mercoledì 1 agosto 2018 - Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica

Porno "maschile" e porno "femminile"

La pornografia, da molti, viene vista come la rappresentazione di qualcosa di “immorale” e disfunzionale. Prima di addentrarci nell’argomento vi è una distinzione importante da fare tra “Erotismo” e “Pornografia”. Il primo rappresenta “l’espressione più tollerata della nudità”, la seconda, invece, è la raffigurazione “esplicita dell’atto sessuale in cui i genitali hanno ampio spazio, lasciando poche possibilità all’immaginazione” (Quattrini F., 2015).

Pornografia è un termine che deriva dal greco “porne”( prostituta) e “grafia” (scritto), pertanto il termine letteralmente rimanda ad una “rappresentazione scritta o figurata di prostitute” (Ibidem, 2015).

Il filosofo R. Ogien all’interno della sua opera “Pensare la pornografia” (2003) ci propone degli spunti importanti su come considerare una rappresentazione di tipo pornografico:

  1. Stimolazione sessuale intenzionale del consumatore ad opera dell’autore;
  2. Reazioni affettive o cognitive del consumatore (negative: disgusto, irritazione, ecc; positive: eccitazione sessuale, attrazione, ecc.);
  3. Reazione affettive o cognitive del non consumatore ( molto probabilmente solo negative);
  4. Tratti stilistici (esempio: primo piano sui genitali);
  5. Tratti narrativi (esempio rendere disumani i personaggi, e assenza di una morale).

I tratti stilistici e narrativi dall’autore vengono considerati “oggettivi” perché si riferiscono esclusivamente alla raffigurazione delle immagini, mentre, i primi tre punti “soggettivi” perché si riferisco agli “stati mentali e affettivi dell’autore, del consumatore e del non consumatore” (Ogien R., 2003).

In un articolo Pornografia: pornofilia, pornofobia e pornodipendenza pubblicato nel 2010il Dott. F. Quattrini e il Dott. M. Spaccarotella considerano il “porno” la rappresentazione di tutto ciò (immagini e non solo) che per il contesto culturale e sociale può essere legato alla “nudità dei corpi dei soggetti rappresentati”(atti sessuali e manifestazioni del vissuto “emotivo-eccitatorio”, considerati dall’osservatore e da chi vive tali esperienze massima espressione intimità sessuale) (Quattrini & Spaccarotella, 2010).

Quando pensiamo invece alla “Pornografia femminile” dobbiamo necessariamente far riferimento al pensiero femminista, il quale da una parte propone la necessità di un “femminismo pro-sex” (Ovidie, 2002) e dall’altra la completa censura di materiale che esprima la “libera espressione sessuale”. Le femministe che considerano positivamente la pornografia ritengono che l’utilizzo di materiale porno sia una scelta conscia da rispettare. Le donne che intraprendono la carriera da pornostar non rappresentano (per forza) la figura delle “schiave del sesso”, le quali vengono sfruttate solo ed esclusivamente per i piaceri maschili, bensì esse nella realtà sono assolutamente consapevoli del lavoro che svolgono e soprattutto non subiscono nessuna violenza (nè sotto il profilo psicologico, né sotto quello fisico).

Negli ultimi anni la percentuale di donne che visionano contenuti sessualmente espliciti è aumentato esponenzialmente.

La Dott.ssa I. Consolo all’interno del suo libro “ Il piacere femminile” attribuisce questo incremento all’evoluzione che la donna ha subito negli anni, dalla parità dei diritti fra donne e uomini, alla “sessualità più libera e consapevole” delle donne (Consolo, 2017).

Le donne hanno anche iniziato a produrre materiale pornografico, infatti, nel 1997 in Danimarca un gruppo di cinque donne (la sessuologa Gerard Wingher, la giornalista Lilli Henriksen, la modella erotica Christina Lohse, la produttrice Vibeke Vindelw e un’assistente di produzione Mette Nelund) ha iniziato a lavorare su un film pornografico prettamente femminile, basandosi sul “manifesto Puzzy Power” :

  • Collegare ad una storia semplice ed erotica basata su fantasie femminili le scene di sesso;
  • Risvegliare i sensi tramite i sentimenti, le passioni e la sensualità;
  • Le scene di erotismo devono comprendere il corpo nel suo intero e non esclusivamente i genitali;
  • Il racconto può essere ambientato nel passato, presente e futuro;
  • Elemento ben voluto è lo Humour;
  • Filmare qualsiasi scena che non vede protagonista la donna “vittima di violenza”;
  • Vietate immagini con donne “costrette a pratiche erotiche (fellatio) nelle quali subisce un’eiaculazione in faccia mentre il maschio-padrone la trattiene per i capelli”.

Dalla lettura di tale manifesto si può evincere una differenza sostanziale dal “porno maschile”, il quale è immediato ed esplicito con lo scopo ultimo di generare eccitazione e appagamento nello spettatore, e quello femminile che è prettamente erotico, raffinato, in cui viene raffigurato il corpo della donna nel suo “intero sensuale”.

Quindi la pornografia per la donna può rappresentare un “mezzo” per riuscire a carpire meglio i propri bisogni, desideri e tramite la quale accrescere la conoscenza del proprio corpo in modo da riuscire a mettere a punto delle tecniche per poter raggiungere il proprio piacere facilmente. All’interno della coppia, la donna tramite l’utilizzo di materiale pornografico, potrebbe istruire il proprio partner su come “procurarle piacere o vivacizzare un rapporto che rischia la monotonia” (Consolo I., 2017).

 

Tirocinante: Masiello Damiana

Tutor: Fabiana Salucci

 

Bibliografia

  • Consolo, I. (2017). Il piacere femminile: scoprire, sperimentare e vivere la sessualità. Giunti.
  • Ogien R. (2003), Penser la pornographie. Paris: PUF.
  • Ovidie (2002), Porno Manifesto. Storia di una passione proibita (trad. it) Baldini & Castoldi, Milano 2003.
  • Quattrini F., Spaccarotella M. (2010), Pornografia: pornofilia, pornofobia e pornodipendenza. Psicologia Clinica e Psicoterapia Oggi, 3, 14-20.
  • Quattrini, F. (2015), Parafilie e devianza: Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico. Giunti.



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