venerdì 12 giugno 2020 - Phastidio

Piano, Colao

Nel putrescente stagno italiano, scoppia l’ennesima bollicina di fermentazione: il cosiddetto Piano Colao, distillato di idee per ripartire, come direbbe un pubblicitario prossimo alla pensione, dal nome dell’ex boss di Vodafone, coadiuvato da altri multidisciplinari specialisti. 

Ora, io ho massima stima del dottor Colao e della sua storia professionale, ma non posso non notare che siamo di fronte (non per colpa sua) all’ennesimo teatrino italiano prodotto da una politica impotente ma alla costante ricerca di fiocchi colorati in cui avvolgere pacchi.

Lo schema è noto dai tempi dei governi di Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti, figli di una politica in rotta e bancarotta fuggita nelle sue tane a leccarsi le ferite, in attesa di disarcionare il premier tecnico e tornare a sgovernare.

E, del resto, questa è la bancarotta ricorrente di un sistema paese il cui prodotto tipico sono crisi sistemiche che costringono gli “eletti dal popolo” a fare un passo indietro e sostenere i cosiddetti tecnici, salvo poi strepitare chiedendo a gran voce il “ripristino dell’agibilità democratica”.

Poi venne la stagione dei pdf di Carlo Cottarelli sulla revisione di spesa, rapidamente accantonati assieme al suo autore da Matteo Renzi, convinto di avere tutta l’energia e l’eloquio necessari per rovesciare l’Italia come un calzino. L’esito è noto. Ma anche Cottarelli, designato premier per qualche ora dopo le elezioni del 2018, venne in realtà dopo una lunga teoria di tecnici alla spending review, tutti regolarmente sgranocchiati dalla politica; e non poteva essere altrimenti, a meno di abdicare dalle responsabilità verso gli eletti, persino in un paese che ha l’8 settembre tra le proprie date simboliche più pregnanti.

Non serve un dottorato in scienze esoteriche o una specializzazione in psichiatria per capire dove sta la coazione a ripetere. La politica va in stallo, a causa di debolezze manifeste che sono il collante di coalizioni prese quotidianamente a ceffoni dalla realtà, e si giunge a chiamare il “tecnicus ex machina“, che al contempo ha il ruolo simbolico di “eccellenza italiana”, meglio se expat, perché nemo propheta in patria, giungendo a cogliere alcuni piccioni con una fava: il ritorno della Competenza, i migliori figli d’Italia che accorrono in aiuto alla Patria, la politica della Serietà con la maiuscola.

Amen. Da qui in avanti, è tutta discesa. Per il tecnico o i tecnici, s’intende. La sequenza è di piuttosto agevole identificazione. La stampa si fionda sul malcapitato e imbastisce il solito giochino di società: “ma secondo voi, [inserire nome del tecnico] prenderà il posto del premier? E tra quanto tempo?” Segue e consegue marginalizzazione del tecnico, nel frattempo ricoperto di stitici elogi, ed i distinguo di politici di seconda e terza fila al grido “le scelte spettano e spettino alla politica”.

Quella stessa politica che non intende decidere per non scontentare nessuno. Perché, notoriamente, il politico italiano ha successo sin quando non immerge le mani nella realtà. Appena lo fa, viene rapidamente scaricato, in primo luogo dai suoi sostenitori, vittime di ricadute di benaltrismo perfezionistico. Che barba, che noia.

Quando il tecnico, o la commissione tecnica, giunge a consegnare il lavoro, ecco che parte la sequenza di definitivo affondamento. Oltre ai corifei di “le scelte spettano alla politica”, si scoprono di solito un paio di verità piuttosto inquietanti . La prima è che il tecnico ha prodotto qualcosa di notevolmente generico, quasi la letterina per Babbo Natale, a cui spesso manca (imperdonabile omissione) la richiesta di pace nel mondo, che lo rende immediatamente sospettabile di essere un guerrafondaio violatore dell’articolo 11 della costituzione più bella del mondo. “Ma come, tutto qui?”. Naturalmente, se vi fosse maggior dettaglio operativo, diciamo un piatto pronto per un disegno o decreto legge, il commento sarebbe “Ma come, la politica si fa commissariare dei non eletti, adesso? Golpe di scena!”

La seconda, è che si produce una devastante epifania: il tecnico esprime una propria visione del mondo, signora mia, che immediatamente lo squalifica e rende imputabile di potenziale sovversione del voto democratico. L’incriminazione è poi pressoché certa se le slides del tecnico sono anche solo lontanamente sospettabili di essere contaminate di quell’orrida ideologia chiamata “neoliberismo”, di qualunque cosa si tratti. Spesso, si tratta di constatazioni tratte dalla realtà, che come noto ha un evidente bias neoliberista. Segue rapida ostensione di contro-tecnico di differente visione del mondo, meglio se facente parte del gruppo di lavoro ma che non ha firmato il documento finale perché troppo impegnato in altre meravigliose elaborazioni. Addavenì Pechino.

Il cerchio si chiude in faccia al malcapitato tecnico, che torna alle sue attività, spesso fuori dalla Penisola dei Tesoretti, e vissero tutti ciarlieri e impotenti. La marmotta tricolore conclude l’ennesimo giorno, in attesa del successivo.

Photo By World Economic Forum on Flicker

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1 réactions


  • pv21 (---.---.---.146) 14 giugno 2020 20:01

    ALIBI > Gli Stati Generali, in corso a Villa Pamphili, tendono a diventare un ulteriore “alibi” per delle mancate efficaci misure di intervento volte a correggere il radicato squilibrio del nostro Bilancio.

    L’attuale emergenza sanitaria sta falcidiando il PIL di vari Stati, non solo in Europa.

    Il crescente ammontare del nostro DEFICIT resta tuttavia un unicum. E come tale, si presta ad “appetibile” bersaglio della speculazione finanziaria.

    Nessuno nega che sia impresa titanica conciliare i tanti problemi socio-economici del paese con delle azioni ravvicinate di rigorosa sanatoria dei conti pubblici.

    Difficile sarebbe mantenere il livello di consenso.

    Ma l’attuale emergenza non può neppure rappresentare l’ennesimo “alibi di rinvio”.

    Con una sequela di “volteggi” si aggrava La crisi – Atto secondo che da anni …


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