venerdì 6 dicembre 2024 - Phastidio

Pil pro capite, la crescita oltre le narrazioni

Quando si valuta e "narra" la crescita di un paese, occorre non fermarsi al dato complessivo ma guardare anche a quello pro capite. Immigrazione e produttività alterano le due dimensioni, spesso in modo decisivo

Mesi addietro, ho segnalato la crescente rilevanza del concetto di variazione del Pil pro capite in luogo di quello complessivo, per spiegare le tendenze effettive degli standard di vita di un paese e anche la comparsa di fenomeni di populismo. All’epoca, avevo trattato il caso del Canada, alle prese con una forte immigrazione attivamente ricercata e da cui il paese ha finito con l’essere travolto, costringendo il premier Justin Trudeau, al verosimile capolinea della sua carriera politica, a mettere un freno agli ingressi.

Sul tema torna il Financial Times con un articolo a firma di Valentina Romei, il cui titolo è esplicativo: “Come la demografia può distorcere le narrative economiche“. L’esempio è fornito dal “miracolo economico” della Spagna. Lo so, l’espressione è iperbolica ma se fosse l’Italia ad avere simili tassi di crescita, avremmo caroselli per strada giorno e notte e celebrazioni ininterrotte sui media più o meno indipendenti, oltre a richiami all’impero romano e alle nostre geniali radici.

Il “miracolo” spagnolo

Tornando alla Spagna, e in attesa di ulteriori analisi, la demografia ci dice che il paese iberico, nell’ultimo anno, ha avuto un aumento di immigrazione del 5 per cento. Di conseguenza, il Pil pro capite quest’anno crescerà di “solo” 1,7 per cento, contro previsioni del FMI per un più 2,9 per cento complessivo. Con questa rettifica, la Spagna scende dal secondo posto della crescita complessiva all’ottavo di quella pro capite per i paesi sviluppati, secondo stime sempre del FMI.

Anche se il Pil complessivo conta, ad esempio per lo stato di salute delle finanze pubbliche, quello pro capite identifica le variazioni degli standard di vita. Come scrive Romei nell’analisi, non ha particolare rilevanza osservare che un paese ha aumentato la produzione di mele da 10 a 15 se il numero di persone che le mangiano è aumentato della stessa misura.

Tutto riporta quindi all’andamento della produttività del lavoro, intesa come terminale della dotazione di capitale, dell’organizzazione del sistema produttivo e del contesto istituzionale e legale di un paese. Non certo -ripetiamolo alla nausea- inteso come forma di cottimo.

E qui si torna all’esempio negativo del Canada, che ha premuto sull’acceleratore dell’immigrazione ottenendo una crescita complessiva nel complesso soddisfacente, pur se non stellare (+1,2 per cento quest’anno) ma a prezzo di un tracollo del Pil pro capite, che lo scorso anno si è contratto di ben 1,5 per cento, rivelando tutti i problemi di insufficiente crescita di produttività del paese nordamericano, evidenziati dallo stesso FMI. Il forte afflusso di immigrati ha determinato anche forti pressioni rialziste sui prezzi di immobili e affitti, con conseguente reazione dell’elettorato che ha messo nei guai Trudeau.

Per gli Stati Uniti, la crescita complessiva è stimata a +2,8 per cento e quella pro capite a +2,3 per cento, a indicare che la crescita della produttività compensa significativamente il forte aumento di immigrazione. Per contro, la Germania si trova oggi nel peggiore dei mondi possibili, oltre che a un ruvido risveglio, visto che la sua crescita è negativa sia complessivamente che pro capite.

I paesi grandi anziani e la sostenibilità del debito

Per contro, l’analisi della crescita pro capite sembra in qualche modo vendicare i due paesi “grandi anziani” del pianeta sviluppato: Giappone e Italia. A dirla tutta, per noi il dato non varia tra complessivo e pro capite, restando a +0,7 per cento. Il Giappone, invece, migliora da +0,3 complessivo a +0,8 per cento pro capite.

Ovviamente, come scritto sopra, il dato complessivo resta fondamentale perché è quello su cui tra le altre cose si misura il livello del Pil e non solo la sua variazione. Se la popolazione si restringe, anche il primo si riduce (ceteris paribus), anche se la sua variazione pro capite può apparire non negativa. E soprattutto, ricordiamo che è il Pil complessivo quello che indica (malgrado le bizzarre tesi contrarie di qualche divoratore di ciliegie) la sostenibilità del suo debito pubblico.

Quindi sì, la Spagna cresce molto ma parte di questa crescita è figlia di un forte incremento dell’immigrazione. Analizzeremo le altre determinanti. Per noi, invece, c’è l’ennesima occasione di riflessione su cosa attende un paese in contrazione demografica caratterizzato da una inesistente crescita della produttività. Ricordate la regoletta: crescita del Pil uguale crescita della popolazione attiva (per numero di teste e di ore) più crescita della produttività.

Se qualcuno rimanesse cocciutamente ottimista e decrescitista (del tipo “‘A pizza, ‘o sole e ‘o mare“, turismo incluso), sappia che c’è un elefante nella stanza chiamato debito pubblico. Che rischia di essere sempre meno sostenibile dai pochi intimi produttivi che abiteranno questa penisola nei prossimi lustri. Forse le agenzie di rating hanno intuito anche questo, mentre “sbagliavano candeggio” sul nostro eccezionalismo? Ah, saperlo.



2 réactions


  • Paride parmondombe (---.---.---.129) 6 dicembre 2024 18:50

    Non vogliamo i Bitcoin dateci gli uswuc (united states of the world unit of currency)


  • Attilio Runello (---.---.---.14) 7 dicembre 2024 18:54

    "Ricordate la regoletta: crescita del Pil uguale crescita della popolazione attiva (per numero di teste e di ore) più crescita della produttività." Nei manuali di economia la definizione è un’altra.


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