneo va a picco”.
E lo stesso vale per il porto di Gioia Tauro: “queste non sono questioni di assistenzialismo, questa è una responsabilità del paese, che non si vede più come paese, ma considera questo come un problema a parte.. sono fatti di questi 20 milioni di italiani”.
 
Le considerazioni di Adriano Giannola sono confermate da Banca d'Italia che in uno studio del 2011 stimava che un solo euro di aumento di ricchezza del mezzogiorno, avrebbe determinato un ritorno di 40 centesimi per il centro nord.
E che se i consumatori del sud avessero speso 100 euro in più, la produzione del centro nord sarebbe aumentata di circa 52 euro.
Quindi, secondo questo studio, investire al sud conviene, anche alle imprese del nord: questo lo Stato sembrava averlo capito da tempo, visto che le finanziarie fino al 2008 hanno sempre previsto di destinare il 30% degli investimenti al sud.
Ma secondo gli studi dello Svimez, al sud è solo arrivato il 20% di investimenti effettivi: “aver fatto investimenti solo del 20% è chiaro che pesa su tutto il resto, e dove sono stati fatti quegli investimenti del 14%? Sono stati fatti al nord”.
Negli ultimi 20 anni, su 317 miliardi di opere pubbliche e infrastrutture programmate e in corso di realizzazione, più della metà sono stati destinati ad opere del centro nord, solo 91 miliardi ad opere al sud.
Dunque, contrariamente a quanto si pensa, è il nord che ha estratto risorse destinate al mezzogiorno.
 
Questo sfruttamento è per esempio visibile nel settore oleario: gli ulivi sono al sud ma le imprese si trovano al nord, che significa che la ricchezza ricavata dall'olio rimane al nord.
Il nord produce l'olio e decide i prezzi della grande distribuzione: i grandi marchi delle catene della distribuzione si trovano proprio nelle regioni più ricche ma attingono i beni dalle regioni del sud.
 
Servirebbe un grande marchio al sud, che sia produttore e anche imbottigliatore e distributore: senza intermediazioni, per favorire l'interesse dei produttori.
 
Gli appalti per le grandi opere fatte al sud le vincono le imprese del nord: succede per la Napoli Bari per l'alta velocità, con l'appalto a Salini e Astaldi, come la Pizzarotti di Parma.
Alle aziende del sud arrivano i subappalti, piccoli lavori.
 
La Pizzarotti è cresciuta grazie ai soldi della cassa del mezzogiorno: i soldi per il sud sono finiti, all'80% alle imprese del nord.
Ma oggi come fanno le imprese del sud a crescere, senza investimenti pubblici?
Il taglio degli investimenti pubblici si è fatto sentire molto dopo la crisi: si è fatta l'alta velocità, ma si ferma a Napoli e a Salerno.
La parte più debole del paese viene lasciata a sé stessa: ma qui c'è la parte di crescita potenzialmente più alta, per l'alta presenza di disoccupati e per il bisogno di servizi.
Non è assistenzialismo, racconta Gianfranco Viesti, come è avvenuto negli anni 80: oggi i livelli di assistenza pubblica al sud sono inferiori a quanto succede al nord.
Meno welfare, meno servizi, meno possibilità di crescita.
 
Isaia Sales è un docente dell'università di Napoli: se lo stato investisse nelle eccellenze produttive del sud l'Italia potrebbe competere col resto delle nazioni dell'Europa.
Succede nel settore dell'abbigliamento, nel settore ortofrutticolo, Catania è la seconda provincia nella produzione del settore elettronico, il turismo nel sud vale come la Costa Azzurra più la Corsica.
Ci sono potenzialità enormi, ma dobbiamo sfruttarle e investire: se l'Italia è tra i primi posto al mondo, nonostante sia una nazione a metà, se tornassimo ad essere una nazione vera, saremmo la prima nazione al mondo.
La Germania ha dimostrato che l'arretratezza di un territorio non è un destino: dobbiamo fare una rivoluzione copernicana sulla mentalità del sud, il nord senza il sud non va da nessuna parte.
 
Quali sono le eccellenze del sud?
Napoli, San Giovanni a Teduccio: quartiere a vocazione industriale, qui è nata la prima ferrovia.
Qui è nata la Cirio, poi entrata nell'IRI, passata ai privati: oggi lo stabilimento dopo un periodo di abbandono è diventato un polo tecnologico.
Grazie a 92ml di euro di fondi, tra regione e università, qui sono arrivati i big della tecnologia come Apple, Accenture, che attirano ragazzi con borse di studio.
A beneficiare del lavoro delle acadmy di Digita e di Apple è tutto il quartiere: un sogno che si realizza, un sogno certificato anche dall'Unione Europea che qui ha investito con i suoi fondi.
 
Fondi europei che sono finiti anche in Puglia, dove il PIL è cresciuto in questi anni del 3%: qui è forte l'industria aerospaziale, oltre all'olio e al vino, chi lo avrebbe detto.
Alla Sitael lavorano per la Nasa e per l'agenzia spaziale europea, ha lavorato al Rover Curiosity finito su Marte.
La Silicon Valley pugliese è a Monopoli.
 
In regione sono stati bravi a cogliere gli investimenti e a concedere finanziamenti in cambio del mantenimento dell'occupazione (non soldi dati per aziende poi sparite, dunque).
 
In Calabria lavora la NTT Data Italia, nell'ambito della realtà aumentata: dovranno acquistare nuovi palazzi per i nuovi assunti, giovani laureati delle università calabresi o laureati che tornano qui in Calabria dopo una esperienza all'estero.
 
Va sfatato il mito del nord produttivo e del sud parassitario.
Serve maggiore coraggio per tenere unito il paese: l'Unione Europea ha minacciato già l'Italia, senza investimenti al sud, basta fondi al nostro paese.

L'economista Viesti ha poi criticato la proposta della Lega sull'autonomia regionale: "la redistribuzione delle ricchezze è insita nella nostra Costituzione, tutti i cittadini hanno tutti i diritti riconosciuti a prescindere da dove nasce.
Siamo sfiduciati, non crediamo in un futuro collettivo e dunque la politica e gli italiani pensano solo a sé stessi.
L'Italia o si salva tutta assieme o non si salva". 


1 réactions


  • paolo (---.---.---.49) 10 ottobre 2019 10:33

    Fare un commento è quasi inutile, l’articolo fotografa perfettamente la situazione del paese. Sul come si è arrivati a questi punti richiederebbe invece una analisi lunga e persino difficile. Questo perché gli intrecci politica malaffare- mafiosità in decenni hanno ormai permeato i gangli economico finanziari e istituzionali dell’intero paese in maniera capillare. In estrema sintesi si può solo affermare che questo paese è ormai fuori controllo.

    Ma quello che risulta strabiliante è osservare che un soggetto alla Matteo Salvini, che rappresenta una forza politica (Lega) che si sostanzia al Nord con radici territoriali ed interessi del tutto localistici, riesca a convincere masse di meridionali al suo progetto di potere nazionale. Ennesima conferma che molti dei guai al Sud sono frutto di una mentalità della popolazione meridionale che tende ad essere servile al potente di turno. Sanno che probabilmente verranno fregati, perché tutto sono tranne che degli sprovveduti, ma non possono fare a meno di agganciare il carro del vincitore (o presunto tale).


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